L’investitore fai-da-te non va lontano

Nel contesto di SPS Italia, lo scorso 29 maggio AIdAM ha promosso il convegno “4.IT New Business: opportunità e sviluppo in Polonia, Repubblica Ceca, Serbia e Tunisia”. Un momento di informazione, confronto e dibattito, a beneficio specialmente delle PMI che intendono approcciare i mercati esteri, che ha toccato diversi temi: dal ruolo dell’Italia in Europa e nel Mediterraneo alla questione della formazione e della disponibilità di manodopera specializzata, fino ai nuovi trend dell’industria automotive. Vi raccontiamo cosa è stato detto nel corso della tavola rotonda.

di Giorgia Stella

Polonia, Repubblica Ceca, Serbia e Tunisia. Ma anche l’Africa intera e la sponda mediorientale del Mediterraneo. Un viaggio lungo e articolato nelle opportunità di business, pur restando ben saldi a Parma, città che ha ospitato l’evento promosso da AIdAM. Molti sono stati gli argomenti affrontati nel corso del convegno “4.IT New Business: opportunità e sviluppo in Polonia, Repubblica Ceca, Serbia e Tunisia”.
Un convegno che ha ospitato, nella parte conclusiva, una tavola rotonda, moderata da Fabrizio Dalle Nogare della redazione di Soluzioni di Assemblaggio & Meccatronica, a cui hanno preso parte Matteo Mariani, segretario generale della Camera di Commercio e dell’Industria Italo-Ceca; Piero Cannas, presidente della Camera di Commercio e dell’Industria italiana in Polonia; Denise Salustri, segretario generale della Camera Tuniso Italiana di Commercio e d’Industria; Irena Brajovic, direttrice di Confindustria Serbia, e Filippo Codara, vice presidente di Confindustria Assafrica e Mediterraneo.

Storie di investimenti di successo
Proprio Codara, general manager di Morsettitalia, che si definisce “un imprenditore pendolare del Mediterraneo”, ha parlato dello sbarco della sua azienda in Tunisia, nel 2006. “Vista anche la prossimità geografica e culturale, abbiamo guardato alla sponda Nord del Mediterraneo, muovendoci in punta di piedi. Da subito, però, abbiamo apprezzato l’attaccamento all’azienda da parte del personale, soprattutto, ma non solo, negli anni della cosiddetta Rivoluzione dei Gelsomini”.
“Personalmente, opero in Polonia dal 1991, quando ero ancora un giovane ingegnere”, ha raccontato il presidente Piero Cannas. “In questi 28 anni il paese ha fatto un vero e proprio miracolo industriale, con una crescita che è esplosa nel 2004 con l’ingresso nell’UE: basti pensare che la Polonia è stata l’unica nazione a crescere anche durante gli anni più duri della crisi. La Polonia ha, ovviamente, un rapporto stretto con la Germania, anche se non sta minimamente soffrendo la crisi tedesca attuale: questo significa che ha saputo acquisire una sua piena autonomia industriale. L’Italia è considerato un paese vicino, a maggior ragione dopo il papato di Giovanni Paolo II, che ha cementato i rapporti di amicizia tra i due paesi. In generale, lo spazio per continuare a crescere c’è, soprattutto nel settore dell’automazione, come mostrano tutti gli indicatori”.
“Quello che ha portato i nostri associati in due ondate, negli anni ’90 e negli anni 2000, a investire in Repubblica Ceca sono stati la storia industriale del paese e il ruolo che ha sempre avuto di ponte tra Est e Ovest. Chi ha investito, insomma, lo ha fatto con una strategia precisa e guardando agli OEM”, ha detto Matteo Mariani. “Il vero limite, in questo momento, è costituito dalla mancanza di manodopera e dalla chiusura quasi totale dei flussi migratori in entrata”.

Fare i conti con la disponibilità di manodopera
La questione della formazione e della disponibilità di manodopera e competenze, non a caso, è sempre più centrale e può diventare un problema serio per la crescita di alcuni paesi, inclusa la Serbia, che ha aperto una fase, appunto, di crescita nel settore dell’automazione. “Stiamo affrontando un processo di pre-adesione all’UE – ha spiegato Irena Brajovic – che potrebbe durare a lungo e avrà un impatto molto forte sulla questione della disponibilità di manodopera, considerata la possibilità di emigrare che avrebbero, con l’ingresso nell’Unione, i giovani serbi. Per questo il governo si sta impegnando in azioni di supporto, specialmente del settore ICT”.
Soprattutto nell’Europa Centrale, in paesi che stanno crescendo in modo importante, la questione è al centro dell’agenda politica, oltre a essere un fenomeno sociale e culturale. “Anche se non assicura risultati nel breve termine, una programmazione adeguata in termini di strategie di formazione è necessaria: proprio lo scorso anno a Praga abbiamo parlato anche di questo con AIdAM”, ha aggiunto Matteo Mariani. “Ad essere cambiato, anche nell’area in cui operiamo, è l’approccio al mondo del lavoro, oggi caratterizzato da una flessibilità molto maggiore rispetto anche a solo 10 anni fa”.
La sponda Sud del Mediterraneo, al contrario, è un’area in forte crescita a livello demografico: basti pensare, infatti, che nel 2050 un abitante su quattro sulla Terra sarà africano. “Nel caso dell’Africa – secondo il vice presidente Codara – vale invece il discorso ‘rientro dei cervelli’: persone che si sono formate in Europa o negli USA e che tornano nel continente per dare il loro contributo a uno sviluppo che appare ormai lanciato e che poggerà prevalentemente su un tessuto di PMI, tipico peraltro anche del contesto italiano”.

Un’Italia centrale tra Europa e Mediterraneo
A proposito di Italia, all’ultima assemblea di Confindustria il presidente Vincenzo Boccia, ribadendo un concetto caro a tanti, ha auspicato un’Italia “non periferia d’Europa, ma centrale tra Europa e Mediterraneo”. Per far sì che un simile scenario sia realtà, è però urgente lavorare per promuovere un progetto geopolitico che guardi, appunto, al Mediterraneo.
“La Tunisia può certamente essere vista come un trampolino di lancio per le aziende italiane verso l’Africa, proprio per il ruolo che il paese ha nel contesto continentale”, ha sintetizzato Denise Salustri.
“Quel che è certo è che il Nord Europa vede l’Italia come il paese-cerniera verso l’Africa. Alla fine di aprile, a Tunisi, è stato siglato un accordo per la posa di un cavo che collegherà proprio l’Italia e la Tunisia per la fornitura di energia elettrica. Io lo considero come un cordone ombelicale, un passo in più per l’avvicinamento delle due sponde”, ha aggiunto Filippo Codara.

La rivoluzione dell’industria automotive
Altro tema fondamentale toccato nel corso della tavola rotonda è stato quello degli importanti cambiamenti in atto nell’automotive, che rimane un settore di riferimento praticamente ovunque quando si parla di automazione meccatronica. Elettrificazione, sensorizzazione, connettività, progetti di auto a guida autonoma sono trend attualissimi che promettono di alterare profondamente i sistemi di produzione. Tutto questo può trasformarsi in un’opportunità per lo sviluppo del tessuto industriale?
“In Repubblica Ceca, l’automotive vale un quinto dell’export ed è la spina dorsale della vecchia e della nuova industria”, ha detto Mariani. “Skoda, la principale casa automobilistica ceca, ha recentemente presentato la nuova strategia sull’elettrico con modelli elettrici e ibridi che saranno venduti a prezzi molto concorrenziali. L’altro elemento importante è che un quarto delle macchine che usciranno in Repubblica Ceca sarà elettrico o ibrido entro il 2025. Questo significa che il cambiamento è assolutamente in atto e mostra una risposta al dieselgate che aveva creato non pochi problemi proprio alla casa ceca”.
“In Polonia si parla tanto del futuro dell’industria automobilistica e da tempo seguiamo con molta attenzione la questione”, racconta Piero Cannas. “Negli ultimi anni si vede chiaramente che le cose stanno cambiando e ormai sono praticamente tutti concordi nel vedere la tendenza all’elettrificazione come un must per il futuro. Il sistema produttivo si sta adeguando e chi lo farà prima riuscirà senza dubbio a sfruttare l’opportunità”.
A proposito di Tunisia, Denise Salustri ha fornito un dato che mostra l’importanza dell’industria automobilistica per il paese africano: le esportazioni dei prodotti relativi all’industria meccanica ed elettronica per l’automotive hanno superato quelle dell’agroalimentare. Non è un caso che un importante produttore francese di componentistica per il settore come Valeo, per esempio, abbia investito parecchio in Tunisia di recente.
Il fai-da-te che non conviene
In chiusura, i relatori hanno fornito qualche prezioso suggerimento sulle modalità giuste con cui approcciare i mercati esteri. “Ogni paese ha le sue peculiarità: ci sono regole, consuetudini, relazioni di cui tenere conto”, ha detto Piero Cannas. “È quella parte cosiddetta intangible che fa la differenza. Istituzioni come le Camere di commercio sanno gestire al meglio questi aspetti e devono essere quindi un primo punto di riferimento”.
“Spesso ci si approccia ai paesi con modalità e conoscenze inadeguate”, ha aggiunto Matteo Mariani. “Ogni azienda deve riuscire a capire se è il caso di affrontare un mercato o un paese: molto dipende dalle caratteristiche, dalla struttura e dagli obiettivi che ci si pone. Le nostre organizzazioni possono aiutare molto in questo senso”.
Parlando di Tunisia, “data la contiguità anche geografica con l’Italia, spesso il possibile investitore si affida alla conoscenza diretta, ma ritengo che questo approccio sia scorretto”, ha spiegato Denise Salustri. “Aggiungo, poi, che bisogna essere disposti ad aspettare prima di ottenere risultati”.
“L’istituzione che oggi rappresento copre paesi che non si possono proprio definire facili, per tanti motivi”, ha raccontato Filippo Codara. “Il fai-da-te, a maggior ragione, non è assolutamente consigliato. Noi, come Confindustria Assafrica e Mediterraneo, cerchiamo di accompagnare le aziende in queste aree geografiche individuando le potenzialità, i settori, i possibili investimenti e soprattutto i partner. Forse citando un proverbio africano riesco a spiegarmi meglio: ‘Se vuoi andare veloce vai da solo, ma se vuoi andare lontano vai in due’”.

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