Come migliorare l’avvitatura grazie ai cobot

Il 17 giugno Andrea Macheda, Technical Support Engineer di Universal Robots, ha tenuto uno speech per spiegare quali possono essere i vantaggi dell’utilizzo dei robot collaborativi in applicazioni di avvitatura e assemblaggio. Si è parlato, in particolare, dei template in grado di semplificare le operazioni, andando incontro agli operatori non esperti di programmazione; inoltre, si è sottolineata l’efficienza, sia in termini di consumi elettrici che di spazio, dei cobot inseriti in queste applicazioni. L’incontro, avvenuto online, era inserito nel contesto della fiera virtuale WeAreCOBOTS organizzata da Universal Robots, dove si è sottolineato l’importanza della robotica collaborativa e dell’automazione nel mondo post Covid-19.

Nelle linee di avvitatura di PSA, il cobot opera in zone scarsamente ergonomiche sollevando l’operatore da un’attività disagevole.
Nelle linee di avvitatura di PSA, il cobot opera in zone scarsamente ergonomiche sollevando l’operatore da un’attività disagevole.

Dal 16 al 18 giugno si è svolta WeAreCOBOTS, una fiera virtuale organizzata da Universal Robots dedicata alla robotica collaborativa e all’automazione. Gli utenti/visitatori hanno avuto la possibilità, direttamente dal proprio device e ovunque si trovassero, di accedere all’evento gratuitamente e visitare stand virtuali (oltre 30), assistere a conferenze, demo live, speech, ascoltare insight dai maggiori esperti mondiali di automazione e robotica; inoltre, potevano selezionare cinque lingue diverse tra italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco. Ad apertura della fiera, è intervenuto in conferenza stampa Jürgen von Hollen, Presidente di Universal Robots, che ha sottolineato di come l’automazione e la robotica collaborativa giochino un ruolo fondamentale per la “nuova normalità” che andremo a vivere a fine emergenza sanitaria. “WeAreCOBOTS si propone di offrire alle aziende di ogni settore e dimensione” ha commentato Jürgen von Hollen “la possibilità di entrare in profondità nel mondo dei cobot, confrontandosi con alcuni dei maggiori esperti del settore e osservando come alcune sfide attuali (come il distanziamento sociale o la gestione della supply chain) possano essere affrontate con i cobot, assicurando al tempo stesso continuità al business e sicurezza per i lavoratori”.
Nei tre giorni, Universal Robots ha organizzato diversi keynotes con i suoi tecnici e ingegneri per parlare della robotica collaborativa e di tutte le applicazioni in cui possono essere inseriti i cobot, insieme a quali vantaggi possono portare con sé. Il 17 giugno, Andrea Macheda, Technical Support Engineer, ha tenuto uno speech sull’assemblaggio e l’avvitatura con i cobot.

L’avvitatore è controllato da una sua centralina con la quale il robot comunica.
L’avvitatore è controllato da una sua centralina con la quale il robot comunica.

Risparmio energetico e alta flessibilità

Come e perché utilizzare un robot collaborativo in applicazioni di avvitatura e assemblaggio? Come spiega Andrea Macheda, i cobot di Universal Robots hanno una ripetibilità molto elevata, ad esempio i robot della famiglia CB3 hanno una ripetibilità di un decimo di millimetro, mentre la e-Series, lanciata ad Automatica 2018, ha migliorato ulteriormente questo dato, vantando una ripetibilità di 3 centesimi di millimetro nei modelli UR3 e UR5 e-Series, e 5 centesimi di millimetro su UR10 e UR16 e-Series. Questa elevata ripetibilità si ripercuote in maniera positiva su un processo come l’avvitatura, in quando consente di riportare lo strumento sempre nella stessa posizione in maniera costante nel tempo, indipendentemente da quante volte quella particolare operazione sia stata ripetuta, cosa che l’operatore umano ha molta più difficoltà a fare.
Tutti i robot versione e-Series possiedono un sensore di forza e di coppia integrato all’interno della flangia, cosa che fa sì che possano sentire le forze e le coppie che sono esercitate dall’utensile sui sei assi, e di conseguenza interagire con l’ambiente circostante potendo scambiare delle forze di una precisa entità. “Questo è particolarmente utile per processi di assemblaggio”, spiega Andrea Macheda, “perché il robot può trovare delle superfici, sentire quando è stata raggiunta una certa coppia, e a sua volta imprimere una certa coppia per far girare un elemento che può essere un albero, una ruota dentata o una vite”.

Questi robot sono pensati per poter condividere lo spazio con gli operatori, lavorare senza la necessità di barriere fisiche.
Questi robot sono pensati per poter condividere lo spazio con gli operatori, lavorare senza la necessità di barriere fisiche.

Quando si pensa a un’applicazione di avvitatura viene subito in mente un setup dove un cobot tiene “in mano” un avvitatore: questa modalità, infatti, consente di raggiungere velocità e coppie particolarmente elevate. “All’interno di un assemblaggio, però, che richiede di montare più pezzi diversi”, afferma Andrea Macheda, “potrebbe essere utile utilizzare, se la coppia e la velocità richiesta lo consentono, il cobot UR3 e-Series, dotato di rotazione infinita del polso, per portare a termine un’operazione utilizzando un unico tool in maniera più agevole ed economica”.

I cobot della famiglia e-Series vantano un ampio sbraccio, dal più piccolo della famiglia UR3 e-Series con 500 mm di raggio fino a 1.300 mm dell’UR10 e-Series. Un altro aspetto interessante sono i consumi elettrici ridotti: i consumi medi vanno, infatti, da 150 a 250 W a seconda della taglia del robot. “Questo”, spiega Andrea Macheda, “li rende da un lato utili per risparmiare energia elettrica in molte applicazioni, come per esempio la collaborazione tra un robot manipolatore e un robot mobile, perché in questo caso il manipolatore è montato sul robot mobile e si alimenta tramite la batteria dell’AGV, cosa che consente all’applicazione di girare più a lungo; ma anche in applicazioni in linea, dove il robot è attaccato alla corrente elettrica, questo garantisce risparmi di energia elettrica molto interessanti”. Infine, questi robot, in quanto collaborativi, sono pensati per poter condividere lo spazio con gli operatori, lavorare senza la necessità di barriere fisiche, consentendo di risparmiare molto spazio e di poter essere inseriti all’interno del layout produttivo senza la necessità di stravolgerlo dedicando uno spazio apposito: “I cobot di Universal Robots sono capaci di inserirsi nel piccolo spazio a disposizione, possono essere infatti montati in tutte le direzioni, anche a ‘testa in giù’, senza richiedere celle apposite”, sottolinea Andrea Macheda.
L’avvitatore è solitamente controllato da una sua centralina con la quale il robot comunica, questa comunicazione può avvenire attraverso dei segnali digitali o Fieldbus, oppure attraverso device che possono fungere da ponte tra diversi protocolli. È presente un elemento in grado di fare il sorting degli elementi di fissaggio, tramite per esempio pick & place, quindi un device che seleziona e mette sempre nella stessa posizione gli oggetti, e il robot va a prendere gli elementi sfruttando ad esempio il vuoto o il magnete incorporato all’interno dell’avvitatore. C’è anche la possibilità di avere un apposito tubo che porta in posizione l’elemento di fissaggio con allineamento automatico, che consente avere tempi ciclo estremamente più veloci: “Chiaramente aumenta la complessità del sistema però può essere una scelta da fare se il tempo-ciclo è critico”, sottolinea Andrea Macheda.

I cobot della famiglia e-Series vantano un ampio sbraccio, dal 500 mm di raggio fino a 1.300 mm.
I cobot della famiglia e-Series vantano un ampio sbraccio, dal 500 mm di raggio fino a 1.300 mm.

Template e comandi pensati per avvitatura e assemblaggio

“Un ulteriore ragione per utilizzare un cobot per questo tipo di applicazioni è la grande facilità di programmazione dei robot collaborativi di Universal Robots”, spiega Andrea Macheda. Sono disponibili template appositamente dedicati all’avvitatura, che permette di configurare in modo agevole e semplice la comunicazione tra il robot e l’avvitatore, e consente di eseguire questo processo in maniera guidata. È possibile impostare, dal robot alla centralina dell’avvitatore, tutta una serie di segnali, ciascuno con la sua funzione come per esempio quale programma di avvitatura si vuole eseguire, start/stop oppure segnali di feedback dalla centralina dell’avvitatore al robot come successo o fallimento dell’operazione. Tutti questi dati, una volta che la centralina li ha comunicati al robot, possono essere passati a un sistema di gestione della produzione o a un altro device di raccolta dati, con la possibilità di memorizzare e certificare il risultato di tutte le avvitature. Una volta configurata la comunicazione con l’avvitatura, si passa alla parte di programmazione, dove si dice al robot cosa effettivamente fare, e si vanno a inserire tutte le istruzioni che deve seguire. “Anche qui Universal Robots”, dice Andrea Macheda, “ha messo a disposizione un nodo creato appositamente che in automatico vi consente di andare, con poche semplici ‘spunte’, a configurare l’inserimento della vite, la forza con la quale il robot deve premere per andare a eseguire questa avvitatura, le condizioni di successo e insuccesso e che cosa fare nei due casi”. Una volta che il robot si porta in posizione è possibile configurare questo nodo molto brevemente, e lui si prende cura di tutto il processo. È possibile definire diverse condizioni di successo o di fallimento, per esempio se è stata percorsa una certa distanza o si è ricevuto un segnale di ok o non-ok dall’avvitatore, oppure se è stata raggiunta con successo una certa coppia o un certo angolo; per ciascuna di queste condizioni si può andare a definire cosa il robot debba fare, se deve inviare un segnale a un operatore o a un sistema di gestione, oppure se deve riprovare o addirittura scartare il pezzo.

Il nodo direzione consente al robot di muoversi lungo una direzione di un sistema di riferimento definito in precedenza.
Il nodo direzione consente al robot di muoversi lungo una direzione di un sistema di riferimento definito in precedenza.

Quando si configurano i punti in cui il robot deve portarsi per eseguire un’avvitatura o qualcosa di analogo, molto spesso si lavora con sistemi di riferimento che bisogna definire sul momento: “Una feature particolarmente utile”, afferma Andrea Macheda, “è la possibilità all’interno della schermata di allinearsi, quindi mettersi perpendicolari, rispetto alle superfici che siamo andati a definire, semplicemente cliccando sul tasto ‘Allinea’ che si trova all’interno dell’interfaccia grafica”. Il robot in questo modo andrà ad allineare quello che l’operatore umano definisce come avvitatore sul software: a quel punto sarà possibile muoversi su quella superficie mantenendosi sempre perpendicolari alla stessa, cosa che consente di andare a definire in modo semplice e rapido quelli che sono i punti dove bisogna effettuare le operazioni di avvitatura o assemblaggio. L’ultima versione del software UR Polyscope, la 5.8, ha introdotto la possibilità di avere un freedrive con assi bloccati, quindi di muovere il robot trascinandolo a mano, ma facendo sì che si mantenga all’interno di un piano. Un altro comando messo a disposizione, comodo soprattutto per applicazioni di assemblaggio, è il nodo direzione. Questo consente al robot di muoversi lungo una direzione di un sistema di riferimento definito in precedenza, finché una certa condizione non si verifica, come per esempio che il sensore di forza abbia sentito che è presente un oggetto, consentendo, dato un pezzo che abbia una leggera inclinazione o leggermente spostato, di individuarlo con molta precisione e andarlo a prendere. “Questo era possibile farlo già in versioni precedenti del software”, sottolinea Andrea Macheda, “ma il nodo appena introdotto rende queste operazioni facili da fare in modo intuitivo anche per coloro che non sono esperti di automazione o programmazione”. Altro template utile è il nodo forza, che cambia quello che è il comportamento normale del robot: gli consente di premere o tirare con una certa forza oppure di esercitare una certa coppia, permettendogli di interagire, grazie al suo sensore di forza e coppia, con l’ambiente circostante. Ad esempio, una volta che ci si è portati nella posizione di avvitatura, è possibile andare a chiedere al robot di mantenersi rigido lungo tutte le direzioni, tranne nella direzione in cui si sta andando ad avvitare, lungo la quale vogliamo andare a premere una certa forza oppure se si sta svitando si può chiedergli di mantenersi cedevole man mano che la vite sale senza però la necessità di programmare in anticipo e con estrema precisione dove deve muoversi in ogni istante, quindi gli consente di adattarsi con grande facilità a un input che riceve dall’esterno.
Molto utile per cercare informazioni sull’implementazione dell’applicazione è l’application builder sul sito di Universal Robots: “È una pagina”, spiega Andrea Macheda, “appositamente pensata per guidarvi e farvi vedere alcune delle scelte importanti che dovrete compiere a seconda dell’applicazione che vi serve; avete la possibilità di vedere quali scelte sono da fare, quali i pro e i contri di ogni scelta, tipo di tool, alimentazione e tipologia di robot; successivamente vi farà vedere una simulazione della cella robotica che va bene per voi, e potrete scaricare tutte le informazioni e i consigli”.
Un esempio di caso applicativo è quello nella linea di avvitatura di PSA, un player del settore automotive, presso lo stabilimento di Sochaux (Francia). In questo caso, il cobot è inserito in un telaio che viene calato sulla scocca dell’automobile (che transita sulla linea), ed effettua tre avvitature sul lato sinistro e tre sul destro, nella parte inferiore della scocca. Il cobot opera in zone scarsamente ergonomiche (come la parte inferiore del telaio) sollevando l’operatore da un’attività disagevole; inoltre, gli operatori continuano le loro attività senza subire interferenze da parte del cobot, con quindi una qualificazione del lavoro umano, meno gravoso e stancante.

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