La manifattura additiva vista da vicino
Le tecnologie additive rappresentano un’interessante opportunità per il settore manifatturiero, grazie alle loro caratteristiche di versatilità, efficienza e libertà di design. Per dare modo ai potenziali utilizzatori (e anche a chi già le impiega) di avere una panoramica sullo stato dell’arte, in questo articolo illustreremo le caratteristiche di una serie di soluzioni. Esse sono state selezionate tra quelle più interessanti e innovative attualmente presenti sul mercato italiano.
di Claudio Cantelmo
A beneficio di chi ancora non ha avuto modo di “incontrare” queste tecnologie, forniamo di seguito una serie di input, utili per la comprensione delle varie proposte quivi illustrate. Bisogna innanzitutto definire cosa si intende per “tecnologie additive”. A fronte di una certa confusione iniziale, è stata recentemente pubblicata una norma di validità mondiale, elaborata congiuntamente dagli enti normatori di vari Paesi. Secondo questo documento (denominato ISO/ASTM52921–1 “Standard Terminology for Additive Manufacturing-Coordinate Systems and Test Methodologies”), le tecnologie additive vanno intese come “quei processi che aggregano materiali al fine di creare oggetti partendo dai loro modelli matematici tridimensionali, solitamente per sovrapposizione di layer e procedendo in maniera opposta a quanto avviene nei processi sottrattivi (o ad asportazione di truciolo)”. Come sinonimo di questo termine, è spesso utilizzato quello di stampa 3D, molto popolare sui media e nel mondo dei maker e della personal manufacture condotta con macchine low-cost. Il comitato identifica come “stampa 3D” quei processi additivi che realizzano prodotti tramite la deposizione di materiale mediante una testa di stampa, ugelli o altre tecnologie di stampa. Nel passato, molte di queste applicazioni erano contraddistinte dalla definizione di “prototipazione rapida”, ormai obsoleta, dato che con le tecnologie additive vengono sempre più spesso realizzate parti funzionali e non solo pezzi prototipali/dimostrativi.
Le sette tecnologie additive
Queste definizioni vanno a delineare un quadro in cui le stesse tecnologie additive occupano un ruolo complementare a quello delle tradizionali macchine utensili per asportazione e deformazione o, più in generale, di una serie di beni strumentali correlati ai materiali/applicazioni elaborati.
In particolare, le tecnologie additive sono utilizzate per produrre modelli fisici, prototipi, componenti, attrezzature e prodotti di vario genere, realizzati in polimeri, metalli, ceramiche e materiali compositi, ma il ventaglio si sta rapidamente allargando a tessuti biologici e composti alimentari quali la pasta o il cioccolato. Questo avviene utilizzando, in linea di massima, sette famiglie di processi:
estrusione – il materiale (solitamente polimero), portato allo stato pastoso, è distribuito selettivamente mediante un orifizio; questo processo è tipicamente usato nelle macchine low-cost per la stampa 3D;
jetting – “goccioline” di materiale vengono spruzzate selettivamente per creare i layer di polimeri, cera o metalli;
binder jetting – un agente legante allo stato liquido viene spruzzato su uno strato di polvere (polimerica, ceramica, terre da fonderia, eccetera);
sheet lamination – il manufatto si crea mediante l’unione di fogli sagomati (solitamente di carta, ma anche metallici);
fotopolimerizzazione – si basa sulla solidificazione selettiva di un polimero liquido mediante radiazioni elettromagnetiche (fornite da un laser o similare); in questa categoria rientra il noto processo di stereolitografia;
power bed fusion – un flusso di energia opportunamente concentrato, fornito solitamente da laser o fasci di elettroni, va a fondere localmente uno strato di polvere (metallica o polimerica);
direct energy deposition – un flusso di energia, fornito da un laser, fonde il materiale (tipicamente sotto forma di polvere metallica, convogliata nella zona di lavoro da un apposito erogatore) nel momento in cui esso viene depositato per costituire il pezzo.Aspetti fondamentali
della manifattura additiva
Oltre alle tecnologie appena menzionate, direttamente impiegate nella produzione dei pezzi, vi sono altri aspetti fondamentali connessi con la manifattura additiva:
Tecniche di progettazione: il processo di fabbricazione mediante processi additivi trae origine da un modello matematico 3D, teoricamente generabile da un qualsiasi CAD tridimensionale. Tuttavia: la possibilità di generare parti con geometrie virtualmente slegate dai vincoli di “design for manufacturing” consente di generare feature geometriche “atipiche” per i software tradizionali come, per esempio, strutture trabecolari, foam-like, a nido d’ape, eccetera, che né la progettazione tradizionale né la maggior parte degli strumenti di modellazione sono in grado di gestire efficientemente. Tuttavia, iniziano a essere disponibili strumenti software che, da un lato, permettono di gestire queste problematiche e, dall’altro, di governare le fasi di progettazione integrando la definizione delle geometrie con la simulazione. Si manifesta la necessità di definire linguaggi di descrizione dei modelli che vadano oltre il formato STL (STereo Lithography interface format oppure Standard Triangulation Language) ereditato dalla prototipazione rapida, ma poco adatto a descrivere gli attuali modelli a elevata complessità e poco integrato con i CAD moderni. Vanno rivisti i tradizionali approcci progettuali, al fine di sfruttare i gradi di libertà offerti dalla nuova tecnologia.
Post-processing: le parti metalliche realizzate mediante tecnologie hanno livelli di finitura e tolleranze geometriche e dimensionali comparabili con quelli ottenibili mediante le tecniche di fonderia tradizionale. Questo richiede una rilavorazione alle macchine utensili che deve essere svolta considerando, da un lato, le caratteristiche dei materiali lavorati (spesso di difficile truciolabilità) e, dall’altro, le geometrie non convenzionali permesse dalle tecnologie additive. Inoltre, in alcune applicazioni è necessario svolgere post-trattamenti per migliorare le caratteristiche metallografiche e meccaniche del manufatto.
Caratterizzazione dei processi: necessaria sia per attività “in-process” che garantiscano una costanza qualitativa dei manufatti generati (specie quando questi andranno a svolgere compiti “mission critical” come nel racing, nell’aerospaziale o nel biomedicale) sia per caratterizzare i materiali entranti ed uscenti dal processo.
Generazione delle materie prime: il costo, la disponibilità e le qualità possono influenzare le performance tecnologiche ed economiche dei processi.