Le prospettive per la filiera alluminio in UE e la necessità di rivedere le politiche di trading
L’utilizzo mondiale di alluminio è destinato ad aumentare, spinto dalla crescente domanda a valle del metallo leggero nei diversi settori, dai trasporti, guidati dall’automobilistico, alle costruzioni ed edilizia, industria meccanica, imballaggio, elettrotecnica. Esemplare lo sviluppo del metallo leggero nelle autovetture, da circa 180 kg per autovettura 5 anni fa a previsti 256 kg nel 2030. Alimentato a monte dalle produzioni di grezzo, l’elemento portante per la crescita globale della filiera è il segmento industriale a valle delle trasformazioni, lavorazioni, finiture e manifattura, prevalentemente costituito da migliaia di piccole e medie aziende che nel vecchio continente impiegano direttamente oltre 200.000 addetti, quindi oltre il 90% degli occupati nell’industria europea del metallo leggero, costituisce oltre il 70% del fatturato dell’intera filiera e ne rappresenta il solido motore di crescita. Questa vitale filiera industriale deve essere sostenuta da una seria politica, a livello comunitario ed a quello dei singoli governi nazionali, in particolare su alcuni temi essenziali come questione energia, equo accesso alla materia prima a bassa impronta di carbonio, equilibri tra competizione industriale ed ecosostenibilità e conseguentemente grande attenzione alla selezione di catene di approvvigionamento affidabili e non interrompibili. Tra i punti in evidenza, resta irrisolta da anni la questione del dazio sul metallo grezzo, ancora più urgente in questi ultimi decenni perché l’UE è in una fase di continua chiusura impianti di produzione grezzo con inevitabile carenza di alluminio primario, per un deficit rispetto al fabbisogno di oltre l’85%; in Italia addirittura questa produzione è scomparsa da un paio di decenni. Dobbiamo in sostanza ricorrere quasi totalmente all’import per mantenere operative le nostre industrie manufatturiere del metallo leggero ed è irragionevole e incomprensibile mantenere la tariffa sull’import della materia prima alluminio, un sussidio che resta in piedi a vantaggio di grandi produttori di grezzo, ma determina un extra costo reale e pesante per il resto della filiera a valle. Secondo le stime dell’Università LUISS di un decennio fa stiamo parlando di quasi 20 miliardi di euro di aggravio in 20 anni, a carico dei segmenti a valle, con pesante perdita di competitività per le PMI del downstream. Questo dazio è ancora incredibilmente in vita, eppure le denunce, le richieste, le proposte per l’eliminazione della tariffa da parte del mercato in questi ultimi decenni non sono mancate; ne rappresentano un corollario le esortazioni ad una consistente politica industriale richiesta recentemente dal presidente Mario Draghi, che suggeriscono con chiarezza la necessità di dare vigore alle piccole e medie aziende come quelle di trasformazione e lavorazione di alluminio in Unione Europea. Per la nostra filiera alluminio non si può non vedere l’urgente necessità di eliminare iniqui extracosti per questa miriade di piccole e medie aziende europee, a fronte di una crescente carenza di materia prima metallo grezzo in UE. Per conservare la leadership tecnologica l’industria dell’alluminio in Unione Europea servono azioni vigorose e coraggiose, come la cancellazione della tariffa daziaria all’import di una materia prima alluminio primario che purtroppo sta scomparendo dalle nostre produzioni.