I dazi sull’import di alluminio e leghe: la posizione dell’industria italiana del settore
In vista del riesame del Regolamento sul dazio la filiera industriale italiana del metallo leggero ritiene che le norme attualmente in vigore rappresentino un punto di equilibrio pienamente valido, condivisibile e da mantenere.
L’industria italiana dell’alluminio, che Assomet e Centroal rappresentano e sostengono da oltre settant’anni, si è sempre espressa in modo netto rispetto alla necessità che l’Europa sia dotata di una catena industriale del valore del metallo leggero integrata e completa. Questa condizione è fondamentale per il pieno sviluppo della filiera, per consentirle di rispondere adeguatamente alle attuali e future esigenze del mercato, in particolare guardando agli obiettivi di transizione digitale, energetica e ambientale che il nostro continente si è posto al 2030 e 2050. In sintesi, per l’Europa è indispensabile disporre di un’industria dell’alluminio solida in tutte le sue articolazioni, a cominciare dalla produzione di metallo primario, passando attraverso la trasformazione in semilavorati, per arrivare alle lavorazioni finali e concludersi con il processo di recupero e riciclo del metallo, sempre più imprescindibile. In quest’ottica, uno degli aspetti di particolare interesse da considerare è quello relativo ai dazi all’importazione attualmente vigenti. Si tratta di una tematica “calda”, in particolare considerata la scadenza dei termini del precedente accordo: le condizioni stabilite nell’intesa del 2012, infatti, già prorogate nel 2016 e nuovamente confermate fino al 2022, dovrebbero ora restare invariate secondo gli associati Assomet e i membri di EA – European Aluminium, riferimento associativo a livello continentale del settore.
Nello specifico ciò contemplerebbe:
– il mantenimento al 3% del dazio sull’alluminio greggio non legato (codice doganale 7601 10);
– il mantenimento al 4% del dazio sull’alluminio legato per placche e billette (codici doganali 7601 20 30 e 7601 20 40);
– il mantenimento al 6% del dazio sull’alluminio legato per pani in lega (codice doganale 7601 20 80).
In vista del riesame dell’accordo è utile affermare che la posizione dell’industria italiana dell’alluminio rispetto alla questione dazi non è mutata. Il sistema attualmente in essere, infatti, viene ancora riconosciuto quale punto di equilibrio tra le diverse esigenze. E’ certo, infatti, che l’abolizione dei dazi sulle importazioni di alluminio metterebbe a rischio la sopravvivenza delle produzioni europee sia di metallo primario che da riciclo. A maggior ragione oggi che, con il Critical Raw Material Act si vorrebbe un’Europa meno dipendente dalle importazioni di materie prime e ancora più virtuosa nel riciclo. E non dimentichiamo che per ogni tonnellata di produzione persa in Europa, aumentano le emissioni in atmosfera di gas climalteranti poiché la stragrande parte della produzione extra UE utilizza fonti energetiche derivanti dal massiccio uso di fonti fossili.
Modificare il regime daziario oggi significherebbe limitare il nostro potenziale interno sottoponendoci a un’importazione di materiale con elevata carbon footprint, azzerando così i risultati delle politiche che l’Europa sta attuando in tema di sostenibilità ambientale ed economia circolare. Il rilancio strutturale del settore dell’alluminio passa oggi attraverso altre tematiche, quali la decarbonizzazione dei trasporti, la ripresa degli utilizzi finali (automotive ed edilizia sopra gli altri), la protezione delle imprese a rischio di delocalizzazione, la difesa e lo sviluppo delle attività di riciclo. Le forti tensioni geopolitiche in atto hanno portato a una riconsiderazione della globalizzazione così come intesa fino ad oggi; il decoupling è la risposta data dall’Europa alle filiere della trasformazione industriale, con la rilocalizzazione delle produzioni strategiche e/o il loro riavvicinamento in aree più stabili. L’industria europea gioca nel mercato con regole uguali per tutti, senza distorsioni.
La competitività delle produzioni dedicate all’esportazione extra UE è garantita dall’Inward Processing, che consente di non pagare dazi all’importazione nella UE per le produzioni che vengono poi riesportate. Ma, volendo infine considerare quanto realmente incida il dazio su tipici manufatti in alluminio quali i serramenti e le automobili, si scopre che si tratta di pochi euro considerato che buona parte del metallo impiegato proviene dal riciclo. Su un’auto del costo di 20-30.000 €, contenente circa 200 kg di alluminio, si tratta di pochi centesimi di euro al chilogrammo, in tutto una decina di euro.