Il 2019 termina con premi in discesa e domanda debole
Il 2020 è ormai alle porte, ma non si vedono segnali di ripresa per l’alluminio. Dopo un’improvvisa fiammata alla fine di novembre, che aveva riportato il prezzo al London Metal Exchange poco sotto i 1800 dollari per tonnellata, le prese di profitto, altrettanto rapide, lo hanno fatto ripiombare a meno di 1750. La domanda rimane debole e gli stock di Borsa sono risaliti fin quasi a un milione e trecentomila tonnellate, con un balzo di ben trecentomila tonnellate in sole tre settimane. La consistenza e l’ammontare delle consegne non sono tuttavia bastati a ridurre la backwardation tra la scadenza di dicembre e quella di gennaio, che rimane ostinatamente intorno ai 15 dollari per tonnellata. In queste condizioni, la consegna ai magazzini LME rimane un’opzione molto allettante, con la conseguente possibilità di ulteriori aumenti degli stock. Questi fattori contribuiscono ad un circolo vizioso che vede premi sempre in discesa (a Rotterdam, i pani duty paid quotavano a inizio dicembre sui 125 dollari per tonnellata), in un mercato del metallo fisico caratterizzato da una domanda debole e venditori ansiosi di svuotare i magazzini per incassare la backwardation. In questo contesto passano in secondo piano anche le intemperanze di Donald Trump, che ha annunciato la volontà di ripristinare i dazi sulle importazioni di materiale da Brasile e Argentina. Per i produttori non resta che sperare in una rapida conclusione dell’accordo commerciale tra Usa e Cina, ma con le elezioni presidenziali USA sullo sfondo ogni scenario è possibile.