Il Gruppo russo En+ sollecita l’introduzione di nuove regole LME sull’alluminio a basso contenuto di carbonio
Lord Barker, Presidente Esecutivo del Gruppo En+, ha chiesto al London Metal Exchange di unirsi alla lotta contro il riscaldamento globale, richiedendo ai produttori di alluminio di dichiarare l’impronta di carbonio di ogni contratto negoziato in Borsa
by Mario Conserva
L’industria globale dell’alluminio sta affrontando sfide straordinarie: i principali motori della domanda di metallo leggero sono infatti legati ai nuovi requisiti di efficienza energetica e di utilizzo sostenibile delle risorse richiesti alle industrie dei trasporti, elettronica, delle costruzioni e altre ancora.
D’altro canto, con una popolazione di 7 miliardi di persone, le risorse della Terra sono enormemente sotto pressione e da questo punto di vista l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici è un successo significativo per il pianeta e i suoi abitanti. Considerando la sostenibilità nell’uso dei materiali industriali attualmente utilizzati nel mondo, è chiaro che l’alluminio e le sue leghe occupano un posto privilegiato nella gerarchia dei valori. Il metallo leggero è completamente riciclabile, è una banca energetica per le generazioni future, è amico dell’ambiente e può contribuire a risolvere i cambiamenti climatici tramite l’alleggerimento delle automobili, la protezione del cibo, l’efficienza energetica degli edifici. Ma l’alluminio è anche uno dei sette settori “hard to abate“ per i quali la riduzione delle emissioni è di fondamentale importanza.
Per dibattere di questo argomento, abbiamo rivolto alcune domande a Lord Barker, Presidente Esecutivo del Gruppo En+, operante nel settore idroelettrico e dei metalli.
Cosa pensa della domanda globale di alluminio primario? Secondo le sue analisi, che impatto avrà questo scenario di crescita sull’equilibrio fra l’offerta e la domanda di metallo primario, a livello globale e regionale?
La domanda di alluminio primario globale dovrebbe crescere a un tasso composto annuo (CAGR) del 3% circa nei prossimi 5 anni. La Cina è responsabile dell’85% circa della crescita nella domanda globale degli ultimi anni, l’India dovrebbe diventare il mercato con la crescita più rapida nel resto del mondo e porterà il più alto contributo alla crescita della domanda, seguita dal Nord America, l’Europa e l’Asia al di fuori della Cina. Lo squilibrio fra le regioni con deficit e con eccedenza aumenterà il commercio via mare, e la produzione di metallo nelle aree con eccedenza si concentrerà soprattutto in Medio Oriente, Russia e India.
Qual è la sua opinione sul rapporto tra alluminio riciclato e alluminio primario? Dovremmo tutti passare a modelli circolari?
Il riciclo è una buona soluzione per una catena del valore dell’alluminio a basse emissioni di C02; la completa riciclabilità senza perdita di prestazioni nell’intero ciclo di vita è una delle principali proprietà dell’alluminio e delle sue leghe. Secondo il Mass Flow Model, sviluppato dall’International Aluminium Institute, l’utilizzo dell’alluminio riciclato nel consumo complessivo dovrebbe crescere del 55% nel 2030 rispetto al 2019. Andrebbe peraltro considerato che mentre la domanda di alluminio cresce, la disponibilità del materiale da riciclo è limitata. Inoltre, non è possibile passare esclusivamente al metallo riciclato, poiché una quota significativa del consumo totale di alluminio richiede la totale assenza di impurità nel metallo, che solo il metallo primario può garantire. Oltre il 73% della domanda globale annua di alluminio è soddisfatta attualmente dal metallo primario, che è responsabile della maggior parte dell’impronta di carbonio dell’intera catena del valore dell’alluminio.
Vede collegamenti rilevanti fra la capacità di produzione dell’alluminio primario e la produzione ecosostenibile?
Chiaramente l’eccesso di capacità produttiva nell’industria dell’alluminio primario è uno dei fattori principali che ostacolano la transizione ad un’economia a basse emissioni di carbonio e sostenibile dal punto di vista ambientale; la produzione dell’alluminio primario richiede molta elettricità (dai 12 ai 15 KWh per kg di alluminio) e in alcuni Paesi dipende pesantemente da centrali energetiche alimentate a combustibili fossili. Negli ultimi 20 anni, la maggior parte della crescita di capacità produttiva è stata ottenuta con smelter alimentati da elettricità da carbone e combustibili fossili che generano da 4 a 5 volte più gas serra degli smelter alimentati da energia idroelettrica. Le emissioni di carbonio dalla combustione di combustibili fossili creano enormi costi sociali per l’impatto sulla sanità pubblica, i danni all’ambiente ed effetti sui cambiamenti climatici. Questo vuol dire che non tutto l’alluminio primario è uguale: oggi la produzione mondiale annuale di alluminio primario supera i 65 milioni di tonnellate. Quasi due terzi derivano da smelter alimentati con combustibili fossili; è chiaro che l’impatto dell’alluminio sull’ambiente può variare in modo considerevole in base a come è stato prodotto. Riteniamo che il mondo non possa permettersi la crescita di stabilimenti produttivi alimentati a carbone. Allo stesso tempo, molti importanti utilizzatori finali di alluminio ci ripetono che vorrebbero utilizzare alluminio a bassa impronta di CO2 prodotto con energia rinnovabile come quella idroelettrica.
Quali ruoli proattivi ritiene debbano giocare i produttori di alluminio primario?
L’alluminio potrebbe essere un elemento costitutivo della nuova green economy: cruciale per le vetture elettriche, il packaging sostenibile e le abitazioni ad alta efficienza energetica. Ma per giocare questo ruolo cruciale, i produttori devono garantire che il metallo è ottenuto con un processo a basse emissioni di CO2. Mentre gli smelter alimentati a carbone generano in media 12,6 tonnellate di CO2 per ogni tonnellata d’alluminio, i produttori come il Gruppo En+, che usano energia idroelettrica, possono produrre la stessa quantità di metallo emettendo solo 2,6 tonnellate di CO2. Questo dovrebbe essere il futuro per tutta l’industria: diminuire ulteriormente l’impronta di carbonio.
Quindi, state invitando il LME a richiedere a tutti i produttori di rendere pubblica la loro impronta di carbonio?
Non si può affrontare la questione del carbonio senza misurarla. Raggiungere obiettivi di riduzione basati su dati scientifici richiede informazioni accurate e affidabili in un formato facile da gestire e comprensibile da tutti, dagli investitori istituzionali ai consumatori finali. Ciò premesso, come primo passo verso una significativa riduzione del carbonio ogni azienda del settore dovrebbe essere molto più trasparente nel rivelare l’impronta di carbonio dell’alluminio che produce.
Riteniamo che queste informazioni vitali debbano essere chiaramente indicate in ogni contratto di acquisto o vendita negoziato al London Metal Exchange di Londra, e che siano considerate un elemento fondamentale per dare un prezzo all’inquinamento da carbonio e per creare un’economia che sia veramente a basse emissioni di carbonio. Questo è il motivo per cui il Gruppo En+ sta chiedendo al LME di considerare la divulgazione delle emissioni di Livello 1 un requisito fondamentale per accedere alla negoziazione in Borsa, una decisione rivoluzionaria che speriamo porterà in futuro a una nuova categoria di asset, l’alluminio a basso contenuto di carbonio. Il mondo ha acquisito consapevolezza della minaccia data dal cambiamento climatico, e i recenti dibattiti sul clima in tutto il mondo dimostrano che le persone pretendono azioni in tempi rapidi non solo da parte dei governi ma anche dalle grandi aziende.
Come potremmo concludere in poche parole questa interessante conversazione sul futuro del nostro metallo leggero?
La nostra posizione è che la domanda globale di alluminio raggiungerà il suo pieno potenziale solo se la produzione di metallo crescerà in maniera sostenibile sia per il pianeta sia per la società. Dal momento che siamo il principale produttore di alluminio a basso contenuto di carbonio, abbiamo un ruolo critico da svolgere. Siamo convinti che un’industria avanzata come la nostra debba migliorare la trasparenza, che a sua volta può contribuire a rafforzare la nostra posizione in un’economia globale in trasformazione.