La crescita cinese nel teatro mondiale delle materie prime

Attenzione al caso alluminio ed alle deboli scelte del mondo occidentale che complicano il trading, non badano all’interesse generale della filiera e delle PMI del downstream+

Abbiamo ricordato in tante occasioni durante questi ultimi anni il ruolo dominante della Cina nel quadro mondiale dell’alluminio, ma più delle parole giova riflettere sui numeri di insieme della produzione mondiale di metallo grezzo che riproponiamo, con qualche aggiornamento. Il fatto è che l’economia cinese non sta ferma ad aspettarci, si è mossa da tempo sulle materie prime fondamentali e il caso dell’alluminio rientra in questa logica. Il loro sistema sta aggiungendo investimenti su investimenti in tutto il fronte delle materie prime, con un preciso piano strategico, a parte i metalli rari. E’ notizia recente un’importante operazione da 2,5 miliardi di dollari nelle attività di estrazione del rame in Serbia. C’è dietro una grande orchestrazione ben strutturata e di lungo periodo, ricordiamo anche che Il Consiglio di Stato cinese ha pubblicato recentemente un piano d’azione su un terreno molto collegato alle materie prime, quello del risparmio energetico e delle tecnologie verdi per il periodo 2024-25, con l’obiettivo di ridurre il consumo di energia e le emissioni di anidride carbonica per unità di PIL rispettivamente di circa il 2,5% e il 3,9% nel 2024. La percentuale di consumo di energia non fossile dovrebbe crescere al 18,9% nel 2024 ed al 20% nel 2025. Guardando al nostro ormai piccolo cosmo dell’alluminio, come non apprezzare il loro tempismo di anticipare concretamente i tempi per poter competere alla grande con il nostro manifatturiero? Ed in questo contesto, la risposta della lobby dei produttori di alluminio diciamo del vecchio mondo occidentale ed europeo si materializza nella maniacale persistenza a difendere un dazio irragionevole all’import in UE di una materia prima come l’alluminio primario di cui sta scomparendo la produzione domestica, e nella singolare richiesta di boicottaggio verso l’alluminio primario green russo, dettata da banali interessi dai diretti concorrenti sul mercato, con la copertura di considerazioni vagamente etico-politiche. La richiesta è, come riconosciuto universalmente dagli analisti di mercato super partes, del tutto autolesionista e contraria alle esigenze della reale filiera dell’alluminio in UE, un boomerang a tutto vantaggio dei nostri competitori internazionali. Ricordiamo che, un esempio per tutti, le continue minacce di boicottaggio hanno sinora avuto l’effetto di favorire la crescita di oltre il 40% delle vendite di materia prima low carbon russo alla Cina, con la evidente conseguenza che gli operatori cinesi potranno più agevolmente attaccare le nostre filiere di manufatto green. Riguardo al dazio sulla materia prima alluminio, diciamo da anni che è un’invenzione per regalare un sussidio ad alcuni produttori a danno del downstream, non ha protetto nulla come indicano i numeri, eppure già sin dai primi anni 2000 tutti gli analisti di trading di metalli erano concordi nel dire che non era e non poteva essere la protezione daziaria sulla materia prima alluminio la soluzione dei problemi della nostra industria in Europa. Aveva ragione l’allora Commissario UE al Trade Lord Mandelson nel 2007 a programmarne la cancellazione, purtroppo poi bloccata. La realtà è che in entrambe le circostanze ci troviamo di fronte ad una solida lobby, che ha interesse a spingere verso l’alto in modo artificiale le quotazioni in UE del nostro metallo, a danno delle piccole e medie aziende a valle che con l’alluminio realizzano prodotti e che hanno la vitale esigenza di essere competitive per lo sviluppo e il successo sul mercato. Per una certa analogia con vicende attualissime, guardiamo alla difficile situazione che attraversa l’industria dell’auto in Europa a fronte dell’assalto cinese, ed alla ricerca di soluzioni in un affannato ricorso a difese ancora con tariffe daziarie che lasciano il tempo che trovano, a tutto danno dei consumatori finali. Come è avvenuto negli ultimi decenni nel mercato del nostro metallo, con i decisori che hanno “protetto” i cosiddetti compromessi sui dazi e quant’altro sulle produzioni di alluminio primario purtroppo senza speranza, non tenendo conto di posizioni competenti e disinteressate, così togliendo competitività al restante 80% ed oltre della filiera ed alle tantissime PMI del segmento.