La domanda di alluminio nell’UE al 2050: rapporto primario/metallo da riciclo, obiettivo la parità
Per sfruttare al meglio la naturale ecosostenibilità del metallo leggero sarà indispensabile ottimizzare le tecnologie di trattamento e rifusione dei rottami e promuovere l’impiego di alluminio primario green L’alluminio, grazie alle sue proprietà ed in particolare alla sua naturale riciclabilità, ha un ruolo fondamentale nella transizione verso un’economia a zero emissioni.
Ma la curva di crescita del metallo da riciclo è inevitabilmente un passo indietro rispetto a quella della domanda globale di metallo; secondo gli analisti della Banca Mondiale, la quota di alluminio derivante dal riciclo, anche massimizzando il tasso di recupero del rottame a fine vita, riuscirebbe infatti a soddisfare solo circa il 60% della domanda mondiale totale di metallo leggero, stimata in crescita del 40-50% entro il 2050. Oggi l’Europa ha un fabbisogno di circa 8 milioni di tonnellate l’anno di alluminio primario su un uso totale di metallo grezzo, comprendendo anche quello da riciclo, di poco oltre 13,5 milioni di tonnellate, con il maggior utilizzo in UE, area in cui la produzione di primario è in costante calo a causa delle elevate tariffe elettriche, dei costi della manodopera e di quelli sociali e ambientali, senza che negli ultimi vent’anni sia stato avviato alcun nuovo smelter. In questi ultimi anni l’UE ha perso il 65% della produzione interna di primario, che vale oggi solo circa 950.000 tonnellate. Allo stesso tempo, i paesi EFTA – Norvegia e Islanda – hanno aumentato la loro produzione di primario di 1 milione t all’anno nel 2023 rispetto al 2000, e la loro fornitura annuale di metallo verso l’UE ha raggiunto circa 2,2 milioni di tonnellate, quindi circa il 33% del totale delle importazioni di primario in UE. Anche se la crescita di produzione di primario nei paesi EFTA nel 2050 fosse il 25% in più rispetto ai livelli attuali, e tutto il metallo prodotto dall’EFTA nel 2050 fosse venduto esclusivamente all’UE, quest’ultima si troverebbe comunque ad affrontare un deficit che potrà essere coperto solo da importazioni alternative. Considerando l’attuale produzione primaria interna dell’UE, i 2,2 milioni di tonnellate di importazioni potenziali dall’EFTA, le importazioni aggiuntive di primario da paesi esterni all’UE/EFTA dovrebbero essere intorno a 5 milioni t per soddisfare una domanda di primario nel 2050 prevedibile intorno a 9 milioni di t all’anno per un uso globale di circa 18 milioni di t, mettendo in conto la quota in crescita del metallo da riciclo. Si tratterebbe comunque di un ottimo risultato, ricordando che in molti casi il processo di recupero e riciclo richiede quantità variabili di metallo primario da aggiungere ai rottami da rifondere – oggi in genere tra 10 e 40%, a seconda della qualità dei rottami – per ottenere un alluminio finale di caratteristiche adeguate. Dato l’obiettivo di utilizzare al meglio i rottami di bassa qualità nel riciclo interno e di recuperare una maggiore quantità di rottami da fonti post-consumo, è molto probabile che questo rapporto venga mantenuto in futuro. Non dimentichiamo poi che, in media, i prodotti in alluminio hanno una lunga vita utile, per esempio intorno a 50 anni nell’area delle costruzioni edili e intorno ai 15 anni nei mezzi di trasporto. Questa longevità, sommata alla crescente domanda di metallo, comporta che la quantità di alluminio che raggiunge la fase di fine vita (e quindi disponibile come rottame post-consumo) è limitata e non ‘in fase’ con la crescita continua della domanda globale di metallo grezzo. In conclusione, per sviluppare un’economia realmente circolare ed ecosostenibile, l’Europa avrà comunque bisogno di quantità crescenti di alluminio primario, nonostante il prezioso aumento dei tassi di riciclo. Dal momento che l’alluminio primario non è qualitativamente tutto uguale, si potrà fare selezione e guardare con la massima attenzione a quello a basse emissioni di CO2, che rende più facilmente raggiungibili gli obiettivi del Green Deal. E’ un’importantissima partita da giocare, ed è questo esattamente il motivo per cui, come insistiamo da tempo, limitare l’import di metallo primario green nell’UE sarebbe una scelta autolesionista ed irresponsabile capace di minare sia lo sviluppo industriale in Europa sia il percorso verso la transizione verde.