La produzione di alluminio secondario in Europa
La situazione dell’industria dell’alluminio secondario nel vecchio continente come emerge dal recente studio “The EU aluminium value chain” realizzato dal Gruppo di Ricerche Industriali e Finanziarie – GRIF “Fabio Gobbo” (LUISS Guido Carli University, Roma). Un progetto finanziato con il supporto di FACE – Federation of Aluminium Consumers in Europe
di Ernesto Cassetta (GRIF University of Udine); Umberto Monarca (University of Foggia); Cesare Pozzi (LUISS University); Davide Quaglione (D’Annunzio University of Chieti-Pescara); Alessandro Sarra (D’Annunzio University of Chieti-Pescara)
L’alluminio secondario si produce riciclando e rifondendo rottami e/o materiali contenenti alluminio. I rottami di alluminio sono spesso classificati come:
“nuovi” (post-manifattura), che derivano dalla produzione dell’alluminio primario o dalla produzione di semilavorati e prodotti finiti in alluminio, prima che il prodotto in alluminio sia venduto all’utilizzatore finale;
“vecchi” (post-consumo), che risulta dalla raccolta e/o dal trattamento di prodotti contenenti alluminio dopo il loro uso da parte dei consumatori (ad esempio, lattine per bibite, parti di automobili, fili e cavi elettrici).
La produzione secondaria di alluminio grezzo in genere richiede due distinti processi produttivi. Nella raffinazione (refining process), i rottami prevalentemente vecchi sono utilizzati per produrre leghe da fonderia, soprattutto per l’industria automobilistica. Alliganti e composti aggiuntivi sono solitamente aggiunti durante il processo di raffinazione per ottenere la composizione richiesta per il prodotto finito.
Con la rifusione (remelting process), i rottami “nuovi” sono utilizzati per produrre leghe di qualità, solitamente sotto forma di billette per estrusione e lingotti per laminazione.
I maggiori produttori secondari del mondo sono solitamente grandi trasformatori di alluminio downstream o aziende manifatturiere che producono internamente l’alluminio secondario necessario per soddisfare i propri fabbisogni di semilavorati (estrusi, laminati piani e soprattutto getti di alluminio per l’industria automobilistica). Un’ampia gamma di prodotti in lega sono sostituibili fra alluminio primario e secondario, soprattutto l’alluminio ottenuto riciclando “in casa” i rottami (scarti di produttori secondari) e “rottami pronti” (scarti e sfridi di trasformatori downstream o dei loro clienti) negli impianti di rifusione.
I rottami, compresi i rottami industriali e i prodotti alla fine del loro ciclo di vita, sono sempre più importanti nell’industria dell’alluminio in quanto sono il metodo più efficiente dal punto di vista energetico di produrre alluminio (Ecorys, 2011). Si è stimato che rifondere l’alluminio per nuovi usi richieda dal 90 al 95% di energia in meno rispetto alla produzione di alluminio primario, poiché le fasi energivore della raffinazione della bauxite per produrre allumina e il processo elettrolitico di fusione dell’allumina per ricavare alluminio puro non sono necessari (Alluminio Europeo, 2015; Commissione sul Commercio Internazionale degli Stati Uniti, 2017).
Comprensibilmente, la produzione secondaria è considerata sempre di più come altamente adatta per l’UE, anche grazie alle crescenti quantità di rottami generati internamente disponibili nell’area (Economia dei Materiali, 2018). Si noti che nei Paesi sviluppati le scorte di alluminio in uso (pro capite) – vale a dire l’ammontare totale di metallo contenuto in strutture e prodotti come automobili, fabbricati o macchinari – è di circa 270-420 kg a testa.
I dati disponibili sull’alluminio secondario non sono del tutto affidabili. Secondo World Aluminium, nel 2015 raffinerie e fonderie secondarie hanno prodotto circa 27 milioni di tonnellate di alluminio riciclato annualmente da rottami vecchi e nuovi rottami acquistati, rispetto ai 58 milioni di tonnellate di alluminio primario.
L’OECD (2019) ha recentemente riportato cifre significativamente più basse per la produzione globale di alluminio secondario, che ammontano a circa 12 milioni di tonnellate nel 2016. Tali disparità si riflettono nella difficoltà implicita nel tener conto delle attività di riciclaggio e rifusione, specialmente quando queste si svolgono all’interno di aziende verticalmente integrate o di grandi produttori.
Come evidenziato nella Figura 1, Stati Uniti, Giappone e Paesi europei sono i maggiori produttori di alluminio secondario, ancorché la Cina stia rapidamente incrementando la sua produzione di alluminio riciclato. Il Giappone ha deciso di cessare definitivamente la produzione di alluminio primario e di concentrarsi sulla produzione secondaria. Si stima che l’alluminio secondario rappresenti il 37% e il 36% rispettivamente dell’alluminio totale usato negli Stati Uniti e nell’UE nel 2016.
L’Europa punta sull’alluminio secondario
Riguardo alla produzione secondaria di alluminio non lavorato negli stati membri dell’Ue, i livelli di produzione nel 2017 erano stimati pari a 3,2 milioni di tonnellate. I livelli di produzione correnti non hanno ancora raggiunto quelli pre-crisi (circa 3,6 milioni di tonnellate nel 2007). In termini di distribuzione geografica della produzione, la Germania e L’Italia sono i Paesi con la maggior quota di produzione. Nel 2017, insieme hanno prodotto poco meno del 50% dell’alluminio secondario non lavorato della UE (Figura 2).
Come si può vedere dalla Figura 3, l’UE produce più alluminio secondario che primario dal 2004.
Secondo European Aluminium (2015), ci sono circa 220 impianti di riciclo in Europa, molti dei quali sono piccole e medie imprese (PMI) e aziende famigliari. Esistono anche aziende importanti – come Norsk Hydro, la controllata di Hindalco Novelis, AMAG Austria Metall, e TRIMET Aluminium – che gestiscono impianti di riciclo dell’alluminio come parte delle loro molteplici attività lungo tutta la filiera del metallo leggero. Queste aziende quindi trovano al loro interno l’alluminio del quale hanno bisogno per la produzione di semilavorati di alluminio (Commissione per il Commercio Internazionale degli Stati Uniti, 2017).
La Figura 4 mostra le sedi degli impianti di riciclo di alluminio in Europa. Peraltro, non sono al momento disponibili dati affidabili relativi alla capacità produttiva di alluminio secondario.