La storia e il futuro di Gefond tra continuità e cambiamento

Gefond celebra trent’anni dalla fondazione, durante i quali l’azienda milanese ha costantemente spinto sulla rappresentanza di tecnologie di ultima generazione di importanti marchi internazionali destinate a fonderie non ferrose. Ma Gefond è anche un esempio ben riuscito di passaggio generazionale. Lo spiegano il fondatore Pierluigi Tronci e Tiziana Tronci, seconda generazione alla guida dell’azienda

Gefond è una realtà consolidata nel settore della pressocolata. Dalla sua fondazione nel 1994 rappresenta fornitori leader nel settore e distribuisce impianti tecnologicamente avanzati per le fonderie di leghe leggere, ed oggi rappresenta in Italia importanti marchi: centraline di termoregolazione HIGH PERFORMANCE DIE CASTING by Gefond, lubrificatori WOLLIN ed AED, forni dosatori FOUNDRY 4, forni a crogiolo MMP, crogioli MORGAN, forni fusori KROWN, marcatrici laser di ultima generazione LASERAX, raffreddatori adiabatici a sostituzione delle torri evaporative FRIGELL. Le tecnologie distribuite da Gefond sono soluzioni in grado di abbattere i consumi energetici e di fare ottenere i benefici fiscali previsti dal nuovo Piano Transizione 5.0. Quest’anno Gefond compie trent’anni dalla sua fondazione e il modo migliore per celebrare  questa ricorrenza è raccontare la storia dell’impresa, partendo dallo spirito con cui è nata e con cui il fondatore Pierluigi Tronci ha intrapreso questo cammino, quindi guardando alle prospettive ed ai nuovi percorsi che Gefond ha deciso di percorrere, valutando le dinamiche del settore e le nuove sfide poste dai nuovi mercati, con l’ingresso in campo della seconda generazione aziendale, la figlia del fondatore Tiziana Tronci.

Come prima domanda chiediamo a Pierluigi Tronci di parlarci delle origini dell’impresa.

“Dopo aver conseguito la laurea in fisica nel 1973, venni assunto da una grande fonderia nei pressi di Milano che produceva lingotti di alluminio, bronzo, ottone, rame e piombo; iniziai dal laboratorio chimico e successivamente passai al reparto di produzione dell’alluminio, ed a 29 anni fui nominato direttore di stabilimento. Conclusa dopo alcuni anni questa importante esperienza, decisi di entrare nell’area commerciale ed in particolare nella vendita di prodotti di consumo per le fonderie di alluminio, rame, zinco, dai crogioli ai distaccanti, e poi alle vernici ed ai vari prodotti chimici per la fonderia.

Dopo dieci anni, con un buon bagaglio di conoscenze tecniche e di mercato acquisite su materiali, prodotti ed impieghi, decisi di creare la mia azienda. Era il 1994 e così nacque la Gefond. Forte della mia esperienza diretta del mercato e delle prevedibili prospettive, dismisi quasi subito i prodotti di consumo mantenendo solamente i crogioli, ed orientai decisamente l’attenzione verso impianti tecnologici avanzati, acquisendo in esclusiva lubrificatori, forni e altri prodotti tutti di importanti aziende tedesche, che iniziarono a entrare nelle fonderie italiane di alto livello, in particolare per le esigenze di produzioni destinate al settore automobilistico. La scelta di puntare sulle tecnologie avanzate nel campo della fonderia delle leghe leggere fu sicuramente coraggiosa, lungimirante e debbo dire dal mio punto di vista molto positiva, perché in effetti dai primi anni 2000 prendono il via i grandi sviluppi metallurgici e tecnologici su produzione ed impieghi di getti in lega leggera ad elevate prestazioni. La stessa visione strategica è l’impronta aziendale che mia figlia Tiziana sta portando avanti con coraggio e determinazione dopo aver preso in mano le redini della Gefond. Tiziana con la sua capacità e le sue esperienze professionali precedenti in altri settori, ha portato in azienda una visione fresca, impostando progetti nuovi con un approccio che guarda alla crescita della nostra impresa. Sono felice che qualcosa che ho iniziato anni fa possa continuare nel tempo grazie a mia figlia”.

Si può dire che siete un chiaro esempio di passaggio generazionale ben riuscito. Si tratta senza dubbio di un a fase delicata nella vita di ogni impresa, in particolare di quelle medio piccole e di tipo familiare, come la stragrande maggioranza delle PMI italiane. Chiedo in merito il parere di Tiziana, partendo dalla domanda inevitabile, perché ha deciso di entrare in Gefond.

“Preciso subito che mio papà non mi ha mai spinto ad entrare in Gefond e mi ha lasciato la libertà di scegliere. Tutte le avventure professionali le ho intraprese come se fossero delle cose mie, proprio per questo approccio imprenditoriale alla vita nel 2016 ho deciso ad un certo punto di intraprendere la sfida più grande, quella di entrare nell’azienda di famiglia e trasformarla e svilupparla è stata la sua naturale evoluzione. Io sono entrata in punta di piedi, dopo interessanti esperienze in aree completamente diverse, cercando di ascoltare il più possibile e di imparare, conquistando la fiducia dei collaboratori e dei clienti, giorno dopo giorno. Ho cercato di imparare il più possibile sul settore della pressocolata visitando clienti, condividendo informazioni con i costruttori di macchine e parlando con i concorrenti, e ho trasferito la mia precedente esperienza professionale in questo campo. Credo innanzitutto che nei rapporti tra me e mio padre abbiamo due importanti punti di forza: un dialogo aperto e continuo e molta complicità nelle decisioni finali. Non sempre le nostre visioni coincidono, ma riusciamo entrambi a capire quando è il momento di tornare sui propri passi e questo ci permette di lavorare e di decidere comunque in modo meditato e sereno. Questo grande rapporto di fiducia reciproca ha creato le condizioni per cui mio padre ha creduto in me e io ho avuto la possibilità di fare degli investimenti importanti di cui mi sono presa la piena responsabilità; lui ha visto le possibilità di crescita della fonderia getti in alluminio decenni fa, puntando su scelte innovative, oggi questa fase è ancora più diversificata e pressante in un quadro di mercato con nuovi parametri in gioco, dalla sostenibilità ambientale per processi produttivi più rispettosi dell’ambiente, alla questione energetica, alla digitalizzazione sempre più spinta, alla opportunità di controllare e curare gli impianti in ottica predittiva. Si sono aperti nuovi mercati e nuove sfide competitive che noi abbiamo concordemente deciso di affrontare e che si sono concretizzate nella strutturazione dell’azienda in cinque divisioni: Gefond Products, Gefond Software, Gefond Technology, Gefond Accademia e Gefond Service”.

Quale è in poche parole il modello di business per Gefond nei prossimi anni?

“Abbiamo elaborato un programma di lavoro ben preciso, che abbiamo chiamato Gefond–for a Long Life Industry, articolato su tre punti fondamentali: guardare al futuro e puntare sull’innovazione tecnologica, concentrandosi su digitalizzazione e sostenibilità; ampliare l’offerta dei servizi; spingere sulla formazione per aumentare la produttività. Il nostro modello di business per il futuro sposta l’attenzione sulle esigenze del cliente. Oggi il cliente ha bisogno di soluzioni oltre all’acquisto dell’asset fisico. Quindi il nostro obiettivo è spingere sempre di più sulla ‘servitizzazione’, cioè spingendo sulla fornitura di servizi che creano maggior valore per il cliente, abbinando alla vendita di un macchinario non solo la ricambistica e l’assistenza tecnica, ma anche il noleggio e un software di monitoraggio, controllo e manutenzione come il nostro sistema Perpetuo. Sono convinta che la vera sfida è sensibilizzare il mondo delle fonderie a fare un passo avanti utilizzando in pieno le nuove tecnologie. La visione più ampia è quella di espandere i nostri mercati, rivolgendoci, con il nostro software, non più solo alle fonderie ma alle aziende manifatturiere del comparto automotive ed oltre. Quindi la parola chiave non è solo internazionalizzazione ma anche diversificazione”.

Come Gefond siete senza dubbio un rappresentante tipico del valore delle piccole e medie aziende, spesso come la vostra di carattere familiare, uno straordinario pilastro per l’industria europea, come nella nostra rivista A&L sosteniamo da sempre guardando alla filiera alluminio. Un secolo fa la nostra industria del metallo leggero era monopolizzata dai grandi produttori e trasformatori internazionali, oggi i tempi ci dicono che i numeri di produzione, fatturato e forza lavoro sono dalla parte della miriade di piccole e medie aziende del midstream e downstream, anche se la loro voce è soffocata e tarpata dalle ingerenze delle vecchie lobbies ottocentesche.

“Condivido in pieno l’impostazione, aziende come la nostra costituiscono la spina dorsale dell’economia mondiale ed in particolare della vecchia Europa, voglio citare al riguardo le posizioni nel merito della Prof.ssa Marina Brogi, Professore Ordinario di Economia e Tecnica dei Mercati Finanziari dell’università La Sapienza di Roma. Poche parole ma di eccezionale rilievo: ‘Le piccole e medie aziende rappresentano la spina dorsale dell’economia mondiale. Se guardiamo i dati a livello globale, notiamo che queste rappresentano il 90% in termini di numerosità e il 50% in termini di creazione di posti di lavoro. Focalizzandoci sull’Italia, le aziende familiari italiane rappresentano l’85% del totale delle aziende e il 17% del PIL. Quindi numeri importanti. Si tratta di aziende che per natura sono orientate al lungo periodo, proprio perché normalmente, quando l’azienda è stata tramandata dal fondatore, che può essere il papà, il nonno, il bisnonno, chi ha il compito, l’onere, la responsabilità ma anche l’onore di portarle avanti, lo fa con grande zelo e con l’idea di poterle tramandare ai propri figli, ai propri nipoti. Effettivamente per le aziende familiari la resilienza è una caratteristica. In uno studio effettuato insieme a colleghi della Bocconi, abbiamo riscontrato come nella grande crisi le aziende familiari sono state più resilienti. Allo stesso modo riescono anche a crescere di più rispetto alle altre tipologie di aziende. In un recente studio, condotto da UE e dall’Università di San Gallo, è emerso che le aziende familiari censite, che sono le 500 più importanti a livello mondiale, sono cresciute di più del doppio del PIL mondiale nello stesso periodo. Certo, la grande sfida per le aziende familiari è il passaggio generazionale, ma, come diceva Alberto Falck, ogni generazione rifonda l’azienda”.

Parliamo ora di imprenditoria al femminile, con uno sguardo particolare alla fonderia ed alla filiera alluminio: che opinione ha al riguardo?

“Debbo dire francamente che mi ci sono voluti diversi anni per decidere di entrare nell’azienda di famiglia, avevo paura di questo ambiente industriale in grandissima prevalenza maschile, ma riconosco oggi che mi sbagliavo, ci sono molti pregiudizi in merito. Non solo nell’area della fonderia ma in genere su tutto il settore dell’alluminio, perlomeno in Italia vedo una forte crescita della presenza femminile in ogni segmento, dall’Università al sistema della R&S, dal mondo associativo all’estrusione, alla laminazione, alle trasformazioni e lavorazioni in genere, ai trattamenti superficiali, per non parlare delle varie applicazioni finali, debbo ammettere che vedo in prospettiva ottimi sviluppi che immagino giovino alla compattezza dell’intero segmento industriale dell’alluminio e sue leghe, di straordinaria e crescente importanza a livello globale”.

Come possiamo concludere questo scambio di idee sui trent’anni di Gefond?

“Concluderei con un chiaro segnale di ottimismo per il futuro. La continuità rappresenta il filo conduttore della nostra storia imprenditoriale e di tante altre attività industriali come la nostra. Abbiamo coltivato rapporti solidi, affinato le nostre competenze e costruito una reputazione basata sulla qualità e l’affidabilità. Il cambiamento rappresenta la nostra capacità di sfidare lo status quo, di esplorare nuove frontiere, di continuare ad adottare tecnologie all’avanguardia. La nostra impresa prospera grazie all’equilibrio tra questi due poli, la continuità ci dà solidità e radici, mentre il cambiamento ci offre l’agilità necessaria per rimanere rilevanti. Abbiamo imparato che la vera forza risiede nella capacità di fondere il meglio di entrambi, creando un ponte tra il passato e il futuro. In questi 30 anni abbiamo imparato che il successo non è solo misurato dai numeri, ma anche dalla forza delle relazioni che riusciamo a costruire. Insieme, continueremo un percorso che guarda al passato, abbraccia il presente e anticipa il futuro. Con la consapevolezza che il futuro è una nostra decisione”.