L’impatto sul mercato italiano dell’alluminio
Una stima degli effetti della crisi dovuta al Covid-19 sul mercato dell’alluminio in Italia nel 2020 secondo le valutazioni delle imprese
Ci auguriamo che all’uscita di questo numero della rivista A&L l’emergenza Covid-19 stia progressivamente diminuendo di intensità, dopo aver violentemente pesato sulla vita di tutti i giorni e sull’andamento delle filiere produttive, inclusa quella dell’alluminio. L’inevitabile lockdown imposto dal governo ha comportato enormi danni e rallentamenti a tutta l’economia in generale, nel periodo più critico dei giorni di “quarantena” abbiamo monitorato il nostro segmento interrogando imprenditori e responsabili di aziende per inquadrare la situazione e per comprendere i possibili sviluppi futuri. Ne abbiamo fatto una sintesi che qui riportiamo.
Quali aziende del segmento hanno riavviato o mai fermato la loro produzione?
Inizialmente inserita tra le attività ritenute strategiche, come da noi richiesto tempestivamente ai decisori nazionali, la metallurgia in Italia è stata invece esclusa all’ultimo momento e solo alcuni comparti, legati soprattutto alla produzione e alla distribuzione di laminati per il farmaceutico, sono rimasti in attività. Diverse aziende hanno sfruttato la possibilità di operare in deroga su codici ATECO consentiti, che comunque rappresentano una quota relativa molto modesta.Molte delleaziende intervistate hanno espresso la convinzione che la filiera dell’alluminio debba comunque essere considerata essenziale e che la maggior parte del comparto della produzione di metallo, fonderie, estrusioni, laminazioni, produzioni getti e pressocolati, lavorazioni a valle, avrebbe potuto e dovuto continuare la propria attività. Le attività degli uffici avrebbero potuto continuare in smart working. Nel segmento di edilizia e costruzioni ha destato molti interrogativi la riapertura della produzione di serramenti in PVC e legno, mentre i serramenti in alluminio sono rimasti esclusi. Comunque un gran numero di aziende della filiera alluminio hanno ripreso, magari in forma parziale,la produzione verso la metà di aprile, naturalmente con tutte le cautele necessarie per la sicurezza degli operatori. All’estero la situazione è stata interpretata in modo diverso rispetto all’Italia, tanto è vero che molti imprenditori hanno sottolineato il concetto di perdita di competitività asimmetrica a livello europeo ed i forti rischi di perdita di posizioni nel mercato. Nel corso di questo monitoraggio del comparto ci sono pervenuti commenti sull’andamento del settore alluminio da altri mercati in EU e da altre importanti macro aree, come India, Russia, Cina, Stati Uniti, Paesi del Golfo, di cui riportiamo in altra parte della rivista; in generale risulta che pochi Paesi hanno adottato un completo lockdown dell’intera filiera produttiva dell’alluminio, probabilmente per una diversa situazione sanitaria contingente.
Quali danni economici ha causato l’emergenza Covid-19 alle aziende dell’alluminio nelle scorse settimane di lockdown e che impatto potrà avere tutto questo per l’andamento del settore nel 2020?
Secondo tutti gli intervistati il lockdown temporaneo della filiera produttiva italiana del settore ha contribuito e contribuirà in modo rilevante sui risultati economici delle aziende. La crisi da Covid-19 ha superato di fatto quella dei subprime nel 2008, e si presenta come la peggiore dalla fine della seconda guerra Mondiale. Al di là della fermata produttivatemporanea, ciò che più preoccupa gli operatori è il timore delle ripercussioni sul modello di mercato e l’incertezza sulla ripresa della domanda per automotive, edilizia, costruzioni aeronautiche, arredamento, solo per citarne alcuni, senza trascurare gli effetti devastanti su alcuni mercati stagionali minoricome per esempio quello delle attrezzature per il mare, il tempo libero, l’arredo giardino, le tende da soleed altri ancora. Significativo il calo di attività denunciato fin oltre il 50% nel periodo da operatori dei trattamenti superficiali e da produttori di getti. Espressa molta preoccupazione per il fermo degli investimenti che comporterà una lunga crisi nei produttori di impianti e di macchinari. Molti interrogativi sul prezzo della materia prima, con il collasso delle quotazioni al di sotto di 1500 dollari alla tonnellata per il metallo HG, valori non remunerativi per molti primaristi. La ridotta disponibilità ha però fatto crescere i prezzi dei rottami e di conseguenza i produttori di pani dovranno aumentare i propri prezzi per sopravvivere.Il calo delle materie prime ha pesantemente contribuito alla svalutazione del magazzino e delle giacenze, si stima un calo del 20% circa; sempre in assenza di contratti a lungo termine, che comporterebbero in questa situazione ulteriori perdite. Altri danni derivano dalla dichiarata difficoltà degli incassi dei crediti che anche in questo caso variano a seconda della tipologia di clientela. Apprezzati i diversi strumenti finanziari predisposti dal governo, che comunque richiederannodel tempo per far affluire adeguata liquidità al sistema e non risolveranno il problema economico di molte imprese che necessitano di contributi a fondo perduto e non solo prestiti.
E’ possibile stimare il danno economico relativo causato al vostro segmento dalla “asimmetria competitiva” tra misure prese inItalia e quelle adottate da altri Paesi europei sulla chiusura delle attività produttive?
Il problema della “asimmetria competitiva” derivante dalle diverse disposizioni in tema di chiusure nei vari paesi EU, è stato percepito come di forte impatto, non tanto per i danni immediati quanto per le possibili ricadute nella collocazione di mercato del medio-lungo termine. Indubbiamente nel segmento dei prodotti destinati all’export vi è stata una ricaduta negativa rilevante, non facilmente quantificabile e comunque variabile da un’azienda all’altra. L’assenza forzata dal mercato europeo, seppur limitata ad un arco di tempo valutabile in settimane, e la concomitante presenza della concorrenza, ha per alcune aziende di estrusionecomportato un danno riferibile al 10-15% della capacità produttiva, per i mesi di marzo e aprile, più ridotto l’impatto negativo per le laminazioni, molto più pesante invece l’effetto per l’area della produzione dei getti di fonderia, complice il calo dell’automotive. Per i mesi a venire si tratterà di recuperare il terreno perduto con investimentie nuovi sforzi commerciali.
Uno scenario negativo aggravato dall’incertezza durante la ripresa
L’attuale stop produttivo imposto alla produzione e lavorazioni di alluminio dalle recenti restrizioni governative, comporterà un impatto sulla produzione e sui consumi finali Italiana non trascurabile. Dal nostro sondaggio effettuato nel periodo, possiamo ricostruire una prima ipotesi sui dati del mercato alluminio riferiti alla fine del 2020. Partendo dai dati del 2019, peraltro un anno già lievemente in diminuzione rispetto al precedente, quindi da un consumo italiano complessivo di alluminio in ogni forma di poco superiore ai 2 milioni di tonnellate, ipotizzando una perdita reale di 30 giorni di calendario produttivo dal totale tipico a partire da febbraio, arriviamo già ad una riduzione complessiva superiore a 200 mila tonnellate per il 2020. Anche nell’ipotesi di un rapido ritorno alla normalità, tale riduzione potrebbe essere riassorbita solo immaginando un pieno lavorativo per il mese di agosto, notoriamente in Italia un periodo di stop produttivo, circostanza oggi da considerare molto improbabile. E’ invece da tenere in conto un quadro più negativo, pensando ad un possibile calo della domanda di alluminio nel secondo trimestre, anche per l’effetto di una ripresa rallentata del post crisi. L’inizio di quest’anno sembrava in realtà abbastanza promettente, tutte le aziende da noi interpellate hanno dichiarato carichi di lavoro e di ordinativi incoraggianti ad inizio anno, ma la crisi di marzo, il conseguente rallentamento produttivo di tutti i settori tipici di sbocco della produzione dell’alluminio, fanno purtroppo pensare ad una ipotesi di ripresa piuttosto difficoltosa. I settori che maggiormente dovrebbero risentire di questa situazione sono quelli della pressocolata, penalizzata dal calo dell’automotive e dell’estrusione. La laminazione, produzione strategica per il settore farmaceutico, dovrebbe invece risentire meno della fase negativa. A nostro parere il risultato del 2020 potrebbe riportare i dati del sistema italiano dell’alluminio indietro di almeno 10 anni. Prevediamo infatti che per gli effetti molteplici ed i contraccolpi di questa crisi il risultato finale del consumo potrebbe attestarsi tra 1,5 e 1,6 milioni di tonnellate e forse è ancora un dato abbastanza ottimistico. La situazione in tutta Europa dovrebbe, più o meno, riflettere l’andamento italiano. A livello mondiale la catena del valore globale della produzione di alluminio rappresenta circa l’1% del PIL globale, ovvero circa 800 miliardi di dollari; la crescita economica globale in calo, la riduzione dei consumi, un prezzoLME e premi molto bassi, stanno portando a tagli di produzione, cosa che per esempio è già avvenuta in Cina. Un semplice calcolo matematico porta a una riduzione complessiva mondiale, stimabile attorno al 5%, a condizione che la pandemia finisca entro breve tempo.