Mahmood Daylamy, Segretario Generale del Gulf Aluminium Council
L’industria dell’alluminio ed i provvedimenti presi dai paesi del Golfo per affrontare l’emergenza Covid-19
La maggior parte degli Stati del Golfo ha agito tempestivamente sottoponendo a test ogni persona che entrava nel paese e gradualmente ha chiuso tutte le frontiere. Hanno fatto rientrare lentamente dall’estero i cittadini dei singoli stati a scaglioni, per non rischiare il tracollo del sistema sanitario e da parte della popolazione c’è stata un’eccellente collaborazione. Nonostante le misure prese in prima battuta e i provvedimenti successivi, i casi di contagio nei Paesi del CCG sono aumentati fino a metà aprile senza raggiungere il picco massimo. Dal punto di vista economico, tutte le imprese commerciali e le scuole sono chiuse, mentre tutte le principali industrie sono rimaste operative. La produzione di alluminio è continuata, le spedizioni e i porti funzionano e la logistica ha sempre potuto operare.
Quali sono le possibili conseguenze generali per l’economia nazionale e globale?
Per minimizzare l’impatto economico, alcuni Paesi del Golfo, come il Bahrain, hanno pagato l’intero stipendio dei dipendenti nazionali del settore privato, riducendo o eliminando le bollette dell’elettricità e dell’acqua per tre mesi. Senza dubbio ci saranno enormi conseguenze economiche negative a prescindere dalla regione. La ripresa dipenderà da quanto determinata sarà la risposta e da quanto ampia sarà la sua portata soprattutto da parte delle economie sviluppate.
Nel 2008 c’è stata una chiara leadership e la cooperazione tra regioni ha dimostrato di voler rilanciare l’economia; stavolta, questa leadership manca, e non c’è cooperazione e nemmeno una comunicazione adeguata. Di conseguenza, ci sarà una diversa dinamica commerciale ed economica successiva al Covid-19. All’inizio non sarà evidente, ma nel lungo termine non sarà come in passato: assisteremo a più protezionismo e a nuove alleanze. L’UE potrebbe trasformare tutto questo in un’opportunità, altrimenti potrebbe ritrovarsi più divisa. Dovrebbe correggere gli errori e le carenze pregresse e sviluppare piani chiari aumentando il livello di ambizione, ma se decidesse di accontentarsi di volare basso sarebbe la fine dell’UE così come la conosciamo. In definitiva, l’UE ha bisogno di meno burocrazia e di più indipendenza, intraprendenza e scelte coraggiose.
Come ha reagito il vostro sistema industriale dell’alluminio, nei vari segmenti, all’emergenza Covid19?
Gli smelter del Golfo continuano a funzionare a pieno regime, i porti sono aperti e le spedizioni partono come prima. Considerando che il 60% della produzione di alluminio primario del GCC è destinato all’esportazione, il problema sono state le difficoltà logistiche in Europa a causa delle restrizioni di confine tra i Paesi. Ciò ha conseguenze negative in termini di ritardi, soprattutto per i clienti del downstream dell’alluminio nell’UE che si trovano ad affrontare una carenza di materia prima.
Come vede il futuro del settore dell’alluminio a livello locale e globale?
L’alluminio continuerà ad essere il metallo d’elezione con un potenziale aumento della domanda. La proiezione a lungo termine per la domanda totale entro il 2050 è di 150 milioni di tonnellate, 95 milioni dai produttori primari e il saldo da alluminio secondario. Senza dubbio, guardando a tutte le incertezze che vediamo oggi all’orizzonte, trent’anni sono una prospettiva molto lunga.
Pensa che il concetto di “Green aluminium” sarà premiante nei prossimi anni?
La priorità immediata è a mio avviso il rapido ritorno alla normalità della produzione della materia prima per i trasformatori e gli utilizzatori finali di alluminio, il downstream e la manifattura sono senz’altro i settori più colpiti dalla crisi da Covid-19, credo che in questa ottica l’alluminio verde possa aspettare altri due o tre anni.
Purtroppo, il tema dell’alluminio verde è stato commercializzato da coloro che attualmente hanno il vantaggio di produrre elettricità a basse emissioni di carbonio. La loro priorità è stata quella di ottenere un maggior guadagno cercando di influenzare l’LME e altre entità con il pretesto della tutela dell’ambiente, Il che contraddice un’altra parte delle loro operazioni e i danni che provoca all’ambiente, come i residui di bauxite, i residui di materiali di rivestimento delle celle elettrolitiche e gli altri rifiuti generati. La riduzione nelle emissioni di carbonio e la mitigazione dei danni ambientali devono essere complete ed eque, sono convinto che le economie avanzate debbano aiutare le economie emergenti a convertirsi alla produzione di energia pulita. Oggi solo il 10% dell’alluminio è prodotto utilizzando l’elettricità idroelettrica; il resto è prodotto usando gas e carbone, d’altra parte i paesi occidentali hanno bisogno dell’alluminio e non saranno autosufficienti. L’introduzione della carbon tax non farà quindi altro che rendere meno competitivo il downstream del metallo leggero. Ciò premesso, sono comunque dell’idea che il mondo debba puntare ad una produzione di alluminio a bassa impronta di carbonio, e potrà farlo sia lavorando sul miglioramento delle tecnologie attualmente disponibili sia ricercandone di nuove, oltre ovviamente al miglioramento della raccolta, recupero e riciclo dell’alluminio, materiale che è campione di riciclabilità.