Industria dell’alluminio, quali strategie per lo scenario post Covid-19?
La guerra commerciale Usa-Cina, le criticità del nostro sistema-paese e le opportunità per le PMI del comparto alluminio offerte dal Green New Deal della Commissione Europea: Maurizio Sala, CEO di Foundry Ecocer, traccia un bilancio dei due mandati alla guida di Amafond e indica le priorità per poter guardare con ottimismo alla fase post pandemia
Ci troviamo una volta ancora con Maurizio Sala, CEO di Foundry Ecocer e da poche settimane past president di Amafond, l’Associazione Italiana Fornitori Fonderie; Maurizio Sala è un ottimo conoscitore del comparto alluminio nelle sue diverse sfaccettature ed è un attento osservatore del sistema imprenditoriale italiano. Cominciamo a parlare della Associazione Amafond che ha guidato con successo per due mandati in tempi non facili, sia per la situazione economico-politica mondiale con le forti tensioni tra Stati Uniti e Cina e le sanzioni con la Russia, sia più recentemente con la fase critica di Covid-19 che ha lasciato tracce profonde dappertutto, specialmente nel nostro Paese condannato a fare da battistrada in un’esperienza difficile e del tutto inedita. “Guidare Amafond per quattro anni ha rappresentato per me un privilegio con esperienze impagabili” spiega Maurizio Sala. “ Quando venne fondata nel 1946, Amafond era poco più di un progetto da costruire, nelle mani di un volonteroso gruppo di fabbricanti e distributori di macchine e prodotti per la metallurgia, in particolare per le fonderie. Oggi è conosciuta in ogni parte del mondo, è l’immagine delle imprese italiane che operano in questo importante settore rappresentando il meglio delle tecnologie per l’industria fusoria e non solo. Da sempre con il sostegno delle istituzioni nazionali, come l’Istituto del Commercio con l’Estero ed il Ministero dello Sviluppo Economico, abbiamo lavorato per lo sviluppo della fonderia metalli italiana, non solo nel mercato domestico, ovunque ci fosse un interesse noi siamo stati attenti e presenti, con iniziative e missioni, portando gli associati a scoprire nuovi mercati, a partire da quelli europei per arrivare alla Cina, alla Russia al Brasile, al Messico all’India, all’Indonesia agli Stati Uniti, all’Iran alla Polonia, alla Turchia alla Repubblica Ceca, Argentina, Sudafrica, Corea, Giappone. In sinergia e stretta collaborazione con le associazioni nazionali di settore, in primo luogo quelle a noi più vicine come Assofond ed Assomet, ci siamo impegnati a dimostrare la nostra competenza ai massimi livelli sui mercati internazionali,cercando di fare sistema ed ottenendo risultati nei settori avanzati delle applicazioni dei metalli, da ghise ed acciai alle leghe leggere,nell’automotive, nella meccanica,nell’elettronica, nelle costruzioni. Io non ho fatto altro che seguire una strada ben tracciata, puntando a consolidare relazioni di partenariato tecnico culturale con associazioni ed istituzioni rappresentanti di importanti mercati internazionali, come gli accordi con la Russian Aluminium Association e con l’India e le strette relazioni con i Paesi del Golfo, allo scopo di promuovere un’Italia che vuole crescere e che riesce a farlo utilizzando le sue forze migliori, guardando oltre le proprie frontiere. Amafond ha spalle solide, è coesa, ben strutturata, determinata, veloce e flessibile nelle decisioni e nelle scelte; il nuovo presidente Riccardo
Ferrario è un personaggio di eccellenza nel nostro settore e darà un grande contributo insieme al Consiglio, alla vita associativa dei prossimi anni”. A più riprese, negli ultimi anni, avete ospitato in vostri importanti convegni o in eventi istituzionali Amafond personalità del mondo politico ed imprenditoriale, per aprire un confronto su temi di rilevante interesse per il vostro settore. Giudica positivamente i risultati ottenuti da questi incontri tra industria, imprenditoria e mondo politico?
“Va premesso che la struttura del manifatturiero in questi ultimi anni è cambiata radicalmente, è chiaro che il nostro segmento di industria deve confrontarsi oggi più che mai con una situazione di forte discontinuità rispetto al recente passato: le dinamiche globali seguono cicli rapidi e mutevoli, abbiamo avuto il mito della globalizzazione, oggi con tutti le perturbazioni di vario genere, dalle guerre sui dazi ai problemi ambientali alla pesantissima crisi da pandemia, si percepisce una maggior attenzione al locale, e questo per il mondo delle imprese significa rivedere obiettivi e strategie. Scendendo al livello nazionale, sono ben noti i tanti nodi strutturali mai sciolti che da anni ostacolano lo sviluppo del nostro Paese, dal costo energetico più alto in Europa, al regime fiscale che punisce chi paga, alla burocrazia inaccettabile, abbiamo portato ai nostri tavoli uomini di governo e personalità del mondo dell’imprenditoria e della cultura per far toccare con mano le nostre richieste, l’importanza del nostro comparto ed il peso del nostro segmento industriale nel sistema economico del Paese. Mi piace ricordare sopra di tutti il forte sostegno che ci ha sempre offerto un grande imprenditore come Alberto Bombassei, vicino ai nostri problemi ed appassionato sostenitore dell’innovazione per la competitività della fonderia e della necessità da parte del governo di dare il massimo sostegno allo sviluppo tecnologico ed agli investimenti per puntare all’industria 4.0”.
Come vede la situazione generale del nostro sistema-paese nel prossimo futuro, dal suo osservatorio di un segmento di industria così strategico?
“Riguardo alla situazione attuale, non c’è dubbio delle difficoltà oggettive in cui ci troviamo oggi, come forze della produzione, del lavoro e della società civile, non solo per il freno al commercio mondiale e al nostro export dovuto alle guerre protezionistiche, ma anche perché decisioni politiche errate in Italia avevano congelato la ripresa degli investimenti privati che, grazie al piano Industria 4.0 e con l’export, avevano costituito la base della ripresa nel periodo 2015 – 2018. Resta un dato di fatto che alla fine del 2019 eravamo l’unico grande Paese UE a dover ancora recuperare quasi 4 punti di PIL rispetto ai livelli del 2008, e che governi di ogni colore negli anni passati abbiano privilegiato la spesa corrente e un’infinità di bonus a pioggia, rispetto agli investimenti pubblici e alle riforme strutturali. Per un Paese trasformatore come il nostro, l’impegno per evitare una recessione può avere successo solo se non nascondiamo a noi stessi colpe ed errori che abbiamo commesso, tutti, negli ultimi anni. Come imprese, siamo consapevoli di dover migliorare e dovremo concentrare gli sforzi e le risorse sulle note priorità essenziali, come investimenti in innovazione e ricerca, capitale umano, sostenibilità ambientale e sociale delle nostre produzioni, nuove forme organizzative e contrattuali, visione internazionale, estensione delle nostre presenze e quote in mercati strategici e filiere innovative, ma anche un grande recupero del mercato nazionale. Ai governanti e alle parti sociali chiediamo decisioni concrete su un piano di riforme che secondo noi dovrebbe incardinare la base delle proposte per avere accesso ai trasferimenti e crediti complessivi che l’Europa mette a disposizione; ci aspettiamo chiarezza sul piano delle tasse, sulla leva fiscale e sul cuneo fiscale, non solo in questo 2020 ma a regime dei prossimi anni, così come risposte precise su automotive, siderurgia e filiere dell’export, in particolare per capire se potremo contare su misure ad hoc come quelle messe in campo da altri grandi Paesi europei. In sostanza, noi siamo pronti e fiduciosi, comprendiamo le difficoltà oggettive, ma diciamo che occorre un Governo competente che disegni un quadro che poi noi dovremo completare usando tutte le nostre capacità imprenditoriali in mezzo a tante difficoltà, lacci e laccioli, in modo da consentire al Paese di avere un’industria viva e reattiva”.
Passiamo ad un quadro più ampio e parliamo di alluminio nel mercato globale: lei ha giustamente toccato un argomento molto caldo di questi tempi, quello del rilancio dell’industria in EU in chiave di economia verde e sostenibile. E’ un tema che tocca da vicino il nostro metallo e la spina dorsale del manifatturiero, che è quella delle piccole e medie aziende. Come può commentare sotto questo aspetto il Green Deal della Nuova Commissione Europea? Ritiene che possa avere un buon impatto per il nostro settore nel nostro Paese questo progetto di rinascimento industriale?
“Non c’è dubbio che l’UE sta guardando con grande attenzione al segmento dell’alluminio come un materiale campione dell’economia circolare, un comparto strategico quindi come modello di sostenibilità industriale, sotto diversi aspetti:
-dal punto di vista economico come base del nostro comparto manifatturiero per dotarlo di competitività e di capacità di creare posti di lavoro;
-dal punto di vista ecologico come campione nella riciclabilità, nell’impegno alla salvaguardia dell’ambiente e delle risorse energetiche;
-dal punto di vista della sostenibilità e della valenza sociale nel senso di rappresentare un ottimo compromesso tra proprietà generali /prestazioni, latitudine di impiego, durabilità, disponibilità sul mercato, costo, attitudine a sviluppare l’economia circolare.
In questa prospettiva l’ambizioso programma Green Deal lanciato dalla nuova Commissione vuole appunto valorizzare il virtuoso alluminio e le piccole – medie aziende del manifatturiero europeo, ed aggiungo, in gran parte italiane”.
Il nostro è tra i Paesi europei al secondo posto per l’impiego di alluminio in tutte le forme, in assoluto e come consumo pro capite, ma come e di più di altri Paesi siamo molto deficitari di metallo primario. Si pone quindi il problema dell’approvvigionamento di materia prima, perché nonostante l’efficienza di recupero e riciclo di rottame, in particolare in Italia, nei prossimi decenni sarà impossibile coprire il fabbisogno con le produzioni di metallo secondario. Non ritiene che finalmente in EU sia giunto il momento di liberalizzare l’import di metallo grezzo, eliminando per il downstream un extra costo che gli studi dell’Università LUISS di Roma quantificano in circa 1 miliardo di euro all’anno?
“Senz’altro, mai come in questo momento da parte della Commissione EU c’è stata tanta attenzione per la catena di valore dell’alluminio, sia per le grandi qualità del metallo leggero dal punto di vista del riciclo che per l’ampia gamma di applicazioni. Come ho sempre sostenuto, occorre in primo luogo premiare le imprese che si occupano di riciclo, ma anche pensare ai trasformatori come le aziende di laminazione, di estrusione, alle fonderie, ai trattamenti superficiali, a chi produce parti lavorate e componenti o prodotti finiti in leghe leggere, considerando anche l’impulso che si intende dare agli aspetti di sostenibilità ambientale. Come non tener conto che con un dazio UE all’import di metallo di cui abbiamo carenza, quindi una misura realmente incomprensibile, stiamo da anni creando un extra costo irragionevole al nostro downstream? Urgono interventi alla radice, in particolare l’eliminazione del dazio Ue all’import della materia prima, che rappresenta come lei ha sottolineato un costo di oltre un miliardo di euro all’anno per l’industria a valle. Ci rendiamo conto di quanta ricerca e sviluppo (R&D) su impianti, leghe, tecnologie e prodotti potrebbe essere fatta da piccole e medie aziende, risparmiando questo irragionevole dazio imposto ad una materia prima come l’alluminio primario, una materia prima di cui siamo deficitari per circa il 70% del fabbisogno?”
Ritorniamo al Green Aluminium e alle iniziative che si stanno moltiplicando per differenziare l’alluminio primario in funzione dell’impronta di CO2 che ne caratterizza il grado “pulizia” ambientale, dipendente a sua volta dalle caratteristiche tecniche dell’impianto produttivo e dal tipo di energia elettrica impiegata (da combustibili fossili, da gas, idroelettrica, nucleare). Qual è la sua opinione riguardo a questa possibile differenziazione del metallo in funzione dell’impronta di CO2 anche a livello di quotazione in borsa e magari anche come codici doganali?
“Credo che siamo ad un grande punto di svolta, un primo passo verso la decarbonizzazione dei processi industriali per frenare l’inquinamento globale. Nel caso dell’alluminio c’è tutta la volontà di mettere in evidenza che non tutti i tipi di alluminio primario sono uguali, l’impronta di CO2 di un metallo primario cinese è sino a 3-4 volte più alta di quella di un primario prodotto ad esempio da Rusal, il produttore russo che sta proponendo la quotazione LME di alluminio low-carbon, ma anche di quello di altri produttori come la Norvegia ed il Canada, con produzioni da energia idroelettrica, o dai Paesi Golfo con produzioni da energia da gas. E’ interesse di tutti valorizzare le tecnologie e i prodotti più virtuosi, magari con un uso più razionale ed intelligente delle tariffe doganali, premiando in Europa, che ha grave carenza produttiva di alluminio elettrolitico, l’afflusso di metallo virtuoso a bassa impronta e penalizzando quello originato con tecniche complessivamente inquinanti, al contempo valorizzando le produzioni domestiche di alluminio da riciclo”.
Su queste considerazioni di positività e di interessanti prospettive per il futuro del nostro metallo leggero, ringraziamo Maurizio Sala per questo scambio di idee, con l’augurio di buoni successi per la sua Foundry Ecocer e, naturalmente, per l’associazione Amafond.