Un accordo complesso per ritornare a produrre primario in Italia
Dopo sei anni dall’annuncio della chiusura da parte di Alcoa e dopo quattro anni dall’ultima produzione, lo smelter di Portovesme può tornare ad essere l’impianto italiano di alluminio primario.
di Mario Conserva
Nel dicembre del 2017 è stato firmato il protocollo ambientale tra Ministero per lo sviluppo economico (MISE), autorità locali, Invitalia ed Alcoa per interventi di bonifica e reindustrializzazione dello stabilimento di primario di Portovesme. Si tratta di un passo importante che potrebbe restituire all’Italia una filiera completa come merita la storia, il peso qualitativo e quantitativo, il livello tecnologico e la valenza pratica e di immagine del sistema dell’alluminio in Italia, maturo di oltre 100 anni di vita e ricco di conoscenza come pochi altri al mondo. Stando alle notizie, l’iniziativa ha come obiettivo finale l’acquisto da parte di Sider Alloys dello stabilimento che sarà a tale scopo prima venduto da Alcoa a Invitalia, agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, del Ministero dell’Economia. La complessa articolazione del piano è in sintesi imperniata su un accordo di programma Mise, Invitalia, Regione Sardegna per la riattivazione ed il rilancio del complesso industriale ex Alcoa Portovesme, destinato appunto alla produzione di alluminio primario, sostenendo gli investimenti industriali di SiderAlloys Italia, il rafforzamento della struttura produttiva della Regione, con importanti ricadute sul territorio e sull’intera filiera, investimenti complessivi di 135 – 145 € milioni, l’assorbimento di forza lavoro ex- Alcoa. Quanto ai protagonisti, Sider Alloys è una società svizzera di trading di ferroleghe ed altro, guidata da Giuseppe Mannina, un manager che inizia la sua carriera negli anni ’70 alla Finsider, opera in Duferco, tra i più importanti trader di materie prime al mondo, e che all’inizio degli anni 2000 assume la responsabilità di logistica e marketing della grande multinazionale russa Evraz.
Conclusa l’esperienza russa nel corso del 2010 fonda Sideralloys, di cui è attualmente AD, trader internazionale che si occupa della commercializzazione di ferroleghe, metalli base, materie prime ed altre commodities per il mercato siderurgico, dal 2011 anche nel settore dei prodotti a base alluminio e promotrice di importanti progetti per lo sviluppo su base industriale, con un bilancio 2016 che evidenzia ricavi superiori ai 100 milioni di euro. Il progetto di riavvio dello smelter di Portovesme prevede i seguenti passaggi: protocollo ambientale per interventi di bonifica e reindustrializzazione, risoluzione contenzioso tra Alcoa e l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, Master Agreement Alcoa – Invitalia per cessione stabilimento Portovesme. Riguardo agli obiettivi produttivi-occupazionali ed alle tempistiche relative, il progetto ha stimato a regime, con una produzione di 150 mila tonnellate annue di alluminio, un’occupazione di 376 dipendenti diretti e circa 70 indiretti. Circa i tempi, secondo Sider Alloys, a partire dal passaggio dello smelter a Invitalia saranno necessari 6 mesi per cominciare ad accendere le celle; ultimata questa fase, dovrebbero occorrere altri 12-18 mesi per il riavvio definitivo dello stabilimento. Potrebbe essere una vera rinascita, un ritorno pieno di significato, in un mondo comunque molto diverso da cinque anni fa, con la produzione globale di primario in vista dei 65 milioni di tonnellate all’anno, smelter puntati sul milione di t di capacità produttiva, straordinari progressi nelle tecnologie e nei processi. C’è poco altro da commentare, c’è molto da sperare che l’iniziativa sia fattibile e riesca a concretizzarsi al meglio nel quadro complesso di implicazioni, da quelle politico-procedurali, a quelle di fattibilità sociale, ambientale, energetica ed economica, implicite in un progetto del genere. Altri Paesi sono riusciti in condizioni simili alle nostre a farcela, ci sembra che non manchi la volontà politica di arrivare ad una conclusione, e questa è già una grande cosa, speriamo quindi in un finale positivo, anche perché magari è esagerato parlare di valenza strategica per un piccolo smelter da 150 mila tonnellate, ma non c’è dubbio che quell’impianto è una bandiera, è il castello dell’alluminio in Italia.