La visione artificiale per recuperare sfridi e spezzoni
SVS, acronimo di, Sheet/Scrap Vision System, è l’applicazione di visione artificiale che Salvagnini ha introdotto sui propri sistemi di taglio laser come opzione per consentire di riutilizzare gli spezzoni di lamiera ricavandone un dxf da usare come formato di partenza per nestare nuovi pezzi da tagliare direttamente a bordo macchina.
L’efficienza di un processo industriale, qualsiasi esso sia, rimane uno dei traguardi maggiormente perseguiti dalle aziende attraverso la gestione di ogni fase dell’iter lavorativo e di tutti gli aspetti implicati nelle lavorazioni come per esempio la gestione e il recupero degli spezzoni di lamiera. Parliamo di quei residui di lavorazioni precedenti che nessuno rottama per recuperare il materiale e che sono comunemente riutilizzati per le campionature, per rispondere a urgenze di parti di varie dimensioni, in lotti unitari, ma anche per sostituire eventuali scarti nelle lavorazioni a valle del taglio; è una preoccupazione diffusa tra le aziende dotate di un sistema laser.
Un processo piuttosto articolato e dispendioso in termini di tempo
L’esperienza ci insegna che ogni officina organizzi e risolva le prime due fasi del recupero, che sono poi gli aspetti logistici, lo stoccaggio e la catalogazione degli spezzoni, nel modo più adeguato alla strategia produttiva aziendale e ai materiali disponibili: da semplici file di testo in cui sono listati gli sviluppi disponibili alle soluzioni software automatiche per l’inventario degli spezzoni, e dal deposito degli spezzoni sui pacchi di lamiera, all’accatastamento a scaffale fino ad arrivare a soluzioni più raffinate e avanzate di immagazzinamento per i materiali più costosi, come l’acciaio inox, ad esempio. Ma stoccaggio e catalogazione incidono soprattutto su tempi ed efficacia delle attività di recupero, sulla ricerca tra gli spezzoni, che è la terza fase del processo. Infine, l’ultima fase del processo di recupero è la misura degli spezzoni: è necessario ottenerne le dimensioni perché chi si occupa della programmazione, e che generalmente non è in officina ma è in ufficio, riferisca al formato di partenza disponibile per la generazione dei programmi. Insomma, il processo di recupero degli spezzoni si compone di molte fasi, di molte attività che hanno un costo in termini di tempo. E il tempo dedicato alla gestione delle urgenze, o alla produzione di lotti unitari o di piccole dimensioni, ha un peso, un costo, superiore a quello della quotidiana programmazione dell’attività produttiva.
La “visione” per riutilizzare gli spezzoni di lamiera
Proprio nell’ottica di semplificare il processo e di renderlo più efficiente, Salvagnini ha introdotto sui propri sistemi di taglio laser l’opzione SVS, acronimo di Sheet/Scrap Vision System. SVS è un’applicazione di visione artificiale che permette di riutilizzare gli spezzoni di lamiera ricavandone un dxf da utilizzare come formato di partenza per nestare nuovi pezzi da tagliare direttamente a bordo macchina. L’opzione è disponibile in due versioni: SVS1, con una singola telecamera a inquadrare lo spezzone, è dotata di un campo di lavoro 1.600 x 1.500 mm, mentre SVS2, grazie all’utilizzo di due telecamere, ha un campo di lavoro molto più esteso, fino a 3.000 x 1.500 mm.
Stoccaggio e catalogazione incidono soprattutto su tempi ed efficacia delle attività di recupero e sulla ricerca tra gli spezzoni. L’applicazione acquisisce l’immagine dello spezzone, la trasforma in un dxf e la inserisce all’interno del database di STREAMLASER On Machine come un formato di partenza.
Quanta potenzialità nell’ottica dell’efficienza di processo
Ma come funziona SVS? L’operatore deposita lo spezzone di lamiera sul campo di lavoro e attraverso FACE, l’interfaccia uomo-macchina Salvagnini, indica qual è lo spezzone di riferimento – perché sul campo di lavoro potrebbero essercene più di uno. L’applicazione acquisisce l’immagine dello spezzone, la trasforma in un dxf e la inserisce all’interno del database di STREAMLASER On Machine come un formato di partenza. L’operatore procede alla scelta delle parti da produrre, l’applicazione crea in automatico il nesting e compila il programma. A questo punto si passa al taglio vero e proprio: il laser effettua un controllo automatico del corretto posizionamento dello spezzone sul campo di lavoro e infine taglia le parti definite.
E le potenzialità dell’opzione, nell’ottica dell’efficienza di processo, sono davvero interessanti. Con SVS è possibile creare nesting all’interno di più spezzoni: si possono quindi disporre più spezzoni all’interno del campo di lavoro, magari perché abbiamo disponibili diversi spezzoni di piccole dimensioni – e questa possibilità esalta le prestazioni di SVS2. Inoltre, grazie a un’applicazione grafica, è possibile richiamare rapidamente – in modo visivo – i particolari appartenenti a nesting già prodotti e replicabili con SVS. Si tratta di una semplificazione notevole soprattutto pensando alla necessità di produrre, in urgenza, parti prodotte da poco che possono essere state danneggiate durante le lavorazioni a valle o che sono necessarie in quantità maggiori.
Due versioni realmente efficaci
Per capire esattamente quali sono le differenze tra le due versioni dell’opzione, possiamo guardare alle immagini. SVS1 ha un campo di visione, e quindi un campo di lavoro, di 1.600 x 1.500 mm. Questo significa che è possibile posizionare sul campo di lavoro uno o più spezzoni, ma che questi devono essere sempre disposti sul lato sinistro della tavola. SVS2, invece, ha un campo di visione più ampio di 3.000 x 1.500 mm e, con il suo campo di lavoro più esteso, permette una maggiore flessibilità: è possibile utilizzare spezzoni di dimensioni ridotte ma anche spezzoni di grande formato, e di posizionarli praticamente in ogni zona del campo di lavoro. Insomma, i vantaggi economici e di processo garantiti da SVS sono davvero tanti.
E le applicazioni alternative disponibili sul mercato, pur avendo finalità simili, si basano su tecnologie differenti che ne riducono fortemente l’efficacia. I sistemi di visione che assistono il taglio laser, in genere, sono applicazioni di realtà aumentata: non trasformano le immagini degli spezzoni in dxf per generare un nesting completamente automatico. In pratica, rilevano un’immagine dello spezzone sul campo di lavoro e consentono all’operatore di “inserire” manualmente i particolari da produrre all’interno dell’immagine rilevata. Perché gli svantaggi sono evidenti: da una parte, si chiede all’operatore di inserire manualmente le parti una ad una, rinunciando alla possibilità di realizzare un nesting con modalità di riempimento automatico. Dall’altra, e soprattutto, spesso il processo è completamente manuale e privo di controllo dell’errore: in assenza di un dxf nulla inibisce l’operatore dal posizionare l’immagine del particolare da produrre al di fuori della sagoma rilevata dello spezzone.