Il componente più importante del robot: l’umano

Quali sono i benefici che i robot portano con sé? Qual è il ruolo dell’umano in questa relazione/collaborazione, e come viverla serenamente? Di questo e di molto altro si è parlato il 14 novembre 2019 al convegno targato Messe Frankfurt “Robot e automazione: le sfide per l’integrazione”, dove i “robottari” hanno avuto l’occasione di confrontarsi sulle tematiche più calde del settore, e di parlare delle opportunità e delle sfide che riserva il futuro.

di Rossana Pasian

“Robot e automazione: le sfide per l’integrazione”: questo il titolo dell’incontro, organizzato da Messe Frankfurt alla sede del Sole 24 Ore di Milano, del 14 novembre 2019, dove i player del mondo della meccatronica e della robotica si sono riuniti per parlare delle sfide, dei successi e sulle opportunità che li vede protagonisti.
Dopo un 2018 molto vivace, che ha visto un +27% nel settore della meccanica strumentale, il 2019 è stato all’insegna dell’incertezza, e non ha replicato gli stessi numeri dell’anno precedente: anzi, è stato registrato un freno agli investimenti e alla crescita. Questo non significa che non ci sia margine di espansione: secondo i dati di Messe Frankfurt, tra il 2020 e il 2022 è stimata una crescita annua del 12%.

L’Italia ha paura della tecnologia?
Nel 2018, l’Italia si è collocata al settimo posto per robot venduti nel mondo e al nono per robot installati. Ma nonostante questi numeri facciano capire l’importanza della robotica per la nostra economia, tra l’altro l’export della meccanica strumentale è il primo del mercato italiano, sembra persista una paura e una diffidenza verso il settore della meccatronica e della robotica, in particolare. Durante la “Conversazione di robotica”, il primo appuntamento dell’evento, Marco Bentivogli, Segretario Generale della Federazione Italiana Metalmeccanici (FIM-CISL) ha ricordato come l’Italia sia ancora un paese “tecnofobo”: “è ancora viva l’idea che la robotica, e la tecnologia in generale, elimini posti di lavoro, ed è quindi da contrastare. Molti imprenditori fanno resistenza addirittura verso sistemi ormai consolidati, infatti 4 su 10 affermano che internet non serva al proprio lavoro. Non aiutano nemmeno giornalisti e governo, che, cavalcando l’onda, trovano nel robot il nuovo nemico di cui parlare e da combattere” ha commentato Bentivogli.
In questo contesto, per Bentivogli “la formazione ha un ruolo cruciale, ma è necessario riformarla e svecchiare i programmi. La scuola deve guardare a quello che succede in real-time nel mondo delle aziende e della ricerca, non necessariamente solo in Italia, per esempio imitando il patto per la scuola digitale fatto in Germania, e bisogna creare programmi di re-skilling per gli over 50, in modo che non rimangano indietro e riescano a rientrare più facilmente nel mondo del lavoro. Ma non solo formazione esterna: è importante – sempre secondo Bentivogli – che le aziende si dotino di skill-monitor interni, per monitorare lo stato delle conoscenze dei propri dipendenti”.
Arturo Baroncelli, Consigliere SIRI, e Paolo Rocco, Membro del Consiglio Direttivo di I-RIM, gli altri due partecipanti alla conversazione, si sono trovati d’accordo con le parole di Marco Bentivogli, sottolineando come sia importante mostrare la collaborazione tra robot e umano e come svilupparla. Arturo Baroncelli ha portato i dati statistici del comparto robotica in Italia da cui appare evidente che il sentiment degli del settore su AI e robotica è in netto contrasto con il sentire generale in Italia: il 54% dei lavoratori è favorevole a queste tecnologie, e all’interno di questa percentuale il 48% non lavora in aziende robotizzate, ma è favorevole al loro utilizzo. Perché questo? Perché, come ha detto Paolo Rocco, il robot è in grado di compensare la fatica, essere d’aiuto negli assemblaggi collaborativi, migliorare la sicurezza dell’operatore: robotica intelligente e collaborazione sono qui i due concetti chiave. Avere ben chiaro quali sono i compiti del robot e quali quelli dell’operatore umano, perché collaborino a favore dell’uomo, e non viceversa.

Il focus sul packaging
A questa conversazione, è seguita la presentazione dei risultati dello studio “Mappatura sulle sfide e le potenzialità della robotica in ambito industriale: focus packaging in ambito pharma e beauty”, a cura di Giambattista Gruosso, Professore del Politecnico di Milano; la presentazione ha visto la partecipazione di Davide Burratti, Research & Development Manager di OCME, e Luca Favero, Automation Engineering Group Coordinator di Marchesini Group. Lo studio ha rilevato come l’impiego della robotica in Italia veda, subito dopo la lavorazione dei metalli e l’automotive, il mondo del food e del pharma. Il 38% delle imprese intervistate utilizzano i robot per il packaging, seguito dal 31% per la produzione macchine e un altro 31% che li utilizza per altre operazioni. Un dato molto interessante è il dove/come vengano utilizzati: non tanto nei reparti di ricerca e sperimentazione, ma nel 56% dei casi sono presenti in modo massivo su linee e processi, a prova del fatto che le aziende ne stanno comprendendo i benefici, anche se l’utilizzo della tecnologia tradizionale supera di gran lunga quella collaborativa. Guardando nel dettaglio le specializzazioni, si va dall’assemblaggio di prodotti, alla manipolazione e pallettizzazione a fine linea.
Ma l’intelligenza artificiale, sottolinea Luca Favero, sta diventando sempre più importante: ben 3 aziende su 4 dichiarano di integrare algoritmi di AI in sistemi robotici e macchinari. Marchesini Group, per esempio, è riuscita a sincronizzare i robot con le macchine, soprattutto per il pick&place e la manipolazione, così da rendere più fluido e veloce il processo.
La flessibilità e la collaborazione coi robot è importante per migliorare l’ergonomia e la salute degli operatori: questo è ciò che pensa Davide Burratti, che ha sottolineato che anche per questi fattori OCME ha scelto di inserire i primi robot già tra gli anni ’80 e ’90. Possono automatizzare certi processi, sgravare l’operatore da attività ripetitive e da quelle con velocità medio-veloci, quindi rischiose. Ancora quindi l’idea dell’uomo al centro, della collaborazione della robotica per l’uomo, e dell’inutilità della paura verso essa.

L’umano è il punto cardine della robotica
Nella seconda parte dell’evento si svolte due tavole rotonde, dove i cosiddetti “robottari”, ovvero i vari costruttori di robot presenti nel nostro paese, hanno potuto confrontarsi e presentare ciò che stanno facendo. La prima ha visto coinvolti Michele Pedretti di ABB, Pier Paolo Parabiaghi di Fanuc, Alberto Pellero di Kuka, Alessio Cocchi di Universal Robots e Alessandro Redavide di Yaskawa Italia; alla seconda hanno invece partecipato Marco Busi di Comau Robotics, Marco Filippis di Mitsubishi Electric Europe, Marco Spimpolo di Omron Electronics e Flavio Marani di Tiesse Robot – Kawasaki Robotics.
Ancora una volta è stata ricordata l’importanza di mantenere l’uomo al centro e della formazione di nuove skill per far fronte alle trasformazioni digitali e meccatroniche. Alcune aziende, infatti, si stanno dotando di academy interne, come la sede torinese di Yaskawa Italia, che dà supporto non solo ai clienti e ai tecnici interni, ma anche agli studenti, come ha ricordato Alessandro Redavide. Michele Pedretti ha messo l’accento sul bisogno di tecnici specializzati in grado di supportare i clienti: un’elevata formazione risulta quindi imprescindibile.
Sia Pier Paolo Parabiaghi che Alessio Cocchi erano d’accordo sulla robotica come miglioratrice della sicurezza e dell’ergonomia, soprattutto nel settore dell’assemblaggio, dove può migliorare la qualità del lavoro degli operatori e limitarne le malattie e gli incidenti.
Anche nella seconda tavola rotonda è stato centrale il concetto di sicurezza legata alla robotica: Flavio Marani parla appunto di Safe Robotics, cioè la robotica basata su sensori di sicurezza. Anche per Marco Filippis questa gioca un ruolo fondamentale nella collaborazione coi robot: devono adattarsi a condizioni circostanti sempre mutevoli, senza arrecare danno all’uomo. Altre cose di cui tener conto per la sicurezza sono la manutenzione predittiva e l’analisi dei dati, che possono aiutare a prevenire le problematiche mantenere sicuro il sistema. In questo senso, Marco Spimpolo parla, più che di collaborazione, di armonia tra uomo e macchina: è fondamentale che riescano a convivere in modo equilibrato e con sintonia, questo perché il robot sta assumendo nuovi ruoli all’interno della vita industriale e quotidiana, ma anche nuove forme. Marco Busi ha raccontato come Comau abbia messo i robot sull’uomo, creando degli esoscheletri per supportare il lavoratore e diminuirne la fatica.
Resta sempre centrale l’uomo e la human-manufacturing: semplificare il lavoro, ma preservando la conoscenza umana. Per esempio, Flavio Marani ha svelato come in Kawasaki ora i robot sono in grado di apprendere dall’uomo, soprattutto sulle linee di assemblaggio, e a sua volta può programmare altri robot: senza la conoscenza umana, però, nulla di tutto ciò è possibile.

Sfide e opportunità per il 2020 e gli anni a venire
Il futuro, nonostante il momento di rallentamento, è pieno di nuove possibilità per la robotica, e soprattutto di nuove applicazioni. Marco Spimpolo ha raccontato l’importanza sempre più forte che sta assumendo nell’intralogistica, soprattutto nei magazzini con molto materiale dove i robot mobili possono far risparmiare tempo nella ricerca e nel trasporto. Questa applicazione sta avendo successo anche negli uffici, dove piccoli robot mobili possono trasportare i documenti e i faldoni da un impiegato all’altro. Ma anche le applicazioni nella microbiologia, ancora una volta legate al tema della sicurezza: possono dare supporto nella validazione delle analisi, eliminando l’errore umano, e soprattutto eliminano totalmente il rischio di contaminazione batterica.
Concludendo, le sfide sono ancora tante, non solo per migliorare la relazione uomo-macchina, ma anche per far comprendere che questa relazione è possibile e non toglie nulla all’uomo.

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