Intelligenza artificiale: l’Italia è in ritardo
Uno studio condotto da Roland Berger, in collaborazione con Asgard, ha evidenziato che l’Italia occupa il penultimo posto per numero di startup attive nel settore dell’Intelligenza Artificiale a livello mondiale. La società di consulenza tedesca ha passato al setaccio le informazioni di oltre 3.400 startup appartenenti a 26 settori differenti. Con soltanto 22 startup all’attivo, l’Italia occupa la 19esima posizione nella classifica dei Top 20 Paesi al mondo per numero di startup nel settore dell’Intelligenza Artificiale. La classifica è dominata dagli Stati Uniti, con 1.393 startup all’attivo. A seguire la Cina (383), Israele (362), UK e Canada.
Una questione europea
Secondo Andrea Marinoni, senior partner di Roland Berger, “è evidente che nessun Paese in Europa abbia la necessaria massa critica in materia di Intelligenza Artificiale al contrario di Stati Uniti, Cina e Israele. Di certo non l’Italia, penultima nella graduatoria per numero di startup, ma nemmeno Francia e Germania, rispettivamente settima e ottava nel ranking mondiale”. L’Europa, insomma, non è stata ancora in grado di adottare soluzioni AI in settori chiave quali l’energia, l’automotive, le costruzioni, l’agricoltura e la pubblica amministrazione: contro ogni aspettativa, tecnologie su robotica, l’IoT e guida autonoma sono sotto rappresentate in Europa nonostante il peso dei settori tradizionali di riferimento.
Ripartire dalla formazione
Sempre secondo Roland Berger, uno dei principali motivi per il quale l’Italia si trova in fondo alla classifica per numero di startup attive nel settore AI è dovuto all’assenza di una formazione adeguata e in grado di fornire ai giovani gli strumenti necessari per affrontare al meglio i lavori del futuro. “Per creare una circolarità virtuosa e realizzare nel tempo un nostro ecosistema AI è necessario incoraggiare le nostre aziende campioni nazionali a investire in nuove tecnologie attraverso il corporate venture capital creando e celebrando storie di successo che mettano al centro i nostri talenti che così saranno incentivati a puntare sul nostro Paese; anche gli imprenditori digitali stranieri devono trovare nell’Italia il luogo ideale dove si può coniugare innovazione e senso del bello ovunque”. In questo modo, prosegue Marinoni, “potremo attrarre la finanza necessaria e nel tempo consolidare in Italia una vocazione all’impresa del futuro incentrata su AI che dovrà comunque accompagnarsi con un rinnovamento del sistema educativo, non più al passo con i tempi”.