Meccatronica e 4.0 Come cambia l’assemblaggio in Italia
Comprendere il settore dei costruttori di macchine e sistemi per l’assemblaggio dal punto di vista dei numeri, ma anche analizzare le principali tendenze in termini di tecnologia e mercato. Con questi obiettivi, e con la collaborazione di AIdAM, il prof. Giambattista Gruosso del Politecnico di Milano ha condotto un’indagine che traccia il profilo di un comparto “molto vivace, continuamente in crescita e ricco di aspettative”.
di Fabrizio Dalle Nogare
L’indagine “Analisi dei fabbisogni tecnologici del comparto macchine di assemblaggio”, condotta dal team di Giambattista Gruosso, professore del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, ha coinvolto un campione di 34 aziende associate AIdAM, tra costruttori di macchine e produttori di componenti per l’assemblaggio. Sono stati molti gli spunti interessanti che lo studio – presentato lo scorso maggio al Kilometro Rosso di Bergamo – ha offerto.
Ne abbiamo parlato proprio con il prof. Gruosso.
Quali sono gli elementi che vi hanno spinto a definire vivace e ricco di aspettative il settore dell’assemblaggio in Italia?
Innanzitutto, l’analisi dei bilanci depositati e riferiti al periodo 2007-2016, che tengono conto non solo del fatturato, ma anche di numero dei dipendenti, spese in R&S e redditività delle aziende. Questi mostrano che il settore ha sofferto sì la crisi del 2008 ma ha visto gli indicatori aumentare a partire dal 2011, superando i livelli pre crisi.
Specialmente le aziende più strutturate hanno saputo investire in tecnologia e trovare soluzioni tecniche innovative puntando sulla meccatronica e, più di recente, sulla digitalizzazione della produzione.
Innovare per superare più in fretta il periodo di crisi, insomma…
C’è chi ha saputo farlo, sviluppando innovazioni che poi sono state catalogate come “Industria 4.0”. Questa categorizzazione ha permesso alle aziende del settore dell’assemblaggio di standardizzare e capitalizzare soluzioni e processi implementati per un particolare progetto. La formalizzazione del 4.0 ha di fatto creato una cultura nuova, consentendo specialmente ai costruttori di macchine di riutilizzare queste soluzioni in più progetti.
L’indagine consta di una parte più economica e di una che riguarda più da vicino le tecnologie. Con riferimento all’analisi dei bilanci, quali sono gli aspetti che più caratterizzano il settore?
La redditività delle imprese medio-piccole pare essere più elevata rispetto a quella delle imprese più grandi, anche grazie al ricorso a tecnologie che aumentano l’efficienza della produzione.
Sia le imprese più strutturate che le PMI, poi, hanno incrementato i patrimoni e gli investimenti, anche prima che entrasse in vigore il Piano nazionale Industria 4.0.
Passando all’aspetto prettamente tecnologico, una delle questioni più sentite riguarda la coesistenza di tecnologie pneumatiche ed elettriche nei sistemi di movimentazione o di presa. Le aziende intervistate hanno espresso interesse verso le soluzioni elettriche?
Soluzioni pneumatiche ed elettriche convivono oggi sulle macchine di produzione, e su quelle di assemblaggio in particolare, anche se l’aria compressa resterà la tecnologia di riferimento per certe operazioni: penso alla delicatezza e alla precisione che le ventose garantiscono nel contatto con materiali delicati.
Nell’indagine abbiamo chiesto un’opinione sulle tendenze future e la risposta è stata chiara: il futuro dovrebbe essere sempre più elettrico, anche perché stanno assumendo una rilevanza maggiore fattori come la rumorosità, l’impatto delle perdite d’aria sull’efficienza energetica di un impianto o, ancora, la compattezza di una macchina, al fine di ridurne l’ingombro.
La tecnologia elettrica, generalmente, va incontro a questo tipo di esigenze.
Si parla molto di intelligenza artificiale, analisi dei dati, robotica avanzata. Crede che ci sia la giusta consapevolezza delle opportunità che questi nuovi scenari possono offrire?
Dipende fortemente dalle dimensioni dell’azienda: tra quelle medio-grandi ci sono realtà che hanno investito molto, per esempio, in sistemi di analisi dei dati. Un altro elemento dirimente è la filiera a cui è destinato l’impianto: nell’automotive, per esempio, spesso lo stabilimento ha già la necessità di scambiare dei dati con la macchina. Altre filiere sono meno esigenti in questi termini.
Quali sono i principali limiti alla digitalizzazione delle imprese del settore?
Formazione non adeguata, cambiamento culturale non pienamente avvenuto, dimensione ridotta delle aziende. La formazione dei tecnici, in particolare, non dovrebbe essere settoriale ma piuttosto trasversale. Dall’indagine è, infatti, emerso il problema della sostituzione delle risorse: è necessario favorire uno scambio culturale molto più ampio all’interno delle realtà produttive, in modo che sia più facile ricollocare le risorse interne.