Star bene in fabbrica, grazie (anche) ai robot

Stando alle esperienze dirette di alcuni imprenditori che utilizzano ogni giorno i robot nelle loro fabbriche, ma anche ai risultati di un’indagine condotta di recente dalla Doxa, sembra esserci una correlazione positiva tra robotizzazione di fabbrica e miglioramento delle condizioni di salute degli operatori. SIRI, PubliTec e Fondazione UCIMU hanno organizzato su questo tema un convegno che ha permesso di affrontare il tema sotto molteplici punti di vista.

di Leonardo Albino

Lo scorso 7 novembre, SIRI (Associazione Italiana di Robotica e Automazione), PubliTec e Fondazione UCIMU hanno promosso presso la sede di UCIMU – Sistemi per Produrre a Cinisello Balsamo (MI) un convegno dal titolo “Robot, salute e benessere. L’impatto dell’automazione industriale 4.0 sul lavoro nelle fabbriche”. Obiettivo fondamentale dell’incontro era identificare le ricadute della sempre più marcata robotizzazione di fabbrica sulla salute e sul benessere di chi, in fabbrica, lavora quotidianamente. Si è scelto di farlo coinvolgendo quattro imprenditori attivi nel settore manifatturiero e utilizzatori di robot, ma anche facendo un passo in più, e cioè interpellando esperti di medicina, sociologia, ricercatori e altre figure professionali in grado di offrire una prospettiva diversa e interessante.
Ciò che è emerso, in estrema sintesi, dalle parole di Antonio Bevacqua dell’azienda San Grato High-Tech Forging (stampaggio, San Grato Canavese, TO), Raffaele Colleoni delle Fonderie Mario Mazzucconi (fusione e lavorazione dei metalli, Ponte San Pietro, BG), Carlo Gai della Gai Macchine Imbottigliatrici con sede a Cappelli (CN) e Matteo Vailati di Intercos Group (cosmetica, Agrate Brianza, MB) è che i robot installati nelle linee di produzione delle loro aziende – dai collaborativi ai robot di saldatura e movimentazione ad alto payload – hanno dato risultati positivi in termini di incremento della produttività, aumento dell’occupazione e, dato per nulla trascurabile, netto calo degli infortuni sul lavoro. In alcuni casi, gli eventi avversi riguardanti gli operatori si sono praticamente azzerati grazie al fatto che sono i robot a occuparsi delle mansioni a più alto rischio.

L’indagine Doxa sull’impatto dell’automazione sul lavoro
Dell’impatto di robot e automazione industriale sul lavoro si è occupata anche la Doxa, che con Massimo Sumberesi, Head of Doxa Marketing Advice, ha presentato uno studio condotto la scorsa primavera sia su un campione di manager/imprenditori che su un campione di dipendenti. I risultati mostrano un sentimento sostanzialmente favorevole sia tra manager e imprenditori che tra i lavoratori, con differenze importanti tra chi opera in un contesto di robotizzazione e chi, invece, non ne ha esperienza. Il contatto con i robot o i sistemi di intelligenza artificiale ne mette evidentemente in luce gli aspetti positivi, ed è interessante notare come le ricadute dell’automazione sull’attività lavorativa siano considerate in modo più positivo tra gli operai (78%) che tra gli impiegati (60%) o i quadri (66%). Il bilancio, comunque, è decisamente positivo per entrambe le categorie.

La percezione diffusa di un miglioramento della sicurezza
“Dall’indagine – ha aggiunto Massimo Sumberesi – emerge un saldo positivo tra aziende che hanno aumentato il numero dei dipendenti e quelle che lo hanno visto diminuire in seguito all’introduzione di robot o sistemi di intelligenza artificiale. Inoltre, le realtà che hanno investito in robotica dichiarano generalmente che intendono proseguire su questa linea anche in futuro”.
Il quadro, dunque, sembra piuttosto delineato e incoraggiante e può certamente contribuire al superamento di alcuni pregiudizi: solo il 16% dei lavoratori si dichiara contrario all’uso dei robot, quota che scende sotto il 10% tra i dipendenti di aziende già robotizzate. Circa il 30% delle aziende attive in Italia utilizzano sistemi, soluzioni e processi basati sull’impiego dei robot. Di queste, quasi 1/3 ha aumentato il numero di dipendenti, mentre appena il 5% dichiara di aver ridotto in modo significativo il proprio personale. Oltre il 70% dei lavoratori dichiara di aver notato un miglioramento delle condizioni di sicurezza sul lavoro.

“L’operaio aumentato” e i suoi livelli più alti di soddisfazione
Il professor Massimo Pagani della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport dell’Università degli Studi di Milano ha affrontato l’argomento sotto l’aspetto della gestione dello stress. I robot non sono – secondo il professore – da considerarsi come “stressor”, cioè come elementi che generano stress producendo effetti sulla salute, bensì come una opportunità per favorire il cambiamento e, di conseguenza, il miglioramento della propria condizione lavorativa in termini di salute e di benessere. Un altro accademico, il professor Lino Codara, docente di Sociologia dell’organizzazione all’Università di Brescia, che si è focalizzato sul rapporto esistente tra automazione industriale 4.0 e qualità del lavoro, considerata la connessione stretta (anche se non univoca) tra quest’ultimo concetto e quello di benessere.
“Rendendo disponibili ai lavoratori maggiori informazioni e offrendo loro strumenti di comunicazione rapida, le moderne tecnologie – ha detto – favoriscono il ridisegno delle mansioni, il ridimensionamento delle gerarchie di basso livello (perché si instaurano forme di comunicazione diretta tra gli operai e le funzioni aziendali, saltando i capi intermedi) e forme di coordinamento di tipo orizzontale. Oggi si parla, a tal proposito, di un “operaio aumentato”, cioè un operaio creativo, coinvolto, responsabile, in grado di gestire dati, di affrontare il problem solving e di collaborare direttamente con i responsabili delle funzioni di staff (logistica, manutenzione, ecc.), cioè, in sintesi, capace di svolgere un lavoro intelligente”. Le ricerche sul campo mostrano come in queste realtà i lavoratori dichiarino anche livelli più alti di soddisfazione.

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