IoT: potenzialità e benefici
Il secondo evento del ciclo I4.0@DEIB, tenutosi al Politecnico di Milano, ha contribuito a far luce sull’Internet of Things, cruciale nel processo verso la fabbrica interconnessa. Un cambiamento di prospettiva che coinvolge l’intera filiera
di Fabrizio Dalle Nogare
L’Internet of Things (IoT), o Internet delle cose, è la tecnologia che consente agli oggetti di rendersi riconoscibili, comunicare dati su se stessi e accedere a loro volta a informazioni. Le applicazioni industriali sono tra i principali sbocchi di questa tecnologia, tanto che si parla di Industrial Internet of Things (IIoT). Il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano (tra le istituzioni accademiche più attive, non solo a livello nazionale, su questo tema) ha promosso un dibattito che ha coinvolto esponenti del mondo accademico, rappresentanti del settore IT e delle aziende manifatturiere. “L’avvento dei servizi cloud ha senza dubbio dato un impulso all’IoT – ha detto il professor Matteo Cesana del DEIB – e allo sviluppo di dispositivi intelligenti, dotati di sensori, che possono trovarsi sia sul corpo umano (pensiamo ai dispositivi wearable) sia sulle macchine. Più che interconnettere i sistemi di fabbrica, l’IIoT ha lo scopo di agevolare l’acquisizione e lo scambio di dati”.
Di sicuro, secondo il professor Cesana, la complessità degli scenari che l’IoT comporta impone una sinergia sempre più forte tra università e imprese.
Raccogliere i dati e analizzarli per generare valore aggiunto
Per questa ragione, alcuni rappresentanti di imprese sia IT che manifatturiere si sono confrontati sull’argomento e hanno esposto i loro punti di vista, dando vita anche a una tavola rotonda nella parte finale dell’evento. “Oggi è sempre più evidente la necessità assoluta di formazione, anche per gestire l’enorme mole di dati generati dagli oggetti: il fatto di raccogliere dati non assicura valore aggiunto, bisogna che da quei dati si riesca a generare qualcosa, dei benefici”, ha spiegato Andrea Benedetti di Microsoft. “La suite IoT di Microsoft, Azure, è stata pensata per essere sicura, rapida, aperta e scalabile”.
Alberto Olivini di Siemens, azienda che ha sviluppato la piattaforma Mindsphere, si è concentrato sulle potenzialità dell’IIoT nella digitalizzazione della produzione. “Che benefici può trarre un costruttore di macchine dall’IIoT? Migliorare la manutenzione e offrire servizi prima impensabili, dando per esempio indicazioni al cliente finale, in tempo reale, sullo stato della macchina; ma si può anche dar vita a nuovi business model e influire su ricerca e sviluppo”.
Le prossime evoluzione dell’IoT
Luca Arduini di SuperMicro, azienda americana attiva nell’ambito dello storage informatico, si è concentrato sullo sviluppo di sistemi hardware per cloud e IoT, introducendo una tecnologia alternativa al cloud, cioè l’edge computing: un insieme di device che, installati localmente, permettono di implementare analisi di dati, appunto, a livello locale. Il punto di vista di Bosch Rexroth, rappresentata al convegno dall’IIoT Specialist Andrea Damiani, è quello di una realtà che produce internamente molte delle tecnologie che abilitano a Industry 4.0 e che punta sul concetto di intelligenza distribuita, definita da Damiani come “un’idea che non comprende solo i componenti elettronici, ma anche l’integrazione, per esempio quella tra operatori e AGV. Un concetto che include, insomma, anche e soprattutto le persone”. Alfredo Drago di Ansaldo STS ha quindi offerto il punto di vista dell’azienda, attiva nella realizzazione di sistemi di trasporto su rotaia, che utilizza tecnologie come l’IoT. “L’applicazione dell’IoT sui treni consente, per esempio, il monitoraggio in tempo reale di qualsiasi componente per controllarne lo stato” ha detto, aggiungendo anche un piccolo elenco di aspetti che possono ostacolare l’applicazione dell’IoT. A partire dal costo talvolta elevato dell’implementazione di modalità di raccolta dati, quanto meno in ambito ferroviario, fino a questioni come sicurezza, disponibilità dei dati stessi o difficoltà nel reperire quelle figure – pensiamo ai data specialist – che possano analizzare i dati per generare valore aggiunto.