Potenzialità e incognite del 2023
Recessione, materie prime, energie alternative, geopolitica? In un’epoca di grandi incertezze, bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno. Durante l’ultima assemblea G.I.S.I. si è fatto il punto della situazione, per chiudere il 2022 e guardare al futuro.
di Claudia Dagrada
Si è parlato di temi caldi durante l’ultima assemblea ordinaria dei soci G.I.S.I. lo scorso novembre. Il presidente dell’associazione, Roberto Gusulfino, ha presentato il quadro generale del mercato della strumentazione italiano, e le previsioni per la fine di questo 2022. Il clima è di crescita (+7/10%) con ottimi risultati per le esportazioni, e un buon andamento anche per il mercato interno. Ma restano le ombre che ci accompagnano da tutto l’anno: problemi di consegna dovuti alla disponibilità dei materiali, l’ingolfamento delle fabbriche per l’aumento degli ordini, il caro energia e materie prime, l’inflazione, il blocco dei progetti in Russia nei settori O&G e petrolchimico.
Per il 2023 si teme quindi una recessione per l’incertezza geopolitica, e una riduzione degli investimenti per i rincari di cui abbiamo appena parlato. Dall’altra parte però fanno ben sperare gli investimenti nella transizione energetica (gas naturale, biometano, LNG, idrogeno) e nella sostenibilità ambientale.
Uno sguardo agli scenari economici
E per quanto riguarda invece la situazione macro economica, in cui operano le imprese G.I.S.I.? È stato fatto il punto col Professor Gianpaolo Vitali del CNR-IRCrES, partendo dallo scenario mondiale. Con una recessione data ormai per certa per il 2023, la domanda è: sarà lieve o più significativa? La notizia positiva è che non si parla di crolli paragonabili a quelli del 2008 e 2020. È attesa una recessione tecnica (si definisce “tecnica” quando il PIL risulta negativo per due trimestri di seguito) per il quarto trimestre 2022 e per il primo di quest’anno.
Una delle cause è l’inflazione, ma dopo i picchi della prima parte del 2023 è destinata a calare. Resta comunque il problema del costo dell’energia. Se l’inflazione si riducesse poco, le politiche monetarie saranno ancora restrittive, coi consueti effetti negativi sugli investimenti e il debito pubblico.
Parlando invece di economia italiana, abbiamo registrato un record di attività nel 2021. Il problema del 2022 è stato però il rallentamento che si è venuto a creare, allontanando i settori che vanno bene da quelli a rischio. Si prevede però una recessione lieve, grazie principalmente all’edilizia, alle esportazioni ai massimi storici, e all’impatto positivo dal PNRR. In questo quadro ottimistico però, le incognite sono le stesse: la politica più o meno restrittiva della BCE, e il caro energia.
Le potenzialità dell’idrogeno
Molto atteso durante l’assemblea è stato l’intervento di Cristina Maggi, Direttrice dell’Associazione Italiana Idrogeno e Celle a Combustibile – H2IT. Quali sono le opportunità offerte dall’idrogeno nell’industria italiana? È un settore ancora acerbo, ma con potenzialità importanti per il prossimo decennio.
In primis l’idrogeno è una soluzione chiave, insieme ad altre tecnologie complementari, per la decarbonizzazione di diversi ambiti massimizzando l’utilizzo di fonti rinnovabili. In secondo luogo è un’opportunità economica per l’Italia, che potrebbe posizionarsi come un Paese competitivo a livello europeo e internazionale con competenze specializzate ed esperienze consolidate. Infine, l’idrogeno potrebbe garantirci un ruolo strategico, dovuto alla posizione geografica e agli asset presenti lungo il territorio nazionale.
L’idrogeno è una parte importante dello scenario Net Zero 2050 IEA, ma questa è solo una parte del puzzle. Entro il 2030 potrà rappresentare il 2% dei consumi finali e nel 2050 il 10%. Includendo la produzione di idrogeno on site nell’industria, le percentuali si trasformano rispettivamente in 4% e 13%.
Iniziative europee e italiane
Se ne è fatta di strada dal Meeting di Davos nel 2016, in cui prende forma l’Hydrogen Council, un’iniziativa globale rivolta all’industria e con una visione a lungo termine per l’idrogeno verso la transizione energetica.
In Europa nel 2019 l’idrogeno entra fra i temi delle Strategic Value Chains su cui si valuta il supporto agli IPCEI (Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo, sovvenzionati però dallo Stato stesso). L’anno successivo è la volta dell’Hydrogen Strategy (idrogeno come vettore energetico per la decarbonizzazione) e della Clean Hydrogen Alliance. Nel 2021 viene pubblicato il pacchetto Fit for 55 (-55% di emissioni di CO2 entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990). E lo scorso anno, l’idrogeno è diventato il vettore energetico chiave per il programma europeo REPowerEU. L’obiettivo è l’indipendenza energetica, in primis dai combustibili russi entro il 2030, e la diversificazione delle fonti.
Per quanto riguarda l’Italia, dal 2019 l’idrogeno è incluso nel Piano Nazionale Energia e Clima – PNIEC. Dal 2020 poi abbiamo pianificato le linee guida per la nostra strategia sull’idrogeno (ogni Paese europeo ha la propria). Fra i vari obiettivi chiave per il 2030: una penetrazione del 2% circa dell’idrogeno nella domanda energetica; fino a 27 miliardi di euro di aggiunta al PIL; la creazione di oltre 200.000 posti di lavoro temporanei e fino a 10.000 di posti fissi. In tutto questo, il PNRR ha destinato 3,64 miliardi all’idrogeno. Attualmente l’Italia è uno dei maggiori produttori europei.
La filiera nazionale dell’idrogeno
Il nostro Paese può posizionarsi strategicamente in tutti i segmenti di riferimento del settore dell’idrogeno, dalla produzione all’impiego finale nella mobilità, nell’industria e nella produzione di energia e calore. La filiera comprende imprese che si occupano di: produzione, logistica, trasporto, distribuzione e stoccaggio dell’idrogeno, sviluppo di tecnologie, componentistica e servizi come testing, certificazione, modellazione e ingegneria.
La filiera nazionale può coprire tutte le tecnologie e le diverse tipologie di produzione. Parliamo in particolare di elettrolisi (su cui l’Italia punta maggiormente) e impianti di SMR (“Small Modular Reactors”).
Per quanto riguarda in particolare l’utilizzo finale dell’idrogeno, in termini di mobilità parliamo di infrastrutture di rifornimento, veicoli stradali, treni e navi. A livello industriale invece i protagonisti sono: l’industria “hard to abate”, quella con la più alta impronta carbonica; la componentistica industriale per sistemi per l’industria, dalle turbine hydrogen ready ai forni e bruciatori, fino ai CHP industriali e alle caldaie; il residenziale, in cui l’idrogeno al momento è ancora poco utilizzato ma comincia gradualmente a inserirsi.