Energia: la sostenibilità della fissione nucleare

I nuovi reattori di IV generazione basati sulla fissione nucleare offrono caratteristiche di sostenibilità tali, da renderli competitivi rispetto ad altre soluzioni di produzione energetica. Facciamo il punto fra benefici, criticità ed evoluzioni in atto.

di Valerio Alessandroni

Come è noto, la fissione nucleare è un processo basato sulla disintegrazione dell’atomo, generata dall’urto fra un neutrone e nuclei di atomi molto pesanti (fissili, come l’uranio o il plutonio) che si rompono in frammenti più piccoli, e producono neutroni che possono a loro volta provocare altre fissioni, innescando reazioni a catena. Come ci ricorda ENEA in un recente studio, i frammenti di fissione generano energia cinetica che si trasforma in calore, cioè in energia termica, utile per produrre vapore con cui alimentare una turbina e ricavare energia elettrica. La fissione di 1 g di uranio produce un quantitativo di energia pari a quella ottenibile dalla combustione di circa 2.800 kg di carbone. Il problema è che il processo di fissione comporta anche la produzione di rifiuti radioattivi, che necessitano di centinaia di migliaia di anni per diventare innocui.

Il nucleare di IV generazione

I reattori nucleari a fissione sono generalmente classificati per “generazione”, sulla base delle caratteristiche chiave che hanno determinato lo sviluppo e il loro impiego a livello industriale. Le prime tre generazioni derivano da progetti inizialmente proposti per la propulsione navale, soprattutto militare, alla fine degli anni ’40. I reattori di IV generazione, tra cui i reattori veloci refrigerati a piombo (Generation IV – Lead-cooled Fast Reactor – LFR) sono il vero punto di svolta, e attraggono un sempre maggiore interesse. Questa tipologia di reattori rappresenta la quasi esclusività delle attività di ricerca e sviluppo nel settore in Italia. La fondamentale differenza dei reattori LFR di IV generazione rispetto a quelli attuali è un sistema refrigerante che utilizza piombo invece di acqua; grazie alle caratteristiche fisiche del piombo, è possibile garantire la presenza del refrigerante in qualsiasi condizione incidentale e garantire un nucleare civile sostenibile, sicuro, affidabile e resistente alla proliferazione.

I benefici dei sistemi LFR e i prossimi sviluppi

Le proprietà intrinseche del refrigerante adottato e l’utilizzo di sistemi passivi rende l’impianto estremamente affidabile, semplificando la gestione di eventuali incidenti. In venti anni di studi sui sistemi LFR, non si sono evidenziati scenari incidentali che abbiano determinato la “fusione del nocciolo”. Questi sistemi sono inoltre ideati e progettati per essere semplici e compatti, al fine di ridurre la complessità e le dimensioni dell’impianto, oltre ai costi di approvvigionamento, di installazione e manutenzione. Inoltre, operando a temperature più elevate, garantiscono un rendimento maggiore nella produzione di energia elettrica, possono utilizzare combustibile riprocessato in grandi quantità, rendendo il riprocessamento del combustibile economicamente conveniente (ciclo del combustibile chiuso), e gli elementi in esso contenuti sono tecnicamente inaccessibili (primo fra tutti il plutonio). Tutto ciò garantisce un’elevata sicurezza in caso di eventi incidentali, di attacchi terroristici o di azioni di sabotaggio, poiché il reattore tende spontaneamente a una condizione stabile e sicura. Per concepire e promuovere lo sviluppo di sistemi nucleari di IV generazione e renderli disponibili industrialmente nel prossimo decennio, nel 2001 è stato istituito il Generation IV International Forum (GIF) al quale l’Italia partecipa tramite la rappresentanza dell’Europa. Questi obiettivi sono raggiungibili, nell’arco di 20-25 anni, massimizzando la ricerca nella termofluidodinamica dei metalli liquidi e nella progettazione di nocciolo (la parte che contiene il combustibile).

Small Modular Reactors

A metà strada fra la III e la IV generazione di reattori si pongono due filiere molto interessanti, che possono essere determinanti nel processo di decarbonizzazione già dai prossimi anni: gli Small Modular Reactors (SMR) e gli Advanced Modular Reactors (AMR). Si tratta del cosiddetto “nucleare sostenibile” o nucleare di nuova generazione. Iniziamo presentando i primi. Gli SMR sfruttano la tecnologia dell’attuale flotta LWR (generazione III o III+) su scala ridotta, in una configurazione di tipo a circuito (loop), o in una configurazione integrale (componenti del circuito primario tutti installati nel reactor vessel). Gli SMR possono essere la risposta immediata alle difficoltà tecniche e realizzative delle centrali di III generazione: le dimensioni ridotte (che diminuiscono i costi dei sistemi di sicurezza pur mantenendone immutate le garanzie), la modularità (che permette di realizzare la maggior parte dei componenti in un unico sito industriale, per spedirli successivamente alla zona di installazione), l’armonizzazione, almeno a livello europeo, delle procedure di licensing dell’impianto, sono tutti fattori che consentono di rendere il costo del kWh da nucleare concorrenziale con quello da rinnovabili, nonostante la perdita dell’effetto scala. Resta irrisolta la questione relativa alla produzione di rifiuti radioattivi a lunga vita: gli SMR, infatti, sono raffreddati ad acque e devono utilizzare come combustibile uranio arricchito che a fine utilizzo deve essere gestito come rifiuto.

Advanced Modular Reactors

Gli AMR, derivati dalle tecnologie di IV generazione, utilizzano nuovi sistemi di raffreddamento (ad esempio piombo liquido) o combustibili innovativi per offrire prestazioni migliori, nuove funzionalità (cogenerazione, produzione di idrogeno, soluzioni di gestione dei rifiuti nucleari) e un cambiamento di passo per una più elevata competitività economica, sostenibilità, sicurezza passiva e affidabilità, nonché resistenza alla proliferazione atomica e protezione fisica. Il refrigerante a metallo liquido, che permette di utilizzare in larga parte combustibile riprocessato, è l’innovazione principale dei più promettenti modelli in studio della IV generazione, è una caratteristica propria anche degli AMR: oltre a minimizzare il quantitativo di rifiuti a lunga vita prodotti, l’uso di metallo liquido consente anche altri vantaggi, primo fra tutti la possibilità di utilizzare il calore che viene smaltito (quindi sprecato) nel processo di trasformazione del calore in lavoro tipico di qualsiasi ciclo termico. Infatti, la temperatura alla quale si smaltisce il calore nei reattori raffreddati ad acqua è di poco superiore alla temperatura ambiente, quindi inutilizzabile. Negli AMR raffreddati al piombo liquido, invece, la temperatura di smaltimento del calore è molto alta, e quindi si può utilizzare questo calore residuo per generare idrogeno o per il teleriscaldamento, rendendo così più efficiente lo sfruttamento del calore prodotto dalla fissione nucleare.

Reattori ADS

Una ulteriore evoluzione, portata avanti in parallelo alla IV generazione da alcuni partenariati internazionali, mira a realizzare entro il 2030 i cosiddetti reattori ADS (Accelerator Driven System). In questo caso, per funzionare, il reattore ha bisogno di neutroni prodotti dall’esterno grazie a un acceleratore di protoni. Il livello di sicurezza è molto maggiore, poiché in caso di black- out elettrico (evento più rischioso in assoluto per una centrale nucleare) l’acceleratore smette di funzionare e il reattore, non ricevendo i neutroni necessari, si spegne. In conclusione, si può affermare che a livello mondiale la fissione nucleare potrà dare un contributo alla decarbonizzazione della produzione energetica, fornendo tra l’altro un notevole impulso al settore produttivo: basti pensare che, secondo le stime ENEA, entro il 2035 ci sarà l’installazione di oltre 20 GW e di SMR a livello globale (3% della capacità nucleare totale oggi installata), accompagnata da investimenti in ricerca e sviluppo per 1 miliardo di euro per realizzare reattori “First of a Kind” nel prossimo decennio.