Il Project Management: un’attività indispensabile

Nell’articolo viene illustrato come gestire progetti complessi, ottimizzando risorse e raggiungendo i risultati utilizzando le tecniche di Project Management.

a cura di Lean Plastic Center

Il Project Management è quell’attività principalmente gestionale che organizza e coordina le varie fasi del progetto senza concentrarsi solo sull’aspetto strettamente tecnico. Più in particolare, tende a concentrarsi in maniera predominante sullo sviluppo di un’organizzazione e di un coordinamento manageriale (gestionale appunto) che permette di far dialogare nella maniera corretta le varie attività/team dell’azienda in relazione a uno specifico progetto. Si tratta di coordinare persone e attività in vari ambiti, ad esempio (ma non solo) la progettazione, gli acquisti, le lavorazioni, gli assemblaggi, le operazioni logistiche e così via. Tutte queste attività, e le relative persone, sono da sincronizzare per prevedere una corretta tempistica sia nelle macro sia nelle piccole attività giornaliere, che non devono mai essere sottovalutate. Un progetto può infatti essere molto condizionato dall’aver trascurato attività ritenute banali. Va spesa energia sulle attività più difficili, ma anche su quelle più semplici, organizzandole, sincronizzandole ed eventualmente semplificandole, ove possibile.

Un mix tra pianificazione e previsione del rischio
Sin dall’antichità, l’uomo ha sentito la necessità di sviluppare progetti complessi; il successo dei grandi progetti è sempre stato legato all’unione tra conoscenze tecniche e organizzazione (fasi, materiali, persone…).
Ma esattamente, cosa significa successo del progetto? Il risultato è un mix di vari fattori: il “rispetto dei budget”, delle tempistiche, e l’esatta realizzazione di quanto il committente desidera. In altre parole, un prodotto o un servizio fatto bene, in tempo… e ai costi prestabiliti. Ci sono vari tipi di Project Manager, che in base al calibro si possono misurare con progetti semplici, di media entità, o anche con progetti difficili o molto estesi. I progetti complessi non sono solo dei giorni nostri: basti pensare ai primi esempi di Project Management che si possano immaginare, ad esempio alle Piramidi, al Colosseo… La forza lavoro, il materiale, fare i conti con il meteo, il rispetto di una data di consegna… erano tutti elementi da tenere in considerazione e da organizzare tra loro. Inoltre va segnalato che l’attività di Project Management deve avere che fare sia con il coordinamento degli aspetti tecnici di progetto, sia con l’organizzazione e la miglior allocazione delle risorse (persone, mezzi…). Ma dall’altro anche riuscire a prevedere anticipatamente o comunque gestire gli aspetti che possono andare male. Si tratta quindi di realizzare un mix tra pianificazione e previsione del rischio, e spesso le attività che occupano la maggior parte del tempo del Project Management sono la pianificazione, la gestione del rischio, e la sincronizzazione con la progressione del progetto. Ciascuna di queste fasi prevede di interfacciarsi con il team, di verificare se l’andamento è incline alle previsioni e di gestire il rischio sotto due forme: quello che sta per verificarsi (potenziale) e la gestione delle situazioni fuori controllo già sviluppate. Se la pianificazione iniziale è stata fatta bene e la gestione del rischio è stata sviluppata in maniera corretta, allora probabilmente sono state previste contromisure per ciascuna possibile situazione fuori controllo e per questo la correzione risulta piuttosto semplice e si riesce comunque a tenere il progetto “sul binario” o a contenere il danno.

Un buon Project Management tiene sempre la visione d’insieme
Uno degli errori molto diffusi nel Project Management, e che va assolutamente evitato, è il concentrarsi anzitempo, in maniera eccessiva, sui piccoli dettagli. È un errore molto diffuso che in pratica si manifesta quando il team di progetto si occupa minuziosamente di calcolare o definire alcuni piccoli dettagli del progetto, ad esempio nelle fasi iniziali nelle quali bisognerebbe invece programmare dal punto di vista “macro” il progetto, le fasi, e comprendere tutto ciò che potrebbe andar male. Inizialmente il Project Manager deve essere volutamente superficiale per gestire in maniera adeguata tutte le fasi del progetto, evitando di concentrarsi anzitempo nel micro-dettaglio.
Serve cioè, in altre parole, non perdere mai la visione d’insieme.

Pianificare il progetto
Per la pianificazione dei tempi delle fasi, il Project Management ha a disposizione alcuni strumenti. In particolare, si tratta del PERT e del GANTT. Il primo è uno strumento che progetta la sequenza delle attività e delle fasi che andranno a realizzare il risultato. Il progetto viene suddiviso in queste fasi, che sono collegate tra loro in una sequenza sia lineare sia parallela o intrecciata. Ogni attività viene letta con un input, un output, dei possibili vincoli… e viene collocata nel piano d’assieme del progetto. Va fatto presente che il PERT, tuttavia, non tiene ancora conto della calendarizzazione delle fasi, né tantomeno delle attività di “tracking”, ovvero di consuntivazione di ciò che realmente è successo e sta accadendo a un progetto in evoluzione. Per dare delle risposte a questi elementi, in pratica progredire in avanti con il progetto, ci viene in aiuto il diagramma di GANTT. Si tratta di una realizzazione grafica che integra le fasi, i legami tra loro, il calendario e spesso anche le risorse. In questo modo è possibile realizzare graficamente una mappa del progetto, che attraverso una serie di barre orizzontali esprime la durata delle singole attività e i legami tra queste. La tendenza principale dei progetti, dove possibile, è di poter collassare le fasi in parallelo, comprimendole orizzontalmente. In questo caso si parla di GANTT a “pettine” perché le attività in parallelo ricordano i denti di un pettine. Tuttavia anche le migliori capacità dei più bravi Project Manager difficilmente arrivano a poter collassare un progetto completamente, rendendolo perfettamente “a pettine”. Devono cioè fare i conti con alcuni legami “rigidi”, ad esempio tipici di un’evoluzione progressiva sullo stesso prodotto. Basti pensare a materiali che sono dapprima lavorati, e poi assemblati: in questo caso non è possibile ottenere nello stesso momento due attività parallele di lavorazione e di assemblaggio sullo stesso prodotto. Il percorso critico prevede una sequenza “a cascata” che è rigida e che non può essere ulteriormente collassata. Questo è noto come “percorso critico”, cioè il percorso che vincola in maniera rigida la durata del progetto. È importantissimo per il Project Manager tener conto del percorso critico perché qualora ci fossero dei problemi e ritardi su di esso, immediatamente la durata del progetto ne risente. Probabilmente non sarebbe così grave se ci fossero ritardi su altre fasi in parallelo. I progetti reali sono quasi sempre un mix tra attività in parallelo e attività in sequenza. Per questo motivo un Project Manager sufficientemente preparato deve poter capire dove sia possibile ridurre i tempi e compattare a pettine, e dove sia obbligatoriamente necessario accettare la tempistica a cascata, gestendola però con molta attenzione per prevedere qualsiasi tipo di interferenza o di incidente che possa danneggiarla. In Figura 1 è riportato un diagramma di GANTT relativo a un possibile progetto, nel quale viene evidenziata tipicamente una spiccata configurazione a pettine. È piuttosto raro trovare questo tipo di configurazione, ma certamente i tempi totali possono essere mantenuti brevi rispetto al numero di ore necessarie (Full Time Equivalent) su tutto il progetto, che sono veramente molte rispetto all’impatto temporale sul calendario (cioè alla durata solare). In Figura 2 è invece mostrato un progetto nel quale le fasi non sono più di tanto “collassabili”, e per questo motivo il tempo totale del progetto è certamente molto più esteso rispetto all’ipotesi precedente.

Differenza tra pianificazione e realtà
È molto importante tener conto di quanto sta realmente succedendo, rispetto all’idea iniziale che si aveva del progetto. Per gestire in maniera adeguata un eventuale scostamento di tempistiche (teorico è reale), le tecniche di Project Management sviluppano l’utilizzo di un GANTT previsionale e di un GANTT a consuntivo, detto Tracking GANTT, nato proprio per gestire la progressione del progetto. Si tratta cioè di sapere se tutto sta procedendo correttamente, è capire quando è necessario intervenire. Una delle tecniche spesso usate sia per recuperare i ritardi che in generale per realizzare molto rapidamente un progetto, è il coinvolgimento di più team trasversali. Si tratta di mettere in gioco varie competenze complementari che possano gestire vari ambiti, prevedere tutti i possibili rischi, le relative contromisure, e quando serve attuarle. Ovviamente molte persone significano budget estesi, quindi non sempre è possibile. Va considerato però che più persone significano molta energia e molte competenze complementari: un miglior contributo insomma al progetto.

Lo slack e gli spazi tampone
Infine, se qualcosa nel mio progetto non va nella direzione voluta, ho uno slack di progetto, ovvero “lo scivolone in avanti”: durante la progettazione e/o realizzazione di un prodotto, progetto, servizio… ci può essere qualcosa che può andar male. A questo va attribuito un livello di rischio che in base alla gravità del problema, e delle conseguenze, può portare a elaborare delle contromisure eventualmente messe a fuoco sin dall’inizio del progetto. Questo è uno di quei rischi che il Project Manager deve sempre prevedere nella gestione del suo progetto, anche eventualmente prevedendo sin da subito degli spazi “tampone” che possano essere previsti per un eventuale rischio di ritardo.

I principali strumenti del Project Manager
Vediamo nel dettaglio i principali strumenti del Project Manager a cui abbiamo accennato precedentemente. 1. PERT: lo schema logico. È un diagramma a blocchi delle fasi e dei loro legami (a volte disegno ad albero, eventualmente mixato con il disegno a pettine… e legami tra le varie fasi). È uno strumento assoluto che indica solo i legami tra le fasi e le attività. 2. GANTT: la tempificazione delle fasi. È la derivazione del PERT, e tiene conto dello spazio temporale delle attività. Infatti si va a confrontare con un calendario quanto durano le attività e la loro programmazione sulla tempistica generale. Deve fare i conti con i weekend, con le ferie, e intreccia attività, loro legami e risorse, nonché il carico su di loro. 3. FMEA: lo strumento per la gestione del rischio. Può studiare vari aspetti: il disegno, il progetto, il funzionamento del prodotto e così via. Permette di capire cosa può andar male, le sue conseguenze e, per alcuni aspetti, le contromisure che si possono adottare. Soprattutto, grazie al fatto di “pensare” le singole problematiche e le relative conseguenze, può guidare molto bene sul lavorare per priorità. Si tratta cioè di concentrare le energie su ciò che maggiormente conta, trascurando gli aspetti secondari. Infatti alcune volte, per rischi minimi, c’è chi valuta se tralasciarli, ma al contrario, se sono di grande rilievo, vanno definite subito le principali contromisure che provocheranno la creazione di alcune fasi non previste inizialmente. Tipicamente, ad esempio, nella costruzione degli stampi le fasi previste sono la progettazione, l’acquisto dei materiali, la lavorazione per asportazione di truciolo, l’assemblaggio e così via. Le fasi impreviste sono invece, ad esempio, le ri-lavorazioni. Unitamente a questi tre pilastri fondamentali di un buon Project Management, altri elementi che non devono mai mancare sono la gestione del calendario, sia mensile che settimanale, e la gestione giornaliera delle attività. Per quanto semplici, queste gestioni possono fare veramente la differenza: basti pensare a una cattiva organizzazione della giornata che ci porta a sera a renderci conto costantemente di non aver terminato le attività prefissate. Per questo motivo sono importanti sia il calendario mensile che quello settimanale. A questi vanno associate le “to-do-list” che giornalmente mi dicono cosa fare, e che “posso spuntare”, riga per riga, quando le attività sono completate. In un’ottica moderna di 4.0 il Project Management prevede molte opportunità per gestire diverse attività on-line, basandosi quindi su piattaforme o semplici app che possano da un lato condividere la programmazione e la consuntivazione con il team, e con altre figure (sino in certi casi, ad esempio, anche condividendo i dati direttamente con il committente) e dall’altro lato permettendo alla singola persona di poter gestire le proprie attività attraverso pc, tablet, smartphone. Questi strumenti ci vengono in aiuto per condividere le informazioni con altri o per lavorare meglio individualmente. Quest’ambito del supporto on-line al Project Management risponde bene alle necessità di mobilità di oggi di molti Project Manager dinamici, che devono poter gestire nella maniera più semplice possibile i progetti anche quando sono fuori ufficio (spesso la maggior parte del tempo). Basti pensare ad esempio alla gestione dei progetti di costruzione degli stampi suddivisi in una sinergia tra l’ufficio tecnico, l’officina stampi principalmente impiegata per assemblaggio, e fornitori esterni che si occupano dell’asportazione di truciolo. Soprattutto se queste tre entità non sono fisicamente nello stesso edificio, ma magari distano alcune centinaia di metri o alcuni chilometri tra loro. La condivisione delle informazioni, e l’aggiornamento delle attività, possono risultare critiche per permettere al Project Manager e al team di progetto di lavorare bene, on-time (in tempo reale) e in maniera semplice e condivisa.

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