Grazie alle fonderie cresce il riutilizzo dei rottami metallici

Negli ultimi anni la percentuale di materiali di recupero utilizzata in sostituzione di materie prime “vergini” è arrivata a toccare quota 75% per le fonderie dotate di forni elettrici.

di G.S.

Se pensate che le fonderie siano la classica industria pesante che consuma materie prime e produce sostanze inquinanti forse vi state sbagliando: il primo Rapporto di Sostenibilità del comparto, realizzato da Assofond, l’associazione di Confindustria che rappresenta le fonderie italiane, racconta infatti una storia diversa, pur senza nascondere sotto il tappeto le criticità di un settore produttivo complesso.
“Il nostro settore – racconta il Presidente di Assofond Roberto Ariotti – mette in pratica da sempre un meccanismo di economia circolare molto avanzato: è grazie alle fonderie e alla loro tecnologia, infatti, che buona parte dei materiali metallici giunti a “fine vita” viene riciclata e riutilizzata per realizzare nuovi prodotti”. Le fonderie producono manufatti industriali o artistici portando a fusione i metalli, colandoli in forme di materiale refrattario o in stampi metallici e facendoli raffreddare in modo da far loro acquisire la forma desiderata. Grazie a questo processo si possono produrre manufatti di piccole o di grandi dimensioni: si va dai dischi freno montati sulle auto fino a componenti per impianti eolici da decine di tonnellate, passando per oggetti diversissimi fra loro come ad esempio componenti interni dei motori a scoppio o elementi di arredo urbano. Il processo produttivo delle fonderie rappresenta, inoltre, un importante esempio di economia circolare, perché la “materia prima” con cui queste aziende lavorano è costituita in larga parte da rottami metallici che vengono fusi e riutilizzati anziché smaltiti in discarica.

L’impiego dei materiali di recupero cresce costantemente
Negli ultimi anni, la percentuale di materiali di recupero utilizzata in sostituzione della materia prima vergine è cresciuta costantemente, arrivando a toccare i due terzi del totale. Ciò significa da un lato ridurre, in un’ottica di valutazione del ciclo di vita integrato del prodotto, l’impatto ambientale dovuto all’estrazione, trasporto e lavorazione del minerale di ferro, dall’altro contribuire a smaltire un rifiuto che altrimenti rischierebbe di essere disperso nell’ambiente. Anche gli scarti della produzione sono reimpiegati nel processo: il 95% delle terre esauste prodotte in fonderia viene riutilizzato come materia prima, in sostituzione di sabbie e terre provenienti da attività estrattive. Un sistema perfettamente circolare, che rende le fonderie imprese “riciclone” per definizione.
“La strada da percorrere è ancora lunga – conclude Ariotti – ma siamo al lavoro per rendere sempre più “circolari” le nostre aziende. In quest’ottica, insieme ad altre associazioni e imprese rappresentative di altri settori produttivi, abbiamo aderito al progetto Effige (www.lifeeffige.eu), finanziato dall’Unione Europea, che ha l’obiettivo di introdurre il metodo PEF (Product Environmental Footprint) all’interno delle fonderie. In questo modo puntiamo a individuare un sistema di calcolo dell’impronta ambientale dei nostri prodotti lungo il loro intero ciclo di vita e a implementare soluzioni in grado di ridurla ulteriormente”.

0 Condivisioni