Numeri importanti e destinati a crescere…
Con l’affermarsi dell’economia green, nei prossimi anni l’offerta di materie prime, e di metalli non ferrosi in particolare, dovrà soddisfare e coprire una domanda in costante aumento. Per fare il punto della situazione attuale e per parlare delle strategie future, si è svolta recentemente (e in presenza) l’assemblea Assomet.
Nell’elegante cornice del Grand Hotel Villa Torretta, si è svolta la 76° assemblea generale di Assomet, Associazione Italiana Industrie Metalli non ferrosi. L’evento, articolato in due distinti momenti, ha visto nella sessione privata del mattino la riconferma del Presidente in carica, Marco Vedani, e della squadra dei vice Presidenti, composta da Mauro Cibaldi, Felice Colombo, Alfredo Mancini, Claudio Pinassi e Giuseppe Toia. Nel pomeriggio si è invece svolto un incontro aperto al pubblico con la partecipazione diretta e in collegamento web di oltre settanta tra rappresentanti delle aziende associate e di altre imprese di settore, operatori e responsabili delle Associazioni della filiera metallurgica italiana. L’assemblea è stata la prima occasione nella quale, dopo oltre un anno e mezzo, l’imprenditoria dei metalli si è ritrovata in presenza per affrontare le tematiche di prioritaria importanza che ne orienteranno obiettivi e scelte nei prossimi anni.
Si tratta di una filiera, quella dei non ferrosi, dai numeri importanti: si parla di un valore di quasi 20 miliardi di euro, oltre un migliaio di imprese e 25mila addetti.
Le “sfide” dei target ambientali ed energetici del pacchetto Fit for 55
L’incontro, articolato in tre distinte presentazioni, prende origine da una considerazione inconfutabile: alluminio, rame, piombo, zinco e tutti gli altri metalli non ferrosi avranno un ruolo prioritario nell’accompagnare la nostra società nella svolta energetica e ambientale che ci attende. Non a caso l’Unione Europea ha già tracciato da qui al 2050 la strada da percorrere, che presenta, però, non pochi ostacoli per le imprese italiane del settore, come i costi e la carenza delle materie prime, il gap da sempre pagato rispetto ai competitor europei per quanto riguarda l’approvvigionamento e il costo dell’energia, le problematiche legate alla decarbonizzazione dei trasporti, il principale comparto industriale di riferimento. Il primo intervento di Aurelio Regina, delegato all’energia del Presidente di Confindustria Carlo Bonomi, ha fornito una panoramica sui contenuti e le sfide legate al pacchetto “Fit for 55” dell’Unione Europea e su come si inquadrano, in quest’ottica, gli obiettivi individuati dal PNRR e l’utilizzo delle relative risorse. “Ci troviamo davanti a una svolta epocale – ha affermato Regina – e uno dei passaggi chiave è rappresentato dagli importanti target ambientali ed energetici che ci siamo posti. Se sapremo gestire lo sviluppo sostenibile del sistema industriale abbassando drasticamente la produzione di carbonio potremo dire di aver compiuto un grande passo avanti”.
Il delegato all’energia di Confindustria ha quindi sottolineato il ruolo di guida assunto dalla Confederazione nell’azione comune con gli enti omologhi di Francia e Germania nella direzione della transizione ecologica al centro del Green Deal europeo. “L’UE ha destinato 3.500 miliardi di euro al raggiungimento di questo obiettivo, di cui solo 1.000 miliardi sono denaro pubblico, i restanti arriveranno dalle imprese. Si tratta di una cifra impressionante, mai messa in campo prima, che dobbiamo assolutamente utilizzare al meglio”. Infine, Regina ha osservato che appaiono decisamente insufficienti i 40 miliardi di euro che il PNRR ha destinato all’obiettivo 55%, confermando che il gas naturale rappresenterà nell’immediato futuro la fonte principale di approvvigionamento energetico dell’industria, almeno fino a quando non sarà possibile soddisfarne la domanda grazie all’utilizzo dell’idrogeno.
Decarbonizzazione: un tema caldo
Il secondo intervento ha visto protagonista Gianmarco Giorda, Direttore di Anfia – Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, che si è focalizzato sul ruolo dell’industria dell’auto nell’ottica del processo di decarbonizzazione in corso a livello globale. “è fondamentale comprendere come il tema della decarbonizzazione stia impattando sulla filiera industriale dell’automotive – ha affermato Giorda – tenendo in considerazione che dal 2019 abbiamo obiettivi di riduzione di CO2 progressivamente sempre più impegnativi da raggiungere per ottenere la completa decarbonizzazione nel 2050.
Va ricordato che in caso di mancato raggiungimento dei target annuali posti dall’Unione Europea i produttori di auto subiranno pesanti sanzioni. In quest’ottica appare chiaro il fondamentale apporto fornito dall’impiego di nuovi materiali, in primis diversi metalli non ferrosi, soprattutto in funzione della riduzione del peso dei veicoli”. Allargando l’ottica al contesto delle infrastrutture, Giorda ha quindi osservato come la forte spinta all’elettrificazione delle vetture necessiti della realizzazione a breve di oltre 1.300.000 punti di ricarica nel nostro Paese, che dovranno diventare quasi 3 milioni entro il 2030. “Senza infrastrutture adatte – ha affermato – le nuove tipologie di auto, le elettriche così come quelle alimentate a metano e, in futuro, a idrogeno, verranno fortemente penalizzate”.
Un totale cambio di paradigma
La presentazione conclusiva, a cura di Paolo Kauffmann, fondatore di FARO Club, ha trattato il tema dei rincari delle materie prime. “Mai prima d’ora – ha osservato Kauffmann – si era manifestata una rivoluzione dei prezzi dei metalli come quella cui stiamo assistendo. A determinarla è stata la Cina, uscita prima di tutti gli altri Paesi dal Covid, potendo così godere di una notevole risalita del PIL, oltre il 16%. Ciò ha determinato una ancora maggiore competitività rispetto al resto del mondo e, tra le conseguenze, il fatto di trasformarsi da Paese principalmente esportatore di metalli e semilavorati metallici a importatore, sconvolgendo significativamente le logiche del mercato globale”. Ma si tratta di rialzi strutturali o di una bolla, si è domandato il responsabile di FARO. “Si tratta di cambiamenti strutturali, di una rivoluzione industriale globale, di un totale cambio di paradigma che ha coinvolto anche i prezzi delle materie prime, che d’ora in avanti non si potranno più comportare come in passato. Dobbiamo abituarci a ragionare in modo nuovo – ha aggiunto Kauffmann – a partire da un’osservazione quasi banale: non è sostanzialmente vero che ci troviamo di fronte a una ridotta disponibilità di materie prime, piuttosto dovremo abituarci a pagarle di più, esattamente come stanno facendo ultimamente i cinesi.
L’offerta di materie prime, e di metalli non ferrosi in particolare, dovrà soddisfare e coprire una domanda in costante aumento; dobbiamo renderci conto che l’economia green impatta positivamente sulla “nuova” industria che sta nascendo. L’aumento dei prezzi delle materie prime rappresenta una conseguenza di questo. Un fatto è per me certo: la domanda di alluminio e rame si appresta ad attraversare un periodo di notevole crescita da qui al 2040”.