Auspico un’Europa realmente Unita, con l’Italia protagonista
Classe 1959, laureato in Economia aziendale, amministratore delegato e contitolare di OMERA, società capofila di uno dei gruppi industriali italiani più importanti nel panorama mondiale della macchina utensile per la lamiera. Dal giugno 2016 è Presidente di UCIMU – Sistemi per Produrre, l’Associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione. Parliamo di Massimo Carboniero, imprenditore veneto da sempre impegnato nel mondo associativo – non solo quello UCIMU – che con la sua Presidenza ha, di fatto, segnato positivamente l’epoca “forse” più rivoluzionaria per l’industria italiana della macchina utensile. Il suo mandato è infatti coinciso con l’entrata in vigore e l’attuazione del cosiddetto “Piano Nazionale Industria 4.0” che ha spalancato le porte del comparto manifatturiero italiano alla quarta rivoluzione industriale, quella della digitalizzazione di fabbrica. Un cambiamento di cui il Massimo Carboniero Presidente UCIMU è stato artefice e protagonista poiché, sotto la sua guida, l’Associazione ha saputo gestire al meglio questa epocale transizione affiancando e accompagnando i costruttori italiani in quello che, banalmente, potremmo chiamare il passaggio dall’analogico al digitale.
Per celebrare il numero 250 della nostra rivista, Massimo Carboniero – in qualità di Presidente UCIMU e autorevole esponente del comparto Deformazione – ci ha rilasciato un’intervista in cui abbiamo ripercorso brevemente il cammino compiuto dalla macchina utensile italiana negli ultimi 25 anni e provato a guardare dentro la sfera di cristallo per ipotizzarne gli scenari futuri.
di Fabrizio Garnero
Presidente Carboniero, il primo numero di Deformazione venne pubblicato nel settembre del 1993; all’epoca il nostro settore attraversava uno dei suoi ciclici periodi di flessione. Oggi, invece, veniamo da un lungo periodo di estrema effervescenza; c’è quindi ancora una certa euforia sul mercato ma all’orizzonte si intravedono le nuvole. Può farci un quadro reale della situazione attuale?
Il nostro settore, per sua natura, è caratterizzato da un’estrema ciclicità dettata dai molteplici fattori che influenzano la congiuntura economica mondiale. Fortunatamente, però, il settore della macchina utensile, essendo formato da realtà piuttosto solide e strutturate si è sempre ripreso molto bene dopo i periodi di crisi. Lo testimonia il fatto che, dopo il quinquennio tremendo compreso tra il 2008 e il 2013, nel 2014 è iniziata una fase importante di ripresa che è sublimata nei quattro anni a seguire fino al 2018. Dopo cinque anni di crisi, abbiamo dunque avuto questo lungo periodo di effervescenza – come l’ha definito lei – che ha raggiunto il suo apice lo scorso anno. Il 2018, infatti, per l’industria italiana delle macchine utensili è stato l’anno record caratterizzato da una crescita a doppia cifra per quasi tutti i principali indicatori, e sostenuto dalla spinta dei provvedimenti Industria/impresa 4.0, il settore si è confermato uno dei più vivaci, facendo dell’Italia uno dei paesi con l’incremento maggiore di consumo di macchine utensili al mondo. Riteniamo, infatti, che sia necessario mantenere costantemente alta l’attenzione politica sulle misure a favore delle imprese, dal momento che sono riuscite ad apportare vantaggi tangibili alle imprese italiane.
Purtroppo però, oggi, a conferma della suddetta ciclicità, dobbiamo parlare di previsioni per il 2019 nebulose; ci si aspetta una sostanziale stazionarietà e, con tutta sincerità, potremmo dirci già molto soddisfatti se queste previsioni fossero confermate. Questo perché il contesto è decisamente incerto, sia in Italia che all’estero. Nel secondo trimestre 2019, purtroppo, l’indice degli ordini di macchine utensili ha segnato un calo del 31,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In valore assoluto l’indice si è attestato a 74,6 (base 100 nel 2015). Il risultato complessivo è stato determinato dal deciso arretramento registrato nella raccolta ordinativi sia sul mercato interno che sul mercato estero. Si è, infatti, instaurato, sia a livello nazionale che internazionale, un clima di incertezza alimentato da troppi fattori. In Italia, la mancanza di chiarezza sull’operatività delle misure per la competitività che il governo avrebbe dovuto mettere a disposizione delle PMI fin da subito si è fatta sentire. Solo ora, con la recente approvazione del Decreto Crescita che di fatto ha riabilitato il Superammortamento, affiancandolo nuovamente all’Iperammortamento le imprese manifatturiere italiane hanno chiaro il prospetto dei provvedimenti a loro disposizione per definire al meglio gli investimenti in nuove macchine. Ci aspettiamo pertanto che l’indice del terzo trimestre torni a crescere.
Sul fronte estero le rilevazioni dell’indice elaborato dal nostro Centro Studi mostrano segnali che possono destare preoccupazione in chi, come i costruttori di macchine utensili italiani, consegna più della metà della produzione oltreconfine. L’agitazione che attraversa l’Europa, i timori legati all’inasprimento del conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina, così come il calo della Germania, nostro primo mercato di sbocco, bloccata dall’effetto freezing generato per lo più dal grande interrogativo rappresentato dal settore automotive, alle prese con le trasformazioni legate alla diffusione del motore elettrico, sono motivo di preoccupazione. Per non parlare della permanenza delle sanzioni alla Russia, o delle numerose azioni di deriva protezionistica attuate ormai da diversi paesi. Stati Uniti su tutti poiché non dobbiamo dimenticare che “America First” vuol dire un ritorno della manifattura in America con una produzione totalmente americana, così come il piano Made in China 2025 – che dicono rivoluzionerà l’industria mondiale – mira a fare della produzione cinese un’industria ad alto valore aggiunto. Questo, almeno, è l’obiettivo del piano lanciato nel maggio del 2015. In 10 anni, Pechino dovrebbe dunque abbracciare un modello di manifattura avanzato, che crei marchi in grado di competere con quelli stranieri, sia nella Repubblica popolare sia sui mercati globali, puntando (anche) su automazione e industria 4.0.
Anche in Russia, di recente, è stata introdotta una serie di provvedimenti mirati all’attuazione di una politica di sostituzione delle importazioni (Import Substitution) che, se da un lato potrebbe penalizzare il nostro export, dall’altro, apre ipotesi alternative di approccio al mercato grazie alle agevolazioni concesse dal governo della Federazione a chi realizza investimenti produttivi sul territorio. Quindi produzioni anche di aziende italiane ma presenti in Russia con sedi produttive. Il messaggio è chiaro, daranno priorità ai prodotti realizzati in Russia.
Questi sono tutti esempi di derive protezionistiche che stanno cambiando il panorama internazionale del commercio estero e che quindi condizionano, facendole modificare, le nostre strategie nel medio periodo.
Il tema dell’internazionalizzazione
si fa quindi sempre più “complesso”?
A livello internazionale, c’è, come visto, una situazione in costante evoluzione che bisogna conoscere per non farsi sorprendere. È necessario che le aziende siano, per esempio, costantemente aggiornate sui provvedimenti che rappresentano delle vere e proprie opportunità, poiché in questo momento di incertezza occorre spingere su tutti gli strumenti di internazionalizzazione a disposizione delle imprese. Per questo motivo, accogliamo con favore la decisione delle autorità di governo di prevedere il credito di imposta per le imprese italiane che partecipano a manifestazioni estere internazionali ma devono essere individuati, con l’aiuto delle stesse organizzazioni di imprenditori, gli eventi considerati di riferimento così da evitare di polverizzare le risorse disponibili che non sono certo abbondanti (solo 5 milioni).
Nonostante lo scenario incerto, dico però che i costruttori italiani, essendo molto forti sul bene customizzato, studiato ad hoc, hanno una carta in più da giocarsi che può renderli sempre e comunque interessanti per le necessità di ogni paese, se pur in una deriva protezionistica, in quanto capaci di dare risposte concrete a problemi complessi con soluzioni affidabili che sui mercati interni non sono ancora in grado di fare. Non dobbiamo però nasconderci che, le aziende che vorranno internazionalizzare e seguire certi mercati, dovranno creare delle collaborazioni, delle partnership o delle joint venture con aziende locali nei vari paesi. Parlo di Russia, Cina e probabilmente Stati Uniti. Chi vuole sviluppare bene questi mercati sarà obbligato ad avere delle proprie filiali costruttive in quelle parti del mondo.
Nel 1993 ci fu la legge 317 destinata a favorire l’innovazione e lo sviluppo della PMI italiana. Oggi siamo in una fase caratterizzata dagli incentivi fiscali legati all’Industria 4.0 e dalla Nuova Sabatini. Nel mezzo ci sono state la prima legge Sabatini, la “Tremonti” e le “Tremonti bis e ter”. Oggi come allora, sembra dunque che il nostro mercato domestico viva di strumenti fiscali che accentuano i picchi della suddetta ciclicità. Per favorire realmente lo sviluppo del sistema produttivo del Paese, non sarebbe più giusto prevedere degli strumenti al servizio delle imprese che, in modo sistematico, possano regolarizzare e stabilizzare gli investimenti?
La sua osservazione è più che mai fondata. Certamente, super e iperammortamento hanno dato il via a un processo che dovrebbe essere inarrestabile: è necessario che questa spinta all’innovazione, anche in chiave digitale, sia costante. L’approvazione da parte del governo del Decreto Crescita è un inizio ma non è sufficiente. A tal proposito, nelle scorse settimane, in occasione, per esempio, dell’Assemblea Annuale di UCIMU, abbiamo mosso la nostra richiesta alle autorità di governo di abbandonare la logica di intermittenza che ha caratterizzato tutte le manovre a favore delle imprese, che, inevitabilmente, creava momenti di stallo e altri frenetici. È necessario che vi sia continuità, che le imprese possano pianificare i propri investimenti, con la certezza del domani. Basta stop and go, serve inserire provvedimenti che permettano di ragionare a medio-lungo termine.
È necessario un piano che duri nel tempo, chiaro, definito e serio che permetta anche alle piccole medie imprese, che hanno bisogno di più tempo per programmare i propri investimenti, di farlo senza patemi e tentennamenti, certi di poter contare su strumenti e incentivi strutturali. Io credo che la seconda manifattura d’Europa, quale è l’Italia, meriti un Pacchetto 4.0 strutturale di questo tipo visto il ruolo strategico che abbiamo per l’economia del nostro paese. Noi, dunque, continueremo a chiedere, in sintonia con Confindustria, un vero e proprio cambio di approccio. Le nostre imprese sono il futuro, costruiscono ogni giorno innovazione per il domani e per fare ciò hanno bisogno di solidità.
Pacchetto che dovrebbe anche includere la cosiddetta Formazione 4.0 … Senza ombra di dubbio! La formazione 4.0 è imprescindibile. Riteniamo che sia di primaria importanza investire anche in una formazione sempre più specifica e multidisciplinare.
Specialmente le PMI, nel momento in cui fanno un salto di qualità e sposano a pieno la digitalizzazione, l’interconnessione delle macchine, la robotizzazione dei processi e via dicendo, devono poter contare anche su persone istruite e formate per gestire questo passaggio e quindi la formazione è fondamentale. Non puoi avere nella tua azienda un sistema digitalizzato interconnesso se non hai anche degli operatori in grado di sfruttarne le enormi potenzialità. È quindi necessario affiancare alle nuove tecnologie, nuovi lavori, nuove professionalità, e per fare sì che questo accada serve offrire valide opportunità ai giovani e alla loro preparazione al domani, che sarà sempre più esigente e in continua evoluzione.
Per queste ragioni, abbiamo chiesto che il provvedimento per il credito di imposta prosegua nella sua operatività anche nel 2020 e sia rivisto in modo che nel calcolo del credito sia incluso anche il costo dei formatori esterni, la voce di spesa più onerosa per le PMI.
Ma digitalizzazione, Big Data e “Internet delle cose” stanno realmente rivoluzionando il mondo della macchina utensile moderna?
Diciamo che la moderna macchina utensile sta sicuramente mutando in virtù di questi nuovi strumenti messi a disposizione. Certamente, la rivoluzione digitale sta prendendo sempre più piede e sono certo che continuerà a farlo. Bisogna proseguire su questa strada e preparare il terreno alle future generazioni, i nostri figli, nativi digitali. Stiamo assistendo e, se posso dirlo, facendo attivamente parte, alla costruzione del domani, unendo il know-how italiano, unico nel suo genere, all’innovazione. In un mondo sempre più interconnesso, il nostro settore della macchina utensile sta rispondendo prontamente a queste esigenze. Dunque, l’intelligenza artificiale e l’IoT inevitabilmente hanno permesso l’avvio di questo processo, permettendo soluzioni di connettività volte all’ottimizzazione e gestione dei processi produttivi del nostro settore. Ciò non significa produrre necessariamente un oggetto con una qualità superiore – o meglio, in alcuni casi può anche essere così -; significa però poterlo realizzare in modo più flessibile attraverso un processo produttivo più controllabile, anche da remoto tramite un semplice smartphone. A parità di qualità, quello stesso oggetto, oggi, è frutto di una produzione molto più efficiente, organizzata e, di conseguenza, efficace. Chi ha già intrapreso questa strada, sa bene di cosa parlo.
Presidente Carboniero, farei a questo punto riferimento al solo comparto deformazione di cui lei, con il Gruppo Omera, è protagonista assoluto. Sono di parte nel dire che il comparto deformazione ha ormai un’importanza paritetica all’asportazione?
I dati elaborati dal Centro Studi UCIMU rilevano che nel 2018 la produzione mondiale di macchine utensili a deformazione è aumentata dell’1,6% a un valore di oltre 24 miliardi di euro, pari al 31% del totale del settore. La terza posizione italiana è stata consolidata anche lo scorso anno, con una quota del 12% circa, rispetto al totale mondiale. In questo modo, l’Italia ha confermato la sua specializzazione nel comparto della deformazione, la cui produzione vale il 47% del totale settoriale nel 2018. La produzione domestica di macchine utensili a deformazione è cresciuta del 13,3%, a 2,9 miliardi di euro, registrando inoltre la performance migliore in termini di export: una crescita dell’11,3%, per un valore di 1,5 miliardi; anche gli acquisti all’estero hanno seguito questo trend positivo, crescendo ben del 35,1%. Dati alla mano possiamo dire con certezza che con questo incremento il segmento della deformazione ha superato in valore assoluto quello dell’asportazione, contribuendo così per più della metà alla produzione italiana di sole macchine utensili. È la prima volta che accade e per questo tengo a sottolinearlo. Ma ancor più rilevante è il fatto che questa performance ha permesso al nostro paese di ridurre ulteriormente il gap che ci separa dalla Germania il cui incremento nella produzione 2018 si è fermato al 10%. Aggiungerei poi il fatto che Il comparto della deformazione è quello che ha risentito meno della concorrenza low cost da parte dei mercati asiatici.
Se è realmente così, quali sono, a suo giudizio, le tappe salienti del cammino compiuto? Cosa ha maggiormente cambiato e influenzato il comparto in questo quarto di secolo?
A parer mio la crescita di alcuni mercati di sbocco è stata determinante, ma soprattutto, grazie alle migliorie apportate in termini di precisione, produttività, e sviluppo di nuove soluzioni, l’offerta si è fatta sempre più competitiva, sia nel mercato interno che estero. Infatti, negli ultimi anni, gli utilizzatori di macchine e tecnologie di produzione di tutti i principali settori – dall’automotive all’aerospace, dall’energia alla meccanica varia, dal medicale all’elettrodomestico – sono stati sollecitati a investire in innovazione, aggiornando, anche in chiave digitale, un parco macchine che era pericolosamente invecchiato, come è emerso dall’indagine sul Parco macchine utensili installato in Italia a cura del Centro Studi UCIMU e edito da Fondazione UCIMU. E noi costruttori abbiamo risposto all’appello, proponendo soluzioni innovative e quasi sempre customizzate. Questo processo di aggiornamento, supportato dal superammortamento, abbinato a quello di trasformazione digitale, stimolato dall’iperammortamento, ha certamente dato nuovo vigore al manifatturiero ma molto è ancora da fare.
Con quali aggettivi definirebbe il percorso tecnologico compiuto dalle macchine per la lavorazione della lamiera negli ultimi 25 anni?
L’ho accennato in precedenza; noi siamo maestri nel fare il vestito su misura ai nostri clienti. Direi quindi, innanzitutto customizzazione, intendendo con essa una personalizzazione spinta al massimo. Siamo praticamente gli unici a farlo, almeno in questi termini, perché giapponesi e tedeschi, per esempio, hanno prodotti di qualità eccelsa ma standard. Noi invece abbiniamo alla qualità della soluzione questa capacità sartoriale di cucirla addosso alle specifiche necessità produttive. Ciò implica un livello di innovazione e avanguardia tecnologica assoluto. La nostra macchina utensile è infatti anche innovativa; abbiamo la fortuna di avere degli imprenditori “illuminati” con una forte passione per il proprio lavoro e la voglia di innovare sempre dal punto di vista tecnologico. Gli imprenditori della deformazione, come molti del comparto “asportazione” hanno una certa lungimiranza nel farlo e questo ci ha reso grandi nel mondo.
Riassumendo direi quindi, sviluppo costante, innovazione continua, avanguardia tecnologica, lungimiranza e personalizzazione: sono questi i termini con cui definirei il percorso tecnologico compiuto dalle macchine per la lavorazione della lamiera negli ultimi 25 anni.
Queste nostre peculiarità potranno bastare per tenere a distanza realtà emergenti e Paesi agguerriti come Taiwan e Cina?
Tratto distintivo del Made by Italians è senza dubbio quello di offrire soluzioni d’avanguardia che sappiano rispondere perfettamente alle esigenze del cliente. Lo abbiamo appena detto. A oggi, e per il futuro, risulta fondamentale affiancare alla produzione un sistema digitale integrato, intelligente, che spinga sull’automazione, interconnessione, controllo predittivo delle macchine e dei processi. È necessario che le imprese italiane diventino smart factory, così da poter rafforzare il proprio vantaggio competitivo e offrire soluzioni sempre più interessanti agli utilizzatori di tutto il mondo, anche nell’ottica di fronteggiare Paesi come quelli che ha menzionato lei. Inoltre, un altro aspetto da tenere in considerazione per mantenere la spinta propulsiva della crescita costante, è la flessibilità. Dobbiamo mantenere le nostre aziende il più possibile flessibili, sia in termini aziendali che produttivi, così da poter facilitare il cambiamento continuo. L’Italia, infatti, per mantenere la sua leadership, penetrando mercati di nicchia, ove altri Paesi non riescono, deve continuare ad avere una struttura snella, sempre pronta a trasformarsi. Al contempo, però, sono necessarie collaborazioni e partnership per assicurarsi una crescita dimensionale.
Oltre che Presidente UCIMU, lei è anche alla guida di un’azienda storica e innovatrice come Omera; dal suo punto di vista “privilegiato, riesce a immaginare come sarà la macchina utensile dei prossimi vent’anni? Dove ci state portando dal punto di vista tecnologico?
I grossi cambiamenti sono legati all’elettronica; ciò vuol dire macchine sempre più flessibili che inquinano meno, estremamente più precise, affidabili e finemente programmabili. Io vedo quindi un impiego sempre più spinto dell’elettronica, tant’è vero che ormai si parla di meccatronica a ogni livello e di soluzioni che vanno incontro a tutti i dettami richiesti in termini di energy saving per aumentare l’efficienza e abbattere la spesa energetica. Noi stessi, mi riferisco a Omera, nelle nostre rifilobordatrici – macchine per cui siamo leader mondiali – abbiamo da tempo integrato delle soluzioni meccatroniche brevettateche ne esaltano le prestazioni. Nel mondo delle presse per stampaggio, come lei sa, si parla sempre più spesso di servopresse, una tipologia di macchina particolarmente innovativa che porta con sé alcuni vantaggi importanti per l’utilizzatore finale. Ormai siamo tutte aziende meccatroniche. Come Omera possiamo dire di essere ben focalizzati sul futuro, nell’investire in innovazione e digitalizzazione, così da offrire un prodotto sempre più d’avanguardia ai nostri utilizzatori. D’altro canto posso dire che i rapporti di networking nati in questi anni di presidenza sono stati stimolanti per la nostra crescita aziendale e per la mia professionale, motivo per cui ritengo che l’ambiente associativo aiuti inevitabilmente a crescere e a spingere a migliorarsi sempre.
Infine, parlando dell’Associazione, come è cambiata dal 1993 a oggi? Qual è, oggi, il compito di una moderna associazione di categoria come è UCIMU? Il marchio UCIMU è sempre più sinonimo di eccellenza?
L’UCIMU ha degli aspetti per cui, fortunatamente, è rimasta uguale a quella di 25 anni fa e altri per cui, invece, è giustamente mutata in conseguenza dei cambiamenti del panorama internazionale in cui ci muoviamo.
Di sicuro, l’UCIMU era, è e rimarrà anche in futuro il riferimento autorevole e assoluto della macchina utensile italiana nel mondo. UCIMU è però cambiata nel modo di comunicare. L’associazione si pone l’obiettivo di offrire servizi e contenuti agli associati sempre diversi e stimolanti, in linea con le esigenze delle imprese. UCIMU – Sistemi per Produrre, tramite una serie di iniziative di comunicazione e promozione, sviluppa una comunicazione completa e integrata, che potremmo definire tripartita: comunicazione di marketing, atta a fidelizzare la base associativa attraverso servizi come analisi di mercato, studi economici, supporto legislativo e amministrativo; comunicazione interna, svolta attraverso company meeting e momenti conviviali con la finalità di creare coinvolgimento presso dipendenti e stakeholder dell’associazione; comunicazione istituzionale, sviluppata attraverso attività di relazioni pubbliche che ha come obiettivo principale la rappresentanza del settore e delle sue istanze presso istituzioni, autorità di governo e mondo accademico.
In chiusura, le chiedo di guardare dentro la sfera di cristallo: mi dica che non esisterà mai più un periodo come quello del 2008/2013 …
Mi auguro proprio di no! Noi però siamo un paese esportatore, siamo quindi molto sensibili alla congiuntura economica internazionale che purtroppo non controlliamo ma subiamo; i costruttori italiani di macchine utensili devono averlo sempre ben presente. Ecco perché è importante essere bravi, flessibili e dinamici nell’andare a seguire e presidiare tutti i potenziali mercati in modo da poter sopperire l’eventuale calo di un’area con la crescita legata a un altro paese che magari è geograficamente e diametralmente opposto. In un modo globale dove i protagonisti economici sono per lo più gli Stati Uniti e la Cina, l’Italia da sola gioca la sua partita ma rimane purtroppo “fragile” e soggetta a subire eventuali accadimenti internazionali, come è successo nel 2008. L’Europa se fosse realmente unita, sarebbe l’area manifatturiera più importante del mondo con un patrimonio di cinquecento milioni di persone e un livello tecnologico senza eguali. Per il futuro auspico dunque un Europa sempre più unita e coesa per diventare, nei fatti, quel modello di riferimento di cui abbiamo davvero bisogno, all’interno del quale l’Italia potrebbe tranquillamente primeggiare.