Domenico Appendino prova a fare chiarezza sui dati della robotica
La robotica in calo nelle vendite mette ancora a segno un nuovo record ma solo nella popolazione mondiale dei robot industriali. Segnali dunque contrastanti dai dati rilasciati dall’IFR relativamente all’andamento del mercato dei robot nel mondo per il 2019. E per il 2020 quali sono le previsioni?
Chi ha l’incoscienza di guardare nella sfera di cristallo? Il Gruppo di lavoro Statistiche di SIRI – UCIMU ha provato a stilare un quadro obiettivo dei primi sei mesi in Italia. A fronte di tutto ciò, abbiamo chiesto a Domenico Appendino, Presidente SIRI di farci il quadro della situazione e di commentare a caldo i dati 2019 e quelli registrati nei primi sei mesi di quest’anno.
Nel 2019 la recessione economica mondiale e le tensioni commerciali hanno lasciato un segno anche nella robotica industriale. Nell’anno sono state infatti spedite in tutto il mondo 373.240 unità di robot industriali, il 12% in meno di quante erano state spedite nel 2018 (IFR – Word Robotics 2020). Si tratta di un mercato che vale per i soli robot 13,8 miliardi di dollari ma circa tre volte tanto (41 miliardi di dollari) se si valuta anche software e periferiche che sono mediamente stimate due volte il valore dei robot (Figura 1).
Dopo ben sei anni di crescita continua che aveva portato, ogni anno, a valori assoluti di venduto sempre in positivo, segnando di volta in volta un nuovo record di mercato, il 2019 registra invece un calo. Presidente Appendino, tralasciando per il momento il discorso pandemia che lo scorso anno non c’era ancora, come spiega questo ridimensionamento?
Andando a ritroso nel tempo, nel 2008 il numero medio annuo di robot venduti fu di circa 115.000 unità, valore che scese ulteriormente l’anno successivo quando la crisi economica e finanziaria globale portò le installazioni di robot a sole 60.000 unità a causa dei moltissimi investimenti che vennero rinviati o addirittura annullati ovunque nel mondo. Nel 2010 ci fu poi una ripresa degli investimenti che portò le installazioni di robot fino a circa 120.000 unità, numero poi salito ancora fino a raddoppiarsi nel 2015 raggiungendo quasi le 254.000 unità. Nel 2016 è stata superata la soglia di 300.000 installazioni e nel 2017 le installazioni sono salite a quasi 400.000 unità, valore poi superato nel 2018 per la prima volta prima di ridiscendere nel 2019. E questo a dispetto della più rosea previsione dell’anno scorso quando IFR prevedeva per il 2019 una leggerissima diminuzione delle installazioni che sarebbe stata presto seguita da un’inversione di tendenza che avrebbe spinto il numero di installazioni in modo consistente fino a raggiungere una crescita media annua dal 2020 al 2022 del 12%, certamente inferiore al 19% che era stato il suo valore dal 2013 al 2018, ma comunque positiva. La crescita annua, invece si è ridotta all’11% dal 2014 al 2019. Evidentemente la diminuzione reale è stata maggiore di quella prevista.
Purtroppo il risultato del 2019 riflette in modo indiscusso le difficoltà che hanno avuto e stanno tutt’ora vivendo i due settori industriali che rappresentano gli sbocci principali della robotica, il settore automobilistico e l’industria elettrica ed elettronica, unite e rafforzate dalle reazioni sui mercati derivanti dal conflitto commerciale tra Cina e Stati Uniti, due delle principali destinazioni delle vendite di robot, che sta continuando a diffondere incertezza in tutta l’economia globale. È importante ricordare che nel mondo il settore automobilistico rimane comunque il più grande comparto industriale cliente della robotica (Figura 2) con il 28% delle installazioni totali, davanti a quello elettrico ed elettronico (24%), metallo e macchinari (12%), plastica e prodotti chimici (5%) e cibo e bevande (3%).
Il 2019 ha però una doppia chiave di lettura perché qualche indicazione positiva che, pandemia a parte, fa ben sperare c’è giusto?
È corretto. Nonostante la diminuzione delle vendite nel 2019, il parco dei robot industriali che lavorano nel mondo è invece aumentato del 12% raggiungendo le 2.722.077 unità, valore record da sempre con una crescita media dell’13% dal 2014. Le Figure 3 e 4 mostrano rispettivamente in unità e variazione percentuale lo sviluppo della popolazione mondiale di robot industriali dal 2014 al 2019 nei tre principali continenti. Dopo il Giappone, i protagonisti della crescita dell’Asia sono stati la Corea e soprattutto la Cina. Infatti, dal 2014 la popolazione di robot industriali in Cina è cresciuta in modo impressionante con una media annuale del 33% raggiungendo le 783.358 unità nel 2019, valore equivalente al 29% della popolazione globale e ha superato nel 2016 il Giappone come paese con la più alta popolazione di robot industriali nel mondo. La popolazione di robot in Giappone è aumentata del 12% raggiungendo 354.878 unità nel 2019, che rappresentano il 13% della popolazione globale. Il Giappone è stato in calo per circa un decennio ma è tornato a crescere nel 2016 con una crescita media annua del 4% fino al 2019. La Corea ha mostrato una crescita media del 13% del periodo 2014-2019 raggiungendo una popolazione di 319.022 unità che rappresenta il 12% della popolazione globale avvicinandosi quindi moltissimo a quella del Giappone. La popolazione totale dei robot industriali in Asia si è attestata quindi nel 2019 a un valore di 1.687.800 unità, il 62% di quella mondiale.
La popolazione europea di robot ha invece raggiunto le 579.948 unità nel 2019, il 7% in più rispetto all’anno precedente e rappresenta il 21% della popolazione globale. Dal 2014 in Europa la popolazione di robot è aumentata in media del 7% ogni anno con un tasso di crescita medio annuo particolarmente elevato nell’Europa centrale e orientale (+18%) mentre in Europa occidentale e nei Paesi nordici è cresciuto in media solo del 5% ogni anno. Le Americhe contribuiscono con il 14% della popolazione mondiale di robot industriali raggiungendo un valore di 389.233 unità (+ 8%) nel 2019 dopo un tasso di crescita medio annuo dal 2014 del 9%. La maggior parte di questi robot industriali (362.136 unità) sono installati in Nord America (USA, Canada, Messico).
Il calo delle vendite ha comunque riguardato un po’ tutti i principali mercati?
Come detto l’Asia è il più grande mercato mondiale di robot industriali, ma dopo sei anni di valori massimi anche in questo continente nel 2019 le installazioni sono diminuite in modo consistente (-13%) raggiungendo 245.158 unità dopo il picco di 283.080 unità nel 2018. Comunque, dal 2014 al 2019 le installazioni annuali di robot in Asia sono aumentate in media del 13% ogni anno per cui è impressionante pensare che nel 2019 come già nel 2018, di ogni tre robot venduti nel mondo, due sono stati installati in Asia. Anche se con valori diversi, il calo è stato presente in tutti e tre i maggiori mercati asiatici: le installazioni sono diminuite in Cina (140.492 unità, -9%), in Giappone (49.908 unità, -10%) e in modo più consistente in Corea (27.873 unità, -26%). Le installazioni di robot nel secondo mercato più grande, l’Europa, sono diminuite meno attestandosi al 5% con 71.932 unità rispetto al picco di 75.560 unità nel 2018, segnando, come in Asia, la fine di un periodo di sei anni di crescita con un tasso che era stato del 10%.
Nelle Americhe le installazioni sono diminuite del 13% attestandosi a 47.809 unità nel 2019, con una decrescita uguale a quella dell’Asia. Anche in questo continente si è conclusa una serie di sei anni di nuovi picchi consecutivi che hanno visto l’installazione di 55.212 robot nel 2018 e un tasso di crescita medio annuo dell’8% dal 2014 (Figure 5 e 6).
Vi è però un dato in controtendenza, ovvero il numero dei robot collaborativi…
È effettivamente così! Nel 2019 sono stati installati 18.049 robot collaborativi o cobot che rappresentano il 4,8% dei 373.240 robot industriali venduti nell’anno. IFR ha iniziato a raccogliere i dati ed elaborare la statistica dei robot collaborativi nel 2017 quando avevano una quota di mercato di appena il 2,8%. Poiché sempre più fornitori di robot nuovi e storici offrono robot collaborativi e la gamma di applicazioni è in continua crescita, la quota di mercato per questa tipologia di robot continua ad aumentare. Per questo, in contrasto con la tendenza generale, le installazioni di cobot sono cresciute dell’11% rispetto al 2018. Il numero sembra piccolo rispetto a quanto mediamente si immagina ma occorre notare che l’attività mediatica sui robot collaborativi negli ultimi anni è enorme e tende a mascherare il fatto che il numero di unità installate è ancora molto basso (Figura 7). Inoltre, questo mercato, pur essendo in rapida crescita, è ancora agli inizi.
Guardando in casa nostra potremmo dire che anche l’Italia è in piena controtendenza?
L’Italia è da sempre il secondo mercato di robot in Europa dopo la Germania. Nel 2018 occupava nel mondo il sesto posto per popolazione e il settimo per vendite. Nel 2019 con un valore di vendite censito da IFR di 11.089 nuovi robot industriali installati è cresciuta del 13% rispetto ai risultati del 2018 salendo dalla settima alla sesta posizione mondiale anche per le vendite e raggiungendo un valore record per il terzo anno consecutivo (Figure 8 e 9). Inoltre, non dobbiamo dimenticare che nel 2018 aveva già registrato una crescita del 27% rispetto all’anno precedente ed era salita dall’ottavo al settimo posto della classifica mondiale. Si tratta veramente un risultato molto importante, in piena controtendenza con tutto il mondo industrializzato.
Infatti, il +13% di crescita in Italia si confronta con dati tutti negativi: il -12% mondiale, il -13% di Asia ed America, il -10% in Giappone, il -9% della Cina, il -5% dell’Europa e addirittura il -23% della Germania e il -26% della Corea! Per gli italiani che troppo sovente amano denigrare il proprio paese in modo non documentato, affetti da incorreggibile esterofilia, è anche piuttosto interessante confrontare la crescita media 2014-2019 di Italia (+12%) e di Germania (+0%), indicatore indiscusso che mostra come in questo settore l’Italia si stia comportando in modo assolutamente migliore della osannata Germania durante tutto l’ultimo decennio.
Per precisone si ritiene opportuno notare che, in generale, i risultati delle statistiche SIRI – UCIMU, trasmessi a IFR a inizio dell’anno successivo al censimento nel nostro paese non sono sempre uguali a quelli ufficiali di IFR poi pubblicati in Word Robotics e in particolare quest’anno sono inferiori. Ogni anno il centro statistiche di IFR riceve i dati delle associazioni di robotica di ogni paese e quelli di tutti i costruttori del mondo, quindi incrocia i dati dalle varie fonti e li elabora con un criterio generale per tutti i paesi. Per la loro uniformità e maggior completezza i dati IFR sono quindi universalmente considerati i dati ufficiali a cui tutti fanno riferimento e quando disponibili, anche se diversi, prevalenti rispetto a quelli delle associazioni nazionali a cui possono sfuggire operazioni tra paesi, per eccesso o difetto dei loro dati.
Anche la distribuzione per settore in Italia è in controtendenza rispetto al mondo dove l’industria automobilistica assorbe nel 2019 solo il’11% delle vendite (nel mondo 28%) preceduta dalla metalmeccanica che vale il 26% (nel mondo 11%). Le motivazioni di questa crescita sono diverse. L’Italia ha subito una lunga recessione dopo la crisi economica del 2008/2009 ma la domanda di tecnologia digitale e flessibile dell’Industria 4.0 è cresciuta fortemente anche sulla spinta di aiuti che lo stato ha concesso e che sono ancora in vigore. In Italia l’industria automobilistica, la metalmeccanica, l’alimentare e altre industrie hanno investito fortemente in robotica e automazione per diventare più competitive ed efficienti e per personalizzare più facilmente la propria produzione. Per questo motivo, in Italia, l’occupazione nell’industria generale è aumentata nel 2019 da meno di 320.000 a più di 330.000 posti di lavoro. Grazie a una forte industria metalmeccanica, in Europa seconda sola alla Germania, e una forte industria alimentare l’Italia ha dimostrato di poter compensare con la crescita i questi settori la diminuzione di richiesta dell’industria automobilistica italiana che ha assorbito nel 2019 solo 1.268 robot industriali quando erano 1.902 nel 2014, ha mostrato una diminuzione media annua dell’8% nel 2014-2019. Quanto sopra è un’ulteriore conferma dell’importanza della metalmeccanica nel nostro paese, cosa non così nota ai non addetti ai lavori. A questo si aggiunge il citato settore alimentare che raggiunge il 10% delle vendite di robot, valore ormai vicinissimo a quello assorbito dall’industria automobilistica.
Grazie a questi valori di vendite la popolazione di robot industriali è salita in Italia a 674.400 unità nel 2019 con una crescita dell’8% mostrando un aumento annuo medio dal 2014 del 4% (Figura 10).
Luci e ombre hanno quindi caratterizzato il 2019 della robotica nel mondo; poi però è arrivato il 2020 tramutando quello che doveva essere un futuro roseo in un futuro pieno di incertezze anche per i robot?
A parte l’Italia che per quanto riguarda la robotica ha avuto un 2019 in controtendenza con una buona crescita, il 2019 è stato un anno in cui in tutto il mondo si è mostrata una situazione di discesa generalizzata dei mercati. L’industria dell’auto, in particolare, importante non solo per la robotica in quanto ancora trainante per l’industria di quasi tutti i Paesi avanzati, sta vivendo una transizione verso la motorizzazione elettrica piuttosto complessa e piena di incertezze che non favoriscono certamente gli investimenti. In questo scenario già di incipiente recessione a inizio 2020 è giunta la pandemia da COVID-19 proveniente dalla Cina. Oggi dopo più di otto mesi di pandemia si contano i danni: oltre un milione di morti e una grande recessione globale (Figura 11). Ad agosto il World Economic Forum stimava fra gli 8 e 15 mila miliardi di dollari di perdita economica, che a fine anno diventeranno 17,3 secondo la Australian National University. Una cifra destinata a crescere almeno fino a quando non sarà disponibile il vaccino e si ritornerà a una situazione di maggior normalità.
L’aumento dei deficit pubblici nei Paesi avanzati si colloca attorno al 20% dei loro Pil, con una crescita altrettanto rilevante degli indebitamenti dei governi. Intanto nei 37 Paesi dell’Ocse la disoccupazione è passata dal 5,3% del 2019 al 9,7%. Nel secondo trimestre il commercio globale è sceso del 18,5%. Da sempre i robot sono stati molto utili all’uomo per la sua salute nel lavoro. Il robot industriale, fin dalla sua nascita nel 1961, ha avuto lo scopo non solo di migliorare l’economicità e la qualità della produzione ma anche di alleviare l’uomo da lavori pesanti e dannosi. Tutta la storia della robotica industriale è stata ed è al servizio dell’uomo e il robot lo ha gradualmente sostituito nelle mansioni più pericolose o pesanti per lasciargli quelle più “elevate” e a soddisfazione e salario maggiori creandone nel contempo altri migliori e in numero maggiore. Esaminando la sicurezza in fabbrica vediamo che i robot industriali tradizionali, rigidi e veloci, lavorano segregati con protezioni meccaniche isolati dai loro operatori, mentre i recenti robot collaborativi, morbidi e lenti, operano vicino all’uomo in quanto progettati e costruiti per fermarsi al minimo contatto con l’operatore. Disporre di robot con queste caratteristiche significa consentire agli operatori il loro utilizzo in completa sicurezza nella loro area di lavoro, quindi diventa possibile realizzare con un solo addetto il rispetto della regola principale in situazione di pandemia, il distanziamento tra persone. È così possibile realizzare delle isole di lavoro sicure, ciascuna con un solo operatore coadiuvato dove necessario da uno o più robot collaborativi e ciascuna distanziata in modo corretto dalle altre per rendere anche l’intero processo senza rischio di contagio. Il collegamento dei processi produttivi tra loro e con i vari magazzini può essere effettuato con AGV di ultima generazione, diventati ormai veri robot di servizio per il trasporto dei componenti, rendendo così l’intera area della fabbrica una zona immune dal problema della trasmissione del contagio. Se poi lasciamo le fabbriche e andiamo nel settore sanitario vediamo robot di servizio che riducono i rischi di contagio prendendosi in carico operazioni intermedie che distanziano gli operatori sanitari o li sostituiscono. In questi terribili mesi, nei programmi televisivi di informazione ne abbiamo visti operare in vari ospedali anche italiani in aiuto al personale medico per il controllo delle persone che entrano nelle strutture, per il controllo in ingresso, per la disinfezione degli ambienti, per il trasporto di medicinali e cibo, per coadiuvarlo vicino ai pazienti e nei laboratori di analisi (Figura 12).
È quindi chiaro che l’esigenza di rendere fabbriche, attività commerciali e ospedali più sicuri e resilienti a qualunque pandemia vedrà la robotica protagonista in tutto il suo complesso. Quella tradizionale lo è da sempre e quella collaborativa e di servizio con ulteriori sviluppi e innovazioni lo sarà sempre di più. Queste considerazioni a favore di robotica e automazione in una situazione così critica non sono tuttavia sufficienti per fare delle previsioni attendibili in un periodo in cui tutto è così tremendamente incerto. Oggi è veramente difficile valutare i reali costi economici della pandemia, più difficile ancora prevedere il risultato complessivo alla fine dell’anno e il suo impatto sulla domanda di robot in modo quantitativo. Per questi motivi IFR quest’anno ha deciso di non esprimere in World Robotics 2020 la consueta previsione del mercato che avrebbe dovuto presentare i dati di evoluzione di installato fino al 2023 limitandosi a considerazioni qualitative sui potenziali effetti di COVID-19 sull’industria della robotica il cui riepilogo è riportato in Tabella 1.
Invece SIRI ha comunque continuato il suo lavoro di monitoraggio e non ha smesso di raccogliere ed elaborare i dati del settore in Italia. Dai risultati dell’ultima riunione del suo Gruppo di lavoro Statistiche avvenuta a fine settembre, da cui è emerso il “sentiment” per l’anno 2020 di un campione significativo e testato dei principali operatori del settore nel nostro Paese. In base ai dati di vendita del primo semestre 2020 ed alle previsioni raccolte durante l’incontro, la previsione per il 2020 è di un calo dei robot installati intorno al 20%, raggiungendo quindi un valore di vendite compreso tra quello del 2017 e del 2018 (Figura 13). Una diminuzione consistente che speriamo sia stata sopravvalutata ma che rappresenta la più ragionevole previsione dei nostri operatori. Naturalmente con il prossimo incontro del gruppo che sarà entro febbraio 2021 potremo avere una valutazione del valore reale delle vendite dell’anno in corso basata sui dati di vendita del campione su tutto l’anno, non solo sulla prima metà.