Alla lamiera servono anche investimenti e avvocati!
Dalla caduta del Muro di Berlino alla Guerra Russo-Ucraina, il settore della deformazione lamiera ha attraversato e soprattutto affrontato negli ultimi 30 anni diversi momenti storici diversi. Nel farlo, accanto agli imprenditori ci sono stati anche i fondi di investimento, commercialisti e gli studi di avvocati, che hanno aiutato il settore in Italia a crescere. Ne abbiamo parlato con Stefano Scuratti, Senior M&A Advisor di Galileo Business Consulting, Antonietta Marsaglia, Avv. dello Studio Marsaglia, e Francesco Pozzoli, Commercialista dello Studio Pozzoli.
Quali sono Stefano Scuratti i macro trend che hanno plasmato il comparto della deformazione lamiera negli ultimi decenni?
STEFANO SCURATTI: Il comparto della deformazione della lamiera, come il resto dei comparti industriali di Federmacchine, è stato sicuramente trasformato dall’evoluzione del dinamismo dei mercati esteri. Il 9 novembre 1989, con il crollo del Muro di Berlino, la meccanica strumentale italiana comincia a considerare l’opportunità di fornire i Paesi del Centro-Est Europa entrati nell’economia di mercato. Tuttavia non ho parlato di apertura, ma dinamismo dei mercati esteri e per questo intendo che se trent’anni fa si poteva pensare di cogliere le opportunità di mercato anche all’estero, oggi tali opportunità sono ormai integrate nelle previsioni di bilancio per una porzione spesso superiore al 50% del fatturato. Lo stesso dinamismo della politica estera con tutti i suoi pregi e difetti, ha trasformato la figura dell’imprenditore in modo estremamente positivo in quanto più informato e conscio delle dinamiche internazionali di quanto si possa pensare. Per esempio, ultimamente, visitando una società del comparto e analizzandone il piano industriale parlavamo del rallentamento degli incentivi erogati dal governo italiano e il suo possibile impatto a bilancio. L’imprenditore ha risposto in modo chiaro e lucido che tale rallentamento avrebbe trovato immediato riscontro nella crescita degli ordinativi diretti in Polonia grazie a nuovi incentivi previsti direttamente dal governo del Paese. Con un altro player di questo settore, confrontandomi invece sulle conseguenze della chiusura del mercato russo, l’imprenditore aveva già sperimentato l’invio di oltre 40 macchine in anno in Russia, mentre l’anno successivo aveva diretto le vendite verso altri Paesi registrando un incremento di fatturato anno su anno. Pertanto i nostri imprenditori comprendono le opportunità e i rischi dei mercati esteri, si confrontano con il dinamismo sempre crescente di tali mercati diversificando il numero di agenti a livello internazionale e mantengono alto il livello tecnologico con continua ricerca e innovazione, in modo da avere ordini per i successivi 12 mesi e avere pertanto il tempo di reagire alle temporanee e continue situazioni di “emergenza”.
Quali sono allora le sfide per i nostri imprenditori?
STEFANO SCURATTI: A mio parere è una questione di crescita dimensionale attraverso processi di M&A che consentano ad aziende famigliari che fatturano tra i 15 milioni e i 30 milioni all’anno di crescere le dimensioni non solo in termini di numeri di vendita, ma soprattutto di manager presenti in azienda che crescano con specifiche responsabilità e specializzazione di area di mercato a livello internazionale, ingegneria non solo come ingegnerizzazione prodotto, ma gestione della crescita del dipartimento R&D e Ingegneria, specifiche competenze finanziarie per la gestione del circolante visto come strumento per lo sviluppo di processi di M&A integrati in una crescita per acquisizioni di competitor e non solo di vendita prodotto. In generale, anche, una crescita e maturità che porti le future generazioni di imprenditori italiani a rompere il legame tra vita aziendale ed esigenze famigliari, per liberare ancora maggiori energie e costruire aziende che superino sempre qualsiasi crisi economica, e il passaggio generazionale non sia più un tema di settore tanto importante quanto registriamo in questi anni.
A quale modello tendere per stimolare la crescita delle imprese italiane e la seguente strutturazione come player a livello internazionale?
STEFANO SCURATTI: Gli Stati Uniti hanno già sviluppato questo passaggio, si pensi che ci sono ben oltre 5.000 aziende che fatturano oltre 1 miliardo. Il tema non è pensare che comunque gli Stati Uniti non siano paragonabili all’Italia, ma accorgersi che in l’Italia con i suoi 60 milioni di cittadini compete ogni giorno con la California che con 40 milioni di residenti ospita circa 637 multinazionali che fatturano più di 1 miliardo, il Texas che con 30 milioni di residenti ha generato 499 aziende con questo livello di fatturato ed ancora lo Stato di New York che con un terzo della popolazione italiana ospita 523 aziende che fatturano sopra un miliardo. E l’Italia? Solamente 161, ma con una specializzazione industriale prima al mondo in alcuni settori come quello della lamiera che potrebbe pertanto esprimere soggetti industriali molto più capitalizzati. L’accelerazione in tal senso si nota con la presenza di circa 200 fondi di investimento a Milano, i piani industriali messi in atto e le risultanti crescite dimensionali dell’industria italiana.
Il settore italiano delle macchine utensili per la deformazione delle lamiere ha visto un notevole sviluppo negli ultimi dieci anni; Antonietta Marsaglia come vede il ruolo dell’avvocato in questo settore?
ANTONIETTA MARSAGLIA: In questo scenario di crescita la capacità di consulenza deve essere diversificata per potere fare fronte alle diverse esigenze dei grandi costruttori, delle PMI specializzate in soluzioni specifiche per il cliente, di chi si occupa di accessori e tecnologie ausiliarie. È quindi necessario potere disporre di know-how professionale capace di gestire, sotto ogni aspetto, operazioni nazionali o internazionali con una organizzazione stabile sui diversi mercati, per tradurre in contratti efficaci e sostenibili i progetti del cliente. Questo è vero sia che si consideri l’espansione dell’azienda con acquisizioni in Italia o all’estero sia che si consideri lo sviluppo dei mercati per incrementare delle vendite. Lo Studio Marsaglia dal 1981 offre consulenza agli imprenditori esteri che si affacciano al mercato italiano e agli imprenditori italiani che operano sull’estero e risponde alle esigenze di chi opera sul mercato internazionale con una rete di studi, PLG International Lawyers, fondata nel 1988.
Quali sono le caratteristiche di una operazione di acquisizione di successo?
ANTONIETTA MARSAGLIA: Non si può garantire il successo in un’operazione di acquisizione, ma un’acquisizione pianificata e attuata da un team accuratamente scelto di specialisti interni ed esterni che collaborano con il management ha buone probabilità di centrare l’obiettivo. Il team di acquisizione è solitamente composto da tre categorie di professionisti le cui responsabilità in parte si sovrappongono, che coprono le tre attività funzionali del processo di acquisizione: pianificazione, analisi della transazione e attuazione. A mio avviso, il processo decisionale in ogni fase dovrebbe essere controllato dal management delle società interessate piuttosto che abdicato ai professionisti. Allo stesso tempo, però, il management, nel prendere le decisioni, dovrebbe cercare la consulenza dei professionisti che possono mettere la loro esperienza al servizio di un’operazione specifica. Gli avvocati svolgono un ruolo nell’analisi e nell’attuazione della transazione. Dal punto di vista dell’analisi della transazione, il coinvolgimento legale si concentra solitamente sulla revisione delle leggi applicabili, in particolare quando si tratta di un’operazione internazionale, di una revisione antitrust, di strategie e strutture di acquisizione alternative. Una volta passati all’attuazione, l’avvocato si occupa di due aspetti paralleli: la due diligence e la negoziazione.
Quanto è importante il coinvolgimento di un avvocato nella fase di due diligence?
ANTONIETTA MARSAGLIA: L’attività di due diligence è importante per valutare il valore dell’operazione e minimizzare le sorprese dopo l’acquisto. In questo caso l’avvocato, con un esame approfondito della struttura, dei contratti, degli asset materiali e immateriali del business del target, offre all’acquirente l’opportunità di avere una visione degli impegni che l’acquisizione può comportare e di ciò che può offrire in termini di espansione tecnologica e di mercato e lo mette in condizione di pianificare il miglior coordinamento tra le sue strutture aziendali esistenti e il target. Inoltre, l’avvocato verifica la coerenza delle dichiarazioni e delle garanzie fornite dalla società target. L’esame della società target deve essere sempre attento, non solo per quanto riguarda la revisione finanziaria e l’esame della gestione del rischio, ma anche per identificare problemi operativi che possono portare a rischi finanziari o modalità di gestione non ottimali che dovrebbero essere corrette dopo l’acquisizione. Per fare un semplice esempio, si potrebbe avere una due diligence in cui sia l’audit operativo sia l’audit contabile rivelano una debolezza nel sistema di fatturazione automatica della società target che ha causato una situazione creditoria in sofferenza. Per far fronte alla situazione, l’acquirente dovrà negoziare che una parte dei proventi della vendita venga messa in garanzia, in modo che i crediti effettivamente persi possano essere coperti dai fondi in garanzia.
Fatta due diligence si passa direttamente alla chiusura della operazione?
ANTONIETTA MARSAGLIA: Dopo due diligence e prima della chiusura si sviluppa la parte più importante per il successo della operazione. Quando la negoziazione porta a dei punti di incontro, il successo dell’operazione dipenderà in gran parte dalla capacità dell’avvocato di tradurre in documenti scritti gli accordi, le aspirazioni e le responsabilità delle parti interessate. Il lavoro cartaceo può essere molto voluminoso, ma se vogliamo considerare i documenti fondamentali per strutturare un’acquisizione di successo dobbiamo considerare la lettera di intenti e il contratto di acquisizione. Troppo spesso il ruolo della lettera di intenti viene sottovalutato e i negoziatori provvedono a redigere un testo senza la supervisione di un avvocato, partendo dal presupposto che se non è “vincolante” non può generare danni. In realtà, la lettera d’intenti stabilisce il ritmo della negoziazione finale. Per una parte che vuole concludere l’operazione in tempi brevi, può essere lo strumento con cui definire i termini fondamentali della operazione e ridurre al minimo gli attriti e i disaccordi su questi termini durante la negoziazione dei documenti formali di acquisizione, mentre per una parte che viene “corteggiata” dalla controparte la lettera offre l’opportunità di ottenere concessioni che potrebbero essere più difficili da ottenere quando vengono elaborati i dettagli più dettagliati dell’operazione. Il contratto di acquisizione è il documento fondamentale che stabilisce i termini e le condizioni tra le parti; il successo di un’acquisizione dipenderà, dal punto di vista dell’acquirente, dalla capacità dell’avvocato di esplicitare tutte le condizioni che devono essere soddisfatte prima che la chiusura possa avvenire, e dalle dichiarazioni e garanzie offerte dal venditore e, dal punto di vista del venditore, dalla capacità dell’avvocato di superare la resistenza dell’acquirente per minimizzare gli impegni e la responsabilità del venditore. Quando si raggiunge il giusto equilibrio, l’acquisizione ha successo.
Quali sono secondo lei, Francesco Pozzoli, le ragioni che spingono oggi un imprenditore italiano a cedere la propria azienda dopo anni di fatica per crearla, svilupparla e farla crescere?
FRANCESCO POZZOLI: Le ragioni che spesso si individuano sono sempre molteplici, come la classica mancanza di una seconda generazione in grado di gestire l’azienda, ma a volte le cause si riscontrano nell’insorgere di dissidi tra soci, oppure una visione pessimistica del mercato, l’insorgere di un elemento disruptive nel settore che destabilizza la continuità del business… In tutte queste circostanze, tuttavia, personalmente intravedo un comune denominatore che diventa fatale: la mancanza di managerialità. A prescindere che il manager possa essere il socio, un dirigente o un amministratore delegato, quello che manca è la figura che ha la visione del mercato e ed è in grado di impostare un piano strategico, qualunque sia lo scenario di riferimento. Quando manca la visione strategica, si finisce per subire il mercato, si inizia ad avere paura, si decide di vendere. L’imprenditore italiano è sempre stato un individualista ed è sempre stato parecchio reticente a delegare funzioni a dirigenti o manager, pagando il prezzo di un eccessivo accentramento di poteri, che poi in ottica successoria troppo spesso si riversa inevitabilmente in una situazione in cui quando viene a mancare l’imprenditore (a volte magari anche in maniera improvvisa) si crea il vuoto di potere, ed inevitabilmente l’azienda perde la rotta. Lo Studio Pozzoli da sempre si è occupato di affiancare gli imprenditori e sensibilizzarli su questi temi, sia in ottica di pianificazione successoria, sia in ottica di consulenza manageriale. Nel 2015 con il coinvolgimento di alcuni consulenti provenienti dal mondo dalle Big 4 abbiamo costituito una società ad hoc – Gestio Performance Srl – che si occupa di management consulting e nello specifico affianca gli imprenditori nelle scelte di strategia aziendale, digital trasformation, modelli di controllo, processi e organizzazione.
Quali sono le difficoltà che incontra l’imprenditore italiano medio-piccolo che deve vendere?
FRANCESCO POZZOLI: L’imprenditore italiano che entra nell’ottica di alienare la propria azienda trova diverse difficoltà. Citerei almeno 2 elementi critici: la presenza di un mercato dei capitali poco liquido con carenza grandi imprese in grado di investire in partecipate da sviluppare e la mancanza di consulenti ritagliati su misura delle esigenze del piccolo e medio imprenditore. Sul fronte della liquidità del mercato bisogna riconoscere che negli ultimi anni si è assistito in Italia a passi da gigante, non solo per il fatto che i fondi di private equity e venture capital son stati inondati di liquidità e ciò si è riflesso in un incremento particolarmente sensibile dei deal, ma anche per lo sviluppo sempre più diffuso di strumenti che consentono anche all’investitore retail di accedere al mercato delle small cap, primi fra tutti i PIR, ed infine il forte impulso che hanno avuto recentemente le quotazioni all’EGM – Euronext Growth Milan (ex Aim) che hanno visto l’approdo ai listini di società con fatturati molto contenuti – spesso più vicino ai 10 milioni che ai 50). Sul tema invece dei consulenti qualificati si assiste ad una concentrazione dei deal seguiti dalle Big 4 o da studi internazionali, che spesso si trovano incapaci di intercettare le vere esigenze di un piccolo-medio imprenditore e capirne fino in fondo i veri valori aziendali, al fine di ottimizzarne la valutazione. Studio Pozzoli è da sempre attento ai temi della creazione del valore ed affianca l’imprenditore nel valorizzare al massimo i temi legati agli intagibles aziendali, elementi che troppo spesso vengono posti in secondo piano nelle operazioni di M&A.
Nel caso di operazioni di cessione aziendale per mancato passaggio generazionale qual è il ruolo del commercialista?
FRANCESCO POZZOLI: È indubbio che se negli USA la figura di riferimento e di fiducia dell’imprenditore è l’avvocato, in Italia molto più spesso è il commercialista. Tuttavia la figura del commercialista è cambiata moltissimo negli ultimi anni e si è assistito ad una progressiva (e doverosa!) specializzazione delle competenze. Oggi il “fiscalista” è una figura che non esiste di fatto più, perché troppo generalista. Oggi abbiamo il contenziosista, l’esperto di tributario internazionale, l’esperto di dazi doganali, l’esperto di IVA, l’esperto di M&A… Lo Studio Pozzoli ha sempre visto la specializzazione come una necessità e un’opportunità. Oggi non vendiamo noi stessi ma il nostro network. È un network di studi altamente qualificati e specializzati in diverse materie, dal tax-legal, finanza aziendale, marchi e brevetti, diritto fallimentare, HR, tematiche ius-lavoristiche, wealth-management, family office. La forza di questo network ci permette di essere polivalenti su diverse discipline e allo stesso tempo garantire un approccio sempre specializzato e focalizzato sul problema da risolvere.