Al lavoro per costruire una visione comune
Maggiore riconoscimento del settore a livello politico, creazione di una “visione comune” con il cliente, migliore comunicazione a 360°, coinvolgimento sempre più spinto della digitalizzazione nell’intera catena del valore: questi sono i pilastri della strategia di Enrico Prandini, eletto nel Gennaio di quest’anno alla presidenza del CECE, il Comitato Europeo delle Macchine per Costruzioni.
di Silvia Crespi e Fabrizio Dalle Nogare
Dal primo gennaio Enrico Prandini è il nuovo presidente di CECE, il Comitato Europeo delle Macchine per Costruzioni. Già primo vicepresidente della federazione europea, Prandini è subentrato a Bernd Holz.
Enrico Prandini è amministratore delegato di Komatsu Italia Manufacturing e vicepresidente di UNACEA, l’associazione italiana delle macchine per costruzione.
Proprio nella sede di Komatsu Italia Manufacturing a Este, in provincia di Padova, si è tenuto lo scorso 20 febbraio un evento organizzato nell’ambito del ciclo “ASSIOT e ASSOFLUID incontrano…”, durante il quale i partecipanti hanno potuto conoscere più da vicino un settore dai numeri importanti come quello del “Construction Equipment”.
In veste di Presidente CECE, Enrico Prandini rappresenta in Europa 1.200 produttori di macchinari per costruzioni che generano 40 miliardi di euro di fatturato all’anno, impiegando in totale 300.000 persone.
InMotion l’ha incontrato per capire quali saranno i punti fermi della sua strategia e per parlare di fidelizzazione, di digitalizzazione, di standardizzazione e di altro ancora…
Dal 1° Gennaio di quest’anno è stato eletto alla presidenza di CECE. Quali saranno le linee guida della sua politica?
Innanzitutto punterò al riconoscimento del settore dei macchinari da costruzione a livello politico, focalizzerò l’attenzione sul mercato unico europeo e mi impegnerò affinché leggi e regole siano semplici ed efficaci. Investiremo molto sul versante della comunicazione e delle relazioni istituzionali, sia con i rappresentanti politici dell’Unione Europea, che con le altre organizzazioni attive nel settore delle costruzioni in ambito europeo. Desideriamo incrementare il dialogo con i rappresentanti delle categorie industriali che condividono la nostra catena di valore; in quest’ottica abbiamo organizzato nel mese di febbraio un seminario sulla Digital Construction, nel contesto dell’EU Industry Day 2018. La collaborazione con il settore edile in senso lato è mancata in passato e sarà uno dei cavalli di battaglia della mia presidenza. Oltre a questo, coglieremo le occasioni offerte dalle numerose fiere di rilevo internazionale nei prossimi due anni, come Intermat e bauma, per promuovere la nostra federazione. A proposito di questo, come CECE saremo lieti di accogliere i visitatori presso il nostro stand a Intermat a Parigi dal 23 al 28 aprile prossimi.
Il prossimo congresso CECE (Roma, Ottobre) verterà sulla fidelizzazione del cliente. Il titolo è, infatti, “Customer loyalty through a common vision”, cioè “La fidelizzazione del cliente attraverso una visione comune”. Quanto è importante questo aspetto nel settore delle macchine per costruzioni?
Direi che è un aspetto fondamentale. Produciamo per soddisfare le esigenze del cliente e la vera sfida è quella di cogliere i bisogni e di trovare soluzioni ai problemi ancora prima che diventino tali. Questo significa essere proattivi, investire in ricerca e progettazione, accogliere il punto di vista del cliente come un elemento prezioso da cui partire.
In quest’ottica il destinatario diventa parte attiva del processo produttivo e, in linea con quanto emerso da uno degli ultimi rapporti di McKinsey per il CECE, il focus si sposta – come deve essere – dalle operazioni che le macchine sono in grado di effettuare alla soddisfazione delle necessità dei clienti.
Anche la digitalizzazione sta diventando uno dei driver e dovrà coinvolgere l’intera catena del valore. In questo scenario le competenze e il ruolo degli operatori dovranno evolversi. L’altra faccia della medaglia sono i rischi connessi, innanzitutto la sicurezza dei dati. Come possono difendersi le aziende?
La digitalizzazione è una grande occasione per il nostro settore; le industrie che sapranno adattarsi velocemente ai cambiamenti connessi a questa rivoluzione saranno quelle in grado di affermarsi meglio sul mercato e reagire alle sfide con un approccio dinamico. Questo, chiaramente, può comportare anche dei rischi in termini di sicurezza, ma si sta facendo molto anche nello sviluppo di software e tecnologie in grado di prevenire e limitare i danni. Ciò che invece già sappiamo è che digitalizzare significa guadagnare in termini di produttività, sicurezza in cantiere, riduzione dell’impatto ambientale – tre punti essenziali per il nostro comparto e la filiera intera. Tutto ciò porta evidentemente a un’evoluzione del ruolo dell’operatore, il cui primo compito è stare al passo coi tempi in termini di competenze e conoscenze tecniche. Anche questo costituisce terreno di cooperazione con le associazioni di categoria delle imprese edili, i cui dipendenti hanno bisogno di percorsi formativi di aggiornamento. Il tema sarà al centro dei lavori del congresso di Roma dell’ottobre prossimo, in cui cercheremo di sviscerare l’argomento anche dal punto di vista psicologico e comportamentale – ma non dico altro, meglio essere presenti al congresso!
Quanto è importante creare una rete digitale a livello UE così come standard aperti per agevolare la velocità e la fluidità nello scambio dei dati tra i paesi dell’Unione?
Lavorare sulla standardizzazione, tanto nei sistemi digitali quanto negli aspetti legislativi, è essenziale. Senza riferimenti comuni, il mercato è inevitabilmente frammentato e rischia di non essere all’altezza della concorrenza globale e dei bisogni dei nostri clienti.
Inoltre, sono convinto che tra i compiti fondamentali di un’organizzazione di categoria europea ci sia la condivisione dei bisogni e delle esperienze per creare le condizioni di mercato, anche tecnologiche. Questo richiede strategie unitarie, per fornire condizioni ottimali in cui fare ricerca e sviluppo attraverso un’infrastruttura normativa e di standard che apra a tutti i player le potenzialità del Mercato Unico Digitale. Proprio per questo, il più recente gruppo di lavoro creato da CECE un anno fa è dedicato interamente alla regolamentazione europea su Big Data.
Nel contesto del mercato unico europeo, quali vie seguirà per far sì che il comparto abbia un peso politico sempre maggiore?
Bisogna portare all’attenzione della politica i punti critici che, seppur nel contesto della libera circolazione delle merci, costituiscono un ostacolo. Questo va fatto attraverso una puntuale opera di relazioni e comunicazione.
L’esempio più calzante è quello della frammentazione legislativa che, imponendo standard diversi, impedisce de facto una commercializzazione fluida, sia con paesi extraeuropei, ma anche all’interno dell’Europa stessa.
Un altro punto nodale è quello dell’inclusione delle macchine da costruzione nell’ambito di applicazione della direttiva e-privacy che, nella sua prima versione, equiparava i nostri macchinari a computer e telefoni, imponendo a noi fabbricanti gli stessi obblighi degli operatori telefonici. Il risultato per il nostro settore potrebbe essere disastroso, trasformando il processo di digitalizzazione in un fardello piuttosto che in una transizione verso l’era dell’ottimizzazione e della produttività. Questo probabilmente sarebbe difficile da comprendere per chi non lavora nel nostro settore; per questo ci stiamo battendo molto affinché il nostro punto di vista sia ascoltato e tenuto in considerazione. Per avere peso, bisogna investire nelle relazioni e nella comunicazione: fornire gli strumenti per farsi capire è la chiave per ottenere buoni risultati.