Associazionismo e competitività
Sulle pagine di InMotion si è recentemente parlato dei cambiamenti rivoluzionari che stanno avvenendo in ambito industriale: convergenza tra progettazione e produzione, innovazione tecnologica degli strumenti produttivi, automazione dei processi e della gestione dei dati…
Questi cambiamenti sono necessari; infatti innovazione tecnologica, di processo e culturale, elementi alla base del concetto di industria 4.0, sono le premesse per recuperare competitività e ridare linfa ai sistemi industriali dei paesi avanzati.
Il recente rinnovamento dei sistemi produttivi registrato dalle imprese italiane è la componente base della ritrovata competitività generale del nostro sistema manifatturiero, ed è purtroppo un dato di fatto che i tentennamenti recentemente mostrati dalla politica nei confronti degli incentivi legati all’industria 4.0, assieme alla scarsa attenzione generalmente prestata alle necessità dell’industria, hanno generato preoccupazioni e hanno rallentato ogni movimento.
È il momento, per le imprese manifatturiere, di uscire dal meccanismo e dalla logica dei puri incentivi per completare il processo di trasformazione culturale che sottostà al concetto di industria 4.0 e che ne costituisce la vera essenza. La sfida ora è rendere permanente la ritrovata competitività, messa in moto dalla temporanea facilità di accesso agli investimenti, per raggiungere una dimensione di maturità industriale che trasformi il concetto di competitività da mera riduzione dei costi a un insieme di comportamenti virtuosi. Comportamenti che partano dalla rivisitazione radicale dei processi aziendali e sfruttino a pieno le potenzialità fornite dall’integrazione tra sistemi di progettazione e produttivi, e tra la produzione e il controllo qualità, spingendo l’acceleratore sul cambio culturale necessario a trarre il massimo profitto da tali sistemi.
In altre parole: le aziende più sagge che hanno approfittato degli incentivi e potranno forse approfittarne ancora, ora hanno sistemi produttivi nuovi, veloci, automatizzati, integrati o integrabili, con la possibilità di gestire e condividere dati di progettazione e produzione.
Questo, però, non basterà. Se si vuole limitare il rischio non solo di una recessione che potrebbe presentarsi a breve, ma più in generale di recessioni ricorsive, a fronte di una politica miope poco attenta alle esigenze del sistema produttivo, diventa imperativo affrontare un cambio culturale che generi un approccio mentale: puntare al networking tra imprese che operano negli stessi settori combattendo così il nanismo che affligge le aziende italiane, smettere di vedere i fornitori di tecnologia come dei limoni da spremere ma iniziare a considerarli come dei potenziali “partner di filiera” in grado di ascoltare ciò che le aziende hanno da dire e da chiedere, spingendoli a collaborare per sviluppare soluzioni e usandone le competenze per sfruttare al massimo le potenzialità delle nuove tecnologie, lavorare con il mondo accademico per sviluppare future figure professionali, ad oggi inesistenti, in grado di far convergere esigenze progettuali produttive e di controllo qualità…
Questi sono soltanto alcuni degli orientamenti e dei comportamenti che l’associazionismo può aiutare a far maturare, avendo in mente la competitività globale delle aziende e, in ultima analisi, del sistema paese.
Sarà facile? Non lo crediamo. Anzi… questa è una trasformazione complessa e impegnativa. È, però, una trasformazione culturale che le aziende operanti sul nostro territorio, siano esse espressione di un’imprenditoria locale oppure multinazionali estere, si trovano a dover affrontare se vogliono continuare a vincere sul mercato globale.
Le associazioni in genere e la nostra associazione nello specifico, hanno anche questa finalità. Sta a tutti gli associati e ai partner di filiera contribuire affinché ciascuno di noi, e con noi l’intero paese, tragga giovamento da questo esercizio di sviluppo di “intelligenza collettiva”.
Ho il piacere di passare la parola a Cesare Cianci, Managing Director di Klingelnberg Italia.