Industry 4.0: abilitare le tecnologie tradizionali è la sfida di oggi
La diffusione del concetto di smart factory, in chiave Industry 4.0, è strettamente correlato a quello di una sempre maggiore digitalizzazione della fabbrica tradizionale. La smart factory 4.0 è rappresentabile con un’architettura di interazioni piatta dove, nel contesto di una struttura scomposta, gli oggetti comunicano tra loro e sono interconnessi direttamente ai sistemi ICT autonomamente grazie alla rete. Il passaggio dal vecchio al nuovo concetto di fabbrica comporta la scelta di cosa abbandonare e cosa mantenere, di cosa rimpiazzare e di cosa “abilitare” alla nuova prospettiva.
a cura del Gruppo Meccatronica di ANIE Automazione
La diffusione del concetto di smart factory, in chiave Industry 4.0, è strettamente correlato a quello di una sempre maggiore digitalizzazione della fabbrica tradizionale. Interrogarsi su quanto e come digitalizzare, su come implementare le nuove tecnologie in un’ottica business oriented, e non solo in un’ottica di riduzione di costi o di vantaggi fiscali dall’orizzonte limitato, è la sfida dell’attualità.
Per rispondere, occorre anzitutto conoscere e padroneggiare le cosiddette “tecnologie abilitanti”, ossia le innovazioni tecnologiche che, rapidamente più che consapevolmente, stanno modificando il layout delle nostre fabbriche, rivoluzionando la comunicazione tra macchine e tra macchine e operatori, fornendo un sempre maggior numero di dati che devono essere trasformati in informazioni utili.
Di tecnologie abilitanti si è parlato recentemente durante il Forum Meccatronica, quest’anno di scena alla Mole Vanvitelliana di Ancona il 26 settembre scorso.
Appuntamento che ha fatto luce anzitutto sullo scenario di industrializzazione 4.0 attualmente presente nelle nostre fabbriche, ma anche e soprattutto sulla necessità di una “nuova consapevolezza industriale” che, partendo dall’innovazione tecnologica “abilitante”, permetterà di approdare a nuovi modi di creare profitto e a nuove strategie industriali.
La fabbrica del futuro: automazione e flessibilità
Nel corso del forum è stato tracciato il profilo di una fabbrica del futuro (e, in certi casi, del presente) automatizzata e flessibile, in grado di veicolare un enorme flusso di informazioni, di raggiungere un livello di ottimizzazione energetica considerevole e di creare competenza e nuova professionalità (learning “taken for granted”) puntando, ad esempio, sulla formazione del personale on the job, pilastro fondante di questa nuova rivoluzione industriale.
La smart factory, insomma, non è più solo una linea di produzione, ma è un universo allargato che include fornitori e clienti, che – attraverso intelligenza, capacità di comunicare e networking dei nuovi sistemi – porta le esigenze degli uni e degli altri all’interno della fabbrica e ne fa una parte fondante del processo.
Da qui l’importanza di rendere le linee sempre più modulari, capaci cioè di adattarsi in maniera rapida ed efficace per rispondere alle esigenze sempre più “personali” del cliente. Come? Grazie alla tecnologia abilitante di piattaforme di controllo locali che, attraverso l’integrazione di moduli di controllo, permettono una gestione completamente autonoma dei moduli di una linea di produzione rendendoli sostituibili con un basso impatto di risorse e le linee riconfigurabili in tempi assai ristretti.
Abilitante è anche la tecnologia dei motori lineari, implementata nei moderni sistemi di intralogistica, che permette la realizzazione di sistemi di trasporto con movimenti personalizzabili per ogni carrello, per produrre più varianti dello stesso prodotto contemporaneamente.
Ma abilitante può essere anche un oggetto di uso quotidiano come un tablet, se diventa lo strumento con il quale un operatore riceve i parametri di stato direttamente dalla macchina solo attraverso una ricognizione nelle varie aree produttive grazie alla tecnologia WiFi. Il tablet riesce, dunque, semplicemente muovendosi nello spazio, a ricevere dalla macchina i dati che comunicano il livello di performance, i segnali di guasto, la necessità di manutenzione, la ricerca delle parti di ricambio, così come la visualizzazione di documentazione o animazioni di prodotto assistendo l’operatore nelle operazioni di manutenzione.
Tecnologie tradizionali che diventano abilitanti
Se, come detto, la digitalizzazione è dunque una necessità inalienabile, occorre chiedersi se e quanto è possibile digitalizzare le tecnologie tradizionali, se e quanto serva e come sia necessario agire in questo senso.
Il modello di fabbrica automatizzata tradizionale fa leva sul concetto di “piramide dell’automazione”, struttura gerarchica composta da livelli che non interagiscono se non minimamente e meccanicamente. La smart factory 4.0 è rappresentabile con un’architettura di interazioni piatta, dove nel contesto di una struttura scomposta gli oggetti comunicano tra loro e sono interconnessi direttamente ai sistemi ICT autonomamente grazie alla rete: ecco perché l’Ethernet è considerato il primo driver abilitante.
Il passaggio dal vecchio al nuovo concetto di fabbrica comporta la scelta di cosa abbandonare e cosa mantenere, di cosa rimpiazzare e di cosa “abilitare” alla nuova prospettiva.
Un esempio chiaro ed efficace è quello dell’aria. Ovunque l’automazione richieda estrema semplicità, basso impatto economico e compattezza, l’aria giocherà un ruolo fondamentale. Ecco la ragione per cui si è studiato il modo di mantenere tali peculiarità aggiungendo connettività, flessibilità e capacità di controllare e modificare il proprio comportamento in maniera autonoma.
La tecnologia piezoelettrica e la miniaturizzazione sono i fattori abilitanti. I vantaggi della tecnologia piezoelettrica applicata sono molteplici: alta precisione, controllo continuo, bassi consumi, basse emissioni termiche, impatto acustico nullo, elevato numero di cicli. Completano il quadro i sensori, che lavorano sul controllo dei parametri di funzionamento interni – corsa, velocità, accelerazioni, forza – e delle condizioni esterne – pressione e temperatura atmosferica, variabilità del carico e stato di salute del sistema (autodiagnosi).
Oggi è possibile inserire tutto ciò in un case di piccole dimensioni per azionare e controllare un movimento non dimenticando l’intelligenza necessaria per adattare il funzionamento del sistema in “real time” senza la necessità di un controllore esterno e di architetture complicate.
La controllabilità da remoto, la varietà di funzioni, l’autonomia di azione, assicurano la gestione della produzione e la diagnostica.
Insomma, un esempio per dire che la rivoluzione industriale in atto passa anche attraverso l’implementazione di tecnologie esistenti, in grado di evolversi e perciò non “sacrificabili”. Abilitare in questo senso fa rima con digitalizzare, rendere connesso e autonomo.