Macchine per costruzioni: l’esperto risponde…
Andamento del mercato, digitalizzazione, connettività, competenze… fino alle nuove forme di utilizzo, come il noleggio: ne abbiamo parlato con Mirco Risi, Presidente di UNACEA, l’associazione nazionale di categoria che raggruppa le aziende produttrici di macchine e attrezzature per le costruzioni.
di Silvia Crespi
Nonostante le incertezze legate agli investimenti, Il 2018 è stato un anno positivo per il comparto italiano delle macchine per costruzioni. Quali sono le aspettative per l’anno in corso?
La tendenza di mercato è effettivamente positiva e si mantiene tale da 5 anni consecutivi. L’Italia ha beneficiato di un periodo relativamente lungo di aspettative crescenti a livello europeo e mondiale, guidato da una ripresa economica globale che ha coinvolto anche il nostro settore. La domanda di macchine per le costruzioni continua a crescere dal 2017 e dovrebbe condurre al record di mercato di 1 milione di macchine vendute a livello mondiale nel 2020. Tuttavia, a ben guardare, in termini assoluti il nostro mercato ha beneficiato di questa tendenza espansiva meno di quanto non abbiano fatto gli altri paesi europei. Se un po’ ovunque in Europa, infatti, i livelli di mercato del settore sono tornati a quelli pre-crisi, in Italia nel 2018 siamo ai livelli del della prima metà degli anni novanta.
L’Italia era un paese in cui il settore dell’edilizia pesava per quasi il 30% sul PIL fino al 2008; nel 2017 tale apporto si era ridotto fino al 17%. Questa drammatica contrazione, inevitabilmente collegata alla frenata degli investimenti privati nel settore, è uno dei motivi che aiuta a comprendere la dinamica di crescita frenata del mercato delle macchine per costruzioni avuta in questi anni. Uno dei fattori da prendere invece in considerazione è il tasso di obsolescenza del parco macchine italiano e il suo relativo tasso di sostituzione. Dopo il calo della domanda iniziato con la crisi del 2008 infatti, il mercato italiano di settore è crollato, con una contrazione dell’80% in meno di un decennio e il tasso di obsolescenza del parco macchine nazionale ha raggiunto livelli critici. La seppur moderata ripresa ha quindi inevitabilmente condotto a un aumento del tasso di sostituzione delle macchine più obsolete, con innegabili effetti positivi di mercato.
Nel medio periodo però, l’effetto di sostituzione non sarà sufficiente a mantenere il mercato in crescita ed è per questo che ci auguriamo possa cominciare una nuova fase espansiva degli investimenti in edilizia, specie per il comparto delle infrastrutture. Il 2019 è un anno che gli osservatori stimano in rallentamento, il nostro mercato dovrebbe mantenersi in crescita, ma prevediamo ritmi più moderati, intorno al 5/10%.
Tanto dipenderà dalla capacità politica di uscire dalle situazioni di stagnazione, sia economica che decisionale, rilanciando il ruolo dell’edilizia, dello sviluppo delle infrastrutture per la mobilità e per le reti, così come per gli interventi di messa in sicurezza e prevenzione dei danni da calamità naturali.
Export e bilancia commerciale continuano a crescere… Quali sono i principali mercati di sbocco per le macchine italiane?
L’export è stata una delle valvole di compensazione che ha permesso alla produzione italiana di settore di mantenere importanti quote di mercato anche nei momenti di crisi del mercato interno. Le PMI italiane di macchine e attrezzature sono state capaci di rafforzare la loro presenza sui mercati internazionali, competendo con i grandi paesi manifatturieri come gli Usa e la Cina, forti delle caratteristiche di innovazione tecnologica e inimitabile design che caratterizzano la nostra produzione. I livelli di export del settore sfiorano il 75% della produzione per alcuni segmenti e si stimano in crescita anche per il prossimo biennio.
Quanto ai principali mercati di sbocco, sebbene il commercio intra UE rappresenti ancora la fetta più importante dell’export italiano di settore, sono gli USA il primo paese per esportazioni italiane di macchine e attrezzature per costruzioni. Seguono la Francia, la Germania e il Regno Unito. Guardando al resto del mondo, delude la dinamica delle esportazioni verso l’estremo oriente, che è tuttavia collegata alle difficoltà sperimentate nell’ultimo biennio dalla Repubblica popolare cinese, così come rispetto ai paesi dell’America Latina, dove le esportazioni sono calate del 25% in un anno.
Unacea crede che la promozione del made in Italy nel mondo sia una priorità nella difesa del settore e dalla nostra fondazione abbiamo realizzato decine di attività di internazionalizzazione nelle principali manifestazioni fieristiche del settore nel mondo.
Grazie alla collaborazione con ICE Agenzia siamo inoltre riusciti a far destinare delle risorse pubbliche a beneficio delle aziende italiane partecipanti, che hanno quindi beneficiato di tariffe più contenute. Quest’anno, insieme a ICE Agenzia, saremo presenti a Bauma, la fiera più grande del mondo e la più importante per il nostro settore, occasione per valorizzare la nostra industria nel mondo. Sempre a Bauma, Unacea ha lanciato una prima iniziativa di area collettiva italiana che permetterà a 6 aziende di partecipare per la prima volta alla fiera. Sempre nel 2019, saremo poi presenti con i nostri Padiglioni Italia delle macchine per costruzioni a Bauma-CTT Russia ed Excon India.
All’ultimo congresso CECE è emerso che l’adozione delle tecnologie digitali può migliorare la produttività, la sicurezza e la compatibilità ambientale delle macchine. A che punto sono i costruttori italiani nel percorso verso la digitalizzazione?
La digitalizzazione è un processo di sviluppo tecnologico riassunto in Industria 4.0 proprio per sottolineare il carattere rivoluzionario del cambiamento di paradigma produttivo in atto. Non si tratta di un cambiamento drastico e immediato, piuttosto un processo di trasformazione che coinvolge non solo il prodotto finito, ma anche la sua fabbricazione, la manutenzione post vendita, il suo impiego da solo o abbinato ad altri prodotti. Il livello di investimenti in materia di digitalizzazione del settore è sensibilmente aumentato nel corso degli ultimi anni e sempre maggiore importanza viene attribuita alla cosiddetta intelligenza delle macchine, alla connettività, alla capacità di dialogo con altre macchine presenti sul sito. Le possibilità di sviluppo e di nuove applicazioni sono di fatto infinite anche se rimangono alcuni dubbi e difficoltà legate sia alla disponibilità di risorse e competenze, sia soprattutto sulla scarsa preparazione delle reti del nostro paese, in cui una famiglia su tre non ha ancora un accesso domestico a internet e la velocità media di connessione è tra le più basse dell’Ue, davanti solo a Malta, Grecia e Cipro.
Per lavorare in un contesto digitale, servono operatori con determinate competenze. La carenza di figure professionali adeguate rappresenta un problema in Italia?
Purtroppo sì. E dico purtroppo perché è un peccato che un paese abbia contemporaneamente alti tassi di disoccupazione giovanile e difficoltà nella ricerca di determinate figure professionali. Questo è vero per il contesto digitale, ma è un problema che viene in realtà più da lontano. L’abbandono dei percorsi di formazione professionale è stata la principale causa della carenza strutturale di personale specializzato per le linee di produzione, almeno per il nostro settore. Riguardo invece gli operatori del digitale è una tendenza in grande sviluppo che dovrà però aspettare qualche anno per essere opportunamente valutata. Al momento, gli analisti ritengono che inevitabilmente si assisterà a un drastico cambiamento del mercato del lavoro da qui al prossimo decennio, spinto dalla poca disponibilità di personale qualificato nei settori della digitalizzazione. Sarebbe quindi auspicabile una maggiore collaborazione tra scuole, università e mondo delle aziende produttive. Serve una graduale conoscenza reciproca che consenta alle aziende di conoscere più da vicino gli operatori del domani e agli studenti di familiarizzare con le dinamiche aziendali aggiustando di conseguenza le scelte sulla loro formazione anche in base alle figure maggiormente ricercate dal mercato.
Il noleggio è una modalità di utilizzo che si sta diffondendo anche nel comparto delle costruzioni? In caso affermativo, che cosa spinge gli utenti in questa direzione?
Sempre più spesso il noleggio viene indicato come uno dei fattori cruciali di sviluppo del mercato, specie nei paesi dell’Europa occidentale. Certo è che la frammentazione della domanda in edilizia, la progressiva differenziazione delle macchine e soprattutto delle attrezzature finalizzate a specifiche operazioni, contribuiscono a incentivare il ricorso al noleggio delle macchine. Gli ingenti oneri legati alla proprietà di un vasto parco macchine e la continua innovazione tecnologica sperimentata in alcuni segmenti del settore come nel campo delle demolizioni, rendono conveniente il ricorso al noleggio che consente di operare sempre con macchine delle ultime generazioni, e quindi in presenza di garanzie di maggiore sicurezza e rispetto dell’ambiente. Sebbene l’Italia sia ancora lontana dai livelli di noleggio che si registrano nei paesi del Nord Europa, la tendenza è in crescita anche nel nostro paese e si attesta a oggi a circa il 20% del mercato. Va tuttavia osservato come tali percentuali siano diverse a seconda della tipologia di macchina presa in considerazione. Se il noleggio di macchine di piccole dimensioni rappresenta ancora una quota ristretta rispetto alla vendita, nel caso di macchine più grandi i tassi possono raggiungere anche picchi del 60%.