Quanto siamo digitalizzati? Potenzialità e limiti di un settore in cerca di futuro
Le imprese che operano nel settore della trasmissione del moto e nella potenza fluida sono davvero consapevoli delle opportunità della digitalizzazione, sia nella progettazione dei prodotti che nell’organizzazione dei processi produttivi? E, in tema di trasformazione digitale, quali sono i trend più diffusi nel comparto? Uno studio realizzato dal Politecnico di Milano, e coordinato dal professor Giambattista Gruosso, ha approfondito queste e molte altre questioni. Vediamo quali sono le principali indicazioni emerse dall’indagine.
di Fabrizio Dalle Nogare
Sta diventando una vera e propria tradizione l’atteso studio annuale che il professor Giambattista Gruosso del DEIB, il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, conduce insieme al suo team di lavoro. Un check-up assolutamente autorevole che prende in esame non soltanto la composizione quantitativa dei vari settori, ma anche, attraverso quesiti appositamente formulati, il livello di consapevolezza e le azioni eventualmente intraprese in tema di digitalizzazione, rivolta sia ai prodotti che ai processi.
Quest’anno, l’equipe guidata dal professor Gruosso ha concentrato l’attenzione sul settore della trasmissione del moto e la potenza fluida. Con la collaborazione di FEDERTEC, la neonata associazione che si propone di rappresentare proprio questo comparto.
Quali obiettivi vi siete proposti nel pensare allo studio? E quali sono, in sintesi, le principali tendenze emerse dall’analisi delle risposte?
Abbiamo, innanzitutto, cercato di mettere in evidenza non solo ciò che i due comparti hanno in comune, ma anche i punti di forza. Siamo partiti, come di consueto, dall’analisi dei bilanci per comprendere i numeri e le dimensioni d’impresa.
Sono emersi degli elementi molto interessanti. Il comparto della trasmissione meccanica del moto appare più rappresentativo del tessuto d’impresa tipico dell’Italia, mentre il mondo della potenza fluida è molto più variegato e tiene conto anche della presenza di multinazionali. Nel suo complesso, considero il settore molto stimolante perché ha in sé caratteristiche, aspirazioni e stimoli differenti. Sarà una bella sfida, per la nuova associazione, riuscire a rappresentare tutto il settore: già le tre categorie attuali – trasmissione meccanica, oleodinamica e pneumatica – sono differenti l’una dall’altra e hanno prospettive di crescita diverse.
Parlando di numeri e di crescita, quello che abbiamo analizzato è un settore complessivamente in ascesa, quantomeno a giudicare dall’evoluzione dei fatturati negli ultimi anni.
Un comparto complessivamente in crescita, dunque. Che peso ha l’innovazione in questo scenario?
Guardando un po’ più nel dettaglio le risposte ai questionari, abbiamo riscontrato una generale tendenza a considerare le nuove tecnologie nella progettazione dei prodotti, ovviamente con modalità diverse a seconda della specifica tipologia di prodotto. Molto spesso si tratta di scelte fatte dai reparti di R&S in prospettiva futura, non dettate, almeno al momento, da precise richieste da parte dei clienti.
In linea di massima, le aziende dichiarano di essere interessate alle opportunità della digitalizzazione per quanto riguarda l’organizzazione dei loro processi produttivi.
Nella presentazione dello studio, il settore è stato definito come “consapevole dei suoi limiti e delle sue potenzialità”. Come mai avete scelto questa definizione?
C’è una chiara consapevolezza dei punti di forza. I componenti per la trasmissione del moto e della potenza sono molto presenti all’interno del tessuto industriale italiano e rappresentano un elemento chiave della catena del valore. Nello stesso tempo, le aziende interpellate sanno di avere un limite: il mercato è maturo e occorre guardare verso mercati nuovi, nuove opportunità, anche perché l’andamento delle aziende del settore dipende inevitabilmente dall’andamento dei mercati di sbocco.
Sebbene non sia facile rivolgersi a nuovi mercati, ci sono delle opportunità da cogliere. Penso all’evoluzione dell’agricoltura, quindi ai sistemi automatizzati di raccolta della frutta, per esempio. Tendenzialmente, insomma, possono aprirsi delle porte, a patto che le aziende – e dall’indagine questo emerge – siano poi effettivamente consapevoli di dover pensare a temi come re-skilling, up-skilling e formazione delle risorse interne, oggi assolutamente necessari per far fronte ai cambiamenti che stanno attraversando lo scenario produttivo. Se non si introducono nuovi modi di pensare all’interno delle aziende è molto difficile aggredire nuovi mercati.
Oltre a quello, citato, dell’agricoltura, quali mercati appaiono interessanti per le imprese che si occupano di trasmissione del moto e della potenza?
Il comparto dell’energia, per esempio. Oppure, specialmente per quanto riguarda la pneumatica, l’evoluzione del life science, un ambito sicuramente promettente e potenzialmente ricco. Il tema è riuscire a entrare nella filiera come fornitori con prodotti interessanti.
Sempre in campo sanitario, altre opportunità arrivano dalla robotica a livello ortopedico e medico, con la necessità di offrire sistemi di trasmissione del moto e di potenza fluida altamente specializzati, anche se al momento si tratta di una nicchia.
La nascita di FEDERTEC mostra come la questione della rappresentatività sia oggi in evoluzione. Come vede il nuovo soggetto? E quali dovrebbero essere, secondo lei, i suoi principali obiettivi?
Penso che le associazioni siano sempre più importanti, oggi, perché le aziende hanno bisogno di fare massa critica. La creazione di un soggetto come FEDERTEC, anche se chiamato a rappresentare un mondo eterogeneo, è certamente una notizia positiva. La vera questione, infatti, non riguarda tanto il fatto di rappresentare aziende di tipologia diversa, quanto la necessità di avere uno scopo, un obiettivo chiaro. E di creare un’azione comune. Faccio un esempio: le associazioni, con l’aiuto delle aziende associate, naturalmente, sono il contesto ideale per promuovere la diffusione di best practices che possano trainare la crescita del settore. Già in passato è successo che la condivisione di soluzioni di successo abbia innescato uno stimolo all’innovazione in tanti settori.
Come accaduto in altri anni, lo studio consente anche di misurare il grado di consapevolezza delle aziende riguardo la trasformazione digitale. In questo caso, che tipo di risultati sono emersi?
I risultati risentono sicuramente dell’eco mediatica sul tema. Le aziende, d’altro canto, si stanno impegnando nella formazione dei loro dipendenti. In generale, più aumenta il grado di consapevolezza su certe tecnologie e più le aziende si chiedono a cosa possano servire. Questo indica che le aziende spesso hanno difficoltà a calare nel loro contesto i potenziali benefici della digitalizzazione, ma anche che le informazioni non sempre vengono recepite in maniera corretta.
Additive manufacturing, sensorizzazione dei prodotti, elettrificazione e IIoT sono tra le tendenze percepite come più diffuse tra le aziende intervistate. Pensa che siano effettivamente gli aspetti più rilevanti per le caratteristiche dei componenti a cui si rifà il settore oppure si tratta semplicemente di quelli più facilmente implementabili?
C’è un aspetto legato al “sentito dire”, è vero, che può influenzare le risposte date. Occorre però considerare che chi realizza, per esempio, pezzi meccanici guarda necessariamente a determinate tematiche, come la manifattura additiva o la tracciabilità dei componenti, più che al software.
Sensorizzazione o IIoT sono questioni che toccano da vicino anche chi opera nella pneumatica o nell’oleodinamica, da tempo in evoluzione.