Supportare le aziende nella Transizione 5.0
Digitalizzazione, AI, formazione, Decreto Transizione 5.0… InMotion ha intervistato Marco Taisch, presidente di MADE – Competence Center Industria 4.0 e professore al Politecnico di Milano. L’obiettivo? Fare il punto della situazione e capire come Centri di Competenza come il MADE possono venire in aiuto alle aziende nel loro percorso verso la Digital Factory.
di Silvia Crespi
Supportare le aziende nella Transizione 5.0. Vediamo quali sono le possibili vie con l’aiuto di Marco Taisch, presidente di MADE-Competence Center Industria 4.0.
InMotion: Di quali strumenti /aiuti necessitano maggiormente le imprese nel loro percorso verso la digitalizzazione?
Marco Taisch: Sono almeno dieci anni che si parla di Industria 4.0. In questo lasso di tempo diverse tecnologie sono giunte a maturazione, sono disponibili sul mercato e ne conosciamo ormai vantaggi e svantaggi. Parlo di IoT, Cloud, Big Data e, in tempi più recenti, anche di AI, sia di tipo tradizionale che di tipo generativo. In particolare, ritengo che oggi, dal punto di vista tecnologico, la AI sia assolutamente matura come tecnologia e abbia quindi le carte in regola per poter essere utilizzata in modo proficuo nel mondo delle imprese.
Come si possono sfruttare le potenzialità della AI nelle imprese manifatturiere?
Il problema riguarda proprio le imprese, nella maggior parte non ancora mature per sfruttare i vantaggi della AI. Il know-how non è ancora sufficientemente condiviso, diffuso. In modo molto colloquiale possiamo dire che imprese stanno attualmente ‘prendendo le misure’ con questa tecnologia per arrivare a capire qual è il reale potenziale. Ho appositamente citato la parola ‘imprese’ perché, in realtà, nel mondo scientifico conosciamo benissimo il potenziale della AI; per chi si occupa di questi temi, non è sicuramente una novità, visto che esiste da almeno venti, se non trent’anni. Mi riferisco naturalmente alla AI di tipo ‘tradizionale’, utilizzata a scopo predittivo.
Perché allora si è aspettato tanto?
Perché, mancando i dati sui quali ‘addestrare’ gli algoritmi di intelligenza artificiale, potenzialmente era una tecnologia utilizzabile ma, di fatto, non lo era. In qualche modo, l’Internet of Things (Internet delle cose), ha reso i dati una ‘commodity’, facile da raccogliere e da misurare… I sensori sono economici, raccogliere e memorizzare i dati costa poco. Nelle fabbriche, la quantità di dati a disposizione è molto elevata, e questi dati possono quindi possono essere utilizzati per addestrare gli algoritmi dell’intelligenza artificiale.
Può fare degli esempi pratici di utilizzo da parte delle aziende?
Per fare un esempio, un aiuto che la AI può offrire riguarda la previsione degli ordinativi a partire dai volumi di mercato. Parlo quindi di un utilizzo legato al marketing, alle vendite.
Ma veniamo ora alla fabbrica. Qui, la previsione degli ordini di produzione, la previsione delle date di consegna, ovvero il cosiddetto ‘Available-to-promise’ o ATP, è qualcosa che la AI può sicuramente contribuire a ‘fare meglio” e più facilmente rispetto agli strumenti tradizionali.
In terzo luogo, la manutenzione. Fare manutenzione predittiva significa, sostanzialmente, prevedere i modi, le probabilità e gli accadimenti di un guasto, il momento in cui potrebbe verificarsi con una probabilità maggiore. Anche in questo caso si tratta di fare una predizione. Nonostante si parli molto di manutenzione predittiva, qui potrebbe sorgere un problema, che varia da settore a settore. Vi sono tecnologie produttive che generano quantità di dati sufficientemente grandi da consentire l’addestramento degli algoritmi (le linee di assemblaggio, per esempio…). In questo caso una mola importante di dati, quindi una base statistica significativa, consente di fare previsioni su uno ‘storico’ ricco. Viceversa ve ne sono altre dove fare manutenzione predittiva non ha senso: nel caso di macchine che producono pochi pezzi estremamente complessi, per esempio…
In estrema sintesi, l’intelligenza artificiale di tipo predittivo, alla fine, non è nient’altro che un grande, bellissimo strumento statistico.
La formazione di nuove risorse interne per spingere il percorso di un’azienda verso la fabbrica digitale è fondamentale. Cambiando il mondo, ovviamente i processi non possono essere più gli stessi. Qual è il contributo che possono offrire centri di competenza come il MADE?
Quello che stiamo facendo attualmente è mettere a punto dimostrazioni in diverse aree funzionali: ordinativi, manutenzione, analisi dei consumi energetici e così via. La seconda attività riguarda proprio la formazione; infine supportiamo le aziende nell’implementazione di best practice.
Il Ministero, attraverso i Competence Center, ha messo a disposizione finanziamenti proprio per cofinanziare progetti di questo tipo. Quindi le aziende che si rivolgono a noi, non solo trovano le competenze tecniche, ma anche un cofinanziamento che può raggiungere il 50, 60 o addirittura il 70 per cento, a seconda della dimensione aziendale, piccola, media o grande. Vengono così spronate nell’implementazione delle nuove tecnologie.
Col decreto Transizione 5.0, transizione digitale e transizione green vengono legate in modo netto: qual è il ruolo della digitalizzazione nella riduzione dei consumi energetici?
La digitalizzazione consente di raccogliere i dati relativi ai consumi energetici in modo molto capillare e di analizzarli. È quindi possibile correlare il consumo energetico di una macchina o di un impianto rispetto ai volumi produttivi o alla tipologia di prodotto. Esistono algoritmi che, in tempo reale, consentono di analizzare i consumi e di correggere l’utilizzo delle macchine, per far sì che quelle stesse macchine siano controllate in tempo reale e siano condotte in una maniera più efficiente dal punto di vista del consumo energetico.
Digitalizzazione significa dati, algoritmi, controllo, modalità di controllare la conduzione di un impianto e quindi di una fabbrica.
Alcuni ritengono erroneamente che per diventare ‘digitalizzati’ sia sufficiente acquistare un software. Ma il vero valore aggiunto non risiede nel software, bensì nelle ‘regole’ inserite nel software stesso. Sono queste che consentono di condurre un impianto in maniera più o meno efficiente. In altre parole il software dev’essere ‘addestrato’ con i dati corretti. Lo stesso software, usato da due aziende diverse, genera prestazioni diverse.
Il MADE si chiama Centro di Competenze e non, per esempio, Software House, proprio perché le competenze oggi sono esattamente la chiave di volta.
Concludo dicendo che il Decreto Transizione 5.0 non comporta solo un significativo investimento in termini di benefici fiscali, ma con esso si ritorna a parlare di transizione digitale riproponendo la digitalizzazione al centro delle nostre riflessioni.