Lo “stato di salute” del parco macchine in Italia
Un parco macchine utensili e sistemi di produzione installato più vecchio di quello di cinque anni fa. Di contro, cresce il grado di automazione e integrazione degli impianti, segno che le misure di incentivo alla competitività in materia 4.0 hanno avuto i primi effetti. Questo è quanto è emerso dalla sesta edizione dell’indagine “Il Parco macchine utensili e sistemi di produzione dell’industria italiana” presentata a fine giugno da UCIMU – Sistemi per Produrre.
A fine giugno, sulla piattaforma zoom, sono stati ufficialmente presentati i risultati della sesta indagine sul parco macchine utensili installato nelle fabbriche metalmeccaniche italiane. L’indagine, generalmente effettuata con cadenza decennale, arriva a soli 5 anni dalla precedente con l’obiettivo di misurare gli effetti prodotti dagli strumenti di politica industriale per la transizione 4.0 attuati dalle autorità di governo. La ricerca “Il parco macchine utensili e sistemi di produzione dell’industria italiana” è stata ideata da UCIMU – Sistemi per Produrre in collaborazione con FONDAZIONE UCIMU e realizzata con il contributo di Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, di ICE Agenzia e Unioncamere. All’evento virtuale di presentazione dello studio hanno preso parte Barbara Colombo, presidente UCIMU – Sistemi per Produrre, Marco Verna, Responsabile Settore Meccanica Industriale ICE-Agenzia, Stefania Pigozzi, responsabile Centro Studi UCIMU, Marco Fortis, economista. A moderare i lavori Dario Di Vico, editorialista del Corriere della Sera.
Aumentata l’età media del parco macchine giunta a 14 anni e 5 mesi
Secondo quanto è emerso dall’indagine, il parco macchine utensili e sistemi di produzione installato nell’industria italiana risulta più vecchio di quello di cinque anni fa. In particolare, nel 2019, l’età media dei macchinari di produzione presenti nelle imprese metalmeccaniche del Paese è risultata la più alta mai registrata. Non si tratta però di un dato negativo perché, per contro, cresce il grado di automazione e integrazione degli impianti, segno che le misure di incentivo alla competitività in materia 4.0 hanno avuto i primi effetti. Dai dati emersi dall’indagine l’incremento dell’età media del parco a 14 anni e 5 mesi, pari a 1 anno e 9 mesi in più rispetto alla rilevazione precedente, è determinato dalla ancora ampia presenza all’interno degli stabilimenti, di macchine vetuste, risultate pari a circa la metà del parco installato. D’altro canto, il livello tecnologico del parco macchine è decisamente cresciuto grazie ai nuovi investimenti effettuati nell’ultimo periodo, investimenti che riguardano tecnologie dotate di più alti livelli di automazione e integrazione, certamente stimolati dalle misure di incentivo 4.0.
Ma entriamo nel merito dell’indagine esaminando il tipo di campione preso in esame. Lo studio è stato condotto monitorando oltre 2.000 imprese (con più di 20 addetti), offrendo così una fotografia di numerosità, età media, grado di automazione/integrazione, composizione e distribuzione (per settore, dimensione di impresa, aree territoriali) del parco macchine utensili e sistemi di produzione dell’industria del Paese al 31 dicembre 2019. Le unità produttive censite sono pari al 15% dell’universo delle imprese del settore; esse danno occupazione al 17% degli addetti impiegati. Per meglio contestualizzare i dati emersi dall’indagine è bene considerare alcuni numeri di scenario. Secondo i dati dell’ultimo censimento effettuato da ISTAT nel 2017, l’industria metalmeccanica del Paese ha subito un ulteriore ridimensionamento rispetto a quanto già rilevato nel censimento precedente (2011). È diminuito il numero delle fabbriche risultate, nel 2017, 15.241, (-3,7%) ed è calato anche il numero degli addetti impiegati, scesi sotto 1.150.000 unità (-3,1%).
L’indagine in cifre
Sono 371.664 le macchine utensili installate nelle imprese censite dall’indagine, in crescita del 21,6% rispetto al 2014 (anno della precedente rilevazione) quando erano oltre 305.520 le macchine presenti. Il dato sottende diverse considerazioni. La prima è che la crescita risulta notevole nonostante il settore metalmeccanico registri da tempo un progressivo ridimensionamento nel numero di fabbriche. La seconda considerazione consiste nel fatto che le fabbriche del settore sono tornate ad investire in nuove macchine invertendo il trend che aveva caratterizzato il periodo della precedente rilevazione, profondamente segnato dalla crisi. Infine, l’acquisizione di nuove macchine non è coincisa con una massiccia dismissione dei vecchi sistemi, motivo per cui vi è stato un ampliamento del parco macchine e solo una parziale sostituzione di sistemi produttivi già installati. Come abbiamo anticipato, l’età media del parco macchine installato nelle fabbriche del Paese è pari a 14 anni e 5 mesi, in crescita di 1 anno e 9 mesi rispetto alla precedente rilevazione quando il dato era risultato già decisamente poco brillante. Si tratta dell’età più alta mai registrata dal 1975. Questo dato dimostra che l’industria italiana non riesce ad abbassare l’età media del suo parco macchine e ciò desta evidente preoccupazione. Tale fenomeno si spiega con il fatto che è ancora ampia la platea di imprese che non ha fatto investimenti nonostante gli incentivi 4.0. Per queste aziende si può ipotizzare che, costrette a mantenere in servizio macchine vetuste, anche per lavorazioni strategiche, si sia investito in interventi di retrofitting. Altra considerazione è che le imprese intendono mantenere in funzione, per certi tipi di lavorazioni (marginali e non strategiche) macchinari datati che svolgono comunque la loro attività. Infine, ma da non sottovalutare, è che la sostituzione dei macchinari risulta un fenomeno ancora piuttosto circoscritto a determinate categorie di aziende.
Le macchine tradizionali sono quelle dall’età più avanzata
Rispetto alle due rilevazioni precedenti (2005 e 2014), cresce nettamente la quota di macchine utensili con un’età superiore ai 20 anni, risultata pari al 48% del totale installato, contro il 27% della rilevazione del 2014. Cresce però anche la quota di macchine recenti (con età inferiore ai 5 anni) risultate il 16,1% del totale, contro il 13,1% della rilevazione precedente. Questa quota è riconducibile a investimenti in macchine digitalizzate e interconnesse e documenta quindi l’avvio della transizione 4.0, sostenuto certamente dagli incentivi resi disponibili dalle autorità di governo. Altro aspetto degno di nota dell’indagine è che sono le macchine tradizionali (asportazione e deformazione) ad avere l’età più avanzata, pari a 14 anni e 9 mesi e a 14 anni e 7 mesi, dunque superiore alla media del parco. Relativamente più giovani sono i robot e le macchine lavoranti con tecnologie non convenzionali (laser, plasma, waterjet, additive manufacturing) che presentano un’età media pari a 12 anni e 5 mesi. Proprio in virtù di queste nuove tecnologie, negli ultimi venti anni si è assistito ad una progressiva trasformazione del parco macchine installato nelle imprese italiane determinato dalla riduzione degli acquisti di nuove macchine con tecnologie tradizionali in favore di quelle con tecnologie di ultima generazione. In particolare, nel 1999, l’83% delle macchine utensili presenti nelle fabbriche era rappresentato da macchine utensili ad asportazione e deformazione. Nel 2019, questa quota scende al 73%, in favore di quella delle tecnologie innovative (in particolare robot e tecnologie non convenzionali) che rappresentano il restante 27%. Osservando, per ciascuna tipologia di macchina il dettaglio delle nuove installazioni, relativo all’ultimo quinquennio (2015-2019), è emerso che le macchine utensili tradizionali (sia ad asportazione che a deformazione) con età non superiore a 5 anni rappresentano appena il 15% del totale delle macchine tradizionali installate nelle fabbriche, le macchine utensili a tecnologie non convenzionali di recente installazione rappresentano oltre il 20% del totale installato, mentre i robot con età non superiore a 5 anni rappresentano circa il 30% del totale presente nelle fabbriche.
Cresciuto il grado di automazione/integrazione degli impianti produttivi
Per quanto riguarda il livello tecnologico del parco macchine rilevato, in prima istanza, dall’incidenza di macchine a controllo numerico sul totale del parco installato, risulta decisamente soddisfacente perché riguarda il 54% delle tecnologie presenti nelle fabbriche. Nel 2014, anno della precedente rilevazione, la quota di macchine a controllo numerico era risultata pari a solo il 32% del totale. Pur immaginando vi sia stato un incremento tra questa e la precedente rilevazione (come dimostrano i dati complessivi della ricerca), occorre considerare che probabilmente la quota di tecnologie con controllo numerico sia stata allora sottostimata, a causa della difficoltà di tracciamento della presenza di CNC in particolare sulle macchine a deformazione che, in occasione di questa edizione dello studio, è stato invece possibile effettuare in modo più puntuale. Dall’indagine risulta inoltre cresciuto il grado di automazione/integrazione degli impianti produttivi. L’incremento riguarda tutti e tre i livelli di automazione/integrazione ma è più deciso per i sistemi di integrazione informatica, evidente effetto delle politiche 4.0 attuate dalle autorità di governo. Rispetto alla classe dimensionale delle imprese, al di là della fotografia della distribuzione del parco, interessante è lo studio dell’evoluzione della stessa nel corso dell’ultimo periodo. In particolare è emerso come, sebbene le piccole unità produttive restino al primo posto per numero di macchine installate, la quota detenuta si riduce notevolmente fermandosi al 39%, rispetto al 45% della rilevazione 2014 (quando già era risultata in forte calo rispetto al 53% della rilevazione 2005). In calo, anche se più contenuto, la quota detenuta dalle imprese con 50-99 addetti, scesa al 21% contro il 22% della rilevazione 2014. Cresce invece la quota presente nelle imprese con 100-199 addetti che sale al 14,5%, dal 13% del 2014. Meglio di tutti sono le imprese di grandi dimensioni, che vedono crescere la quota di oltre il 5% a più del 25%, contro il 20% rilevato nel 2014.
Il divario tra grandi aziende e medio piccole realtà industriali
L’analisi condotta suggerisce due considerazioni: la prima – evidente – che le grandi imprese hanno più di un quarto del totale del parco macchine installato e sono le realtà che attualmente investono di più in nuovi sistemi di produzione; la seconda più “sottile” è che vi è una ideale spaccatura tra le aziende con meno di 100 addetti e quelle più grandi. Il fenomeno di redistribuzione delle quote di parco macchine rispetto alle classi dimensionali documentato da questa indagine mostra, infatti, (come, d’altra parte, fanno anche altri indicatori non legati a questa ricerca) che le aziende con più di 100 addetti performano meglio di quelle di dimensione inferiore. Dall’analisi dei dati ripartiti per settore emerge invece che la distribuzione del parco macchine rispetto agli utilizzatori risulta molto più frammentata che in passato. I costruttori di macchine e materiale meccanico sono i principali utilizzatori di macchine utensili con il 35% del totale del parco. Seguono i costruttori di prodotti in metallo che assorbono il 26% del totale. Nella precedente rilevazione questo settore occupava di gran lunga il primo posto con il 49% del totale del parco. Terzo per utilizzo di macchine utensili è il settore dei mezzi di trasporto, pari al 21%. Cresce poi il peso dei settori “a minor utilizzo di macchine utensili”: materiale elettrico ed elettronico (8%); produzione e prima trasformazione dei metalli (6,5%); strumenti di precisione ed elettromedicale (3%).
Da un punto di vista della distribuzione geografica del parco macchine, dall’indagine emerge che la Lombardia è, ancora una volta, la regione con il maggior numero di macchine installate (28%); segue il Triveneto (18,4%), l’Emilia-Romagna (15%), Sud e Isole (13,4%), Piemonte (13%); Centro (12%).
Gli strumenti per vincere la sfida della competitività nello scenario internazionale
Gli esiti dell’indagine hanno fornito numerosi spunti di riflessione, come quelli emersi durante l’intervento di Barbara Colombo, presidente UCIMU – Sistemi per Produrre: “Da questa indagine è emersa la tendenza all’allargamento della forbice tra imprese che investono e crescono in competitività e imprese che restano ferme. I provvedimenti per sostenere l’ammodernamento del parco macchine e per incentivare la transizione 4.0 del manifatturiero del Paese hanno prodotto effetti interessanti ma non ancora sufficienti ad assicurare la trasformazione digitale del metalmeccanico. Per questa ragione occorre che le misure attualmente operative, quali il credito di imposta per gli acquisti in nuove macchine tradizionali e con tecnologia 4.0, proseguano oltre il 2022. Anche in considerazione del crescente gap tra imprese innovative, per lo più realtà con almeno 100 addetti, e imprese ferme alle tecnologie di vecchia concezione, tipicamente di dimensione ridotta chiediamo alle autorità di governo di rendere queste misure strutturali, così da permettere alle aziende di fare piani di investimento di medio lungo-termine, attraverso i quali cadenzare i programmi di acquisto. Parallelamente chiediamo anche sia allungata l’operatività della misura del credito di imposta per la formazione così da assicurare alle imprese un corretto supporto per l’aggiornamento del personale.
Solo in questo modo gli investimenti in tecnologie di nuova generazione potranno realmente assicurare all’impresa miglioramento della produttività e l’efficienza necessaria a vincere la sfida della competitività nello scenario internazionale”.